Ca’ Foscari Short Film Festival

Il mondo di Marco Bellocchio

Rivoluzione Bellocchio, a cura di Anton Giulio Mancino

L’universo creativo di Marco Bellocchio, tra cinema, televisione e teatro, finzione e documentario, analogico e digitale, ha rivoluzionato sin dalla metà degli anni Sessanta non soltanto la storia del cinema italiano ma l’intero contesto culturale e politico internazionale. Da I pugni in tasca a Rapito si assiste a una continua riscrittura dei codici espressivi dentro il rapporto stretto, rivoluzionario e trasgressivo con la Storia. «L’immaginazione è reale», sostiene uno dei personaggi di Buongiorno, notte, dichiarando così l’essenza rivelatrice dell’ispirazione bellocchiana. 
L’idea di cinema di Bellocchio, che nel 2011 ha ottenuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia e nel 2021 la Palma d’oro onoraria al Festival di Cannes, è una macchina creativa in continuo divenire che possiede la capacità di “immaginare” il mondo circostante con un moto perpetuo e ascendente. Attraverso una serie di “immagini interiori” arriva diversamente e senza scrupoli al cuore della verità, interrogando la psiche individuale e collettiva o affrontando di petto i segreti più inconfessabili di un’Italia che proietta le proprie ombre di lunga durata sul mondo intero, come accade al buio in una sala cinematografica. 
Bellocchio è dunque un cineasta sempre antagonista, armato di “lucida folla” ed ironia per criticare e auto-criticare di volta in volta lo spazio privato e quello pubblico, prendendo di mira istituzioni come la Famiglia, il Matrimonio e la Coppia, la Chiesa e l’Esercito, la Psichiatria e i Manicomi, la Politica e lo Stato. Ogni suo film, serie o documentario è perciò una singolare “opera prima”, imprevedibile e sorprendente, che rimette in discussione il linguaggio audiovisivo acquisito e rivede le certezze condivise per elaborare a tempo indeterminato nuove e provocatorie domande che restano aperte e inchiodano l’esistente, passato e presente, anziché restituire facili e blande risposte.


REVIEWS

La carriera di Marco Bellocchio è stata vasta, fertile e sempre capace di sorprenderci. (...) Il suo stile è irrequieto e impaziente, ricco di ritmi altalenanti e di personaggi che si avvolgono nelle loro riflessioni e poi, senza preavviso, esplodono o si lanciano attraverso l’inquadratura.
Anthony Lane in The New Yorker

La carriera di Bellocchio, ad oggi, può essere vista in parte come una cronaca della disillusione, in cui l'ardore rivoluzionario cede il posto all'ironia, al compromesso e alla sconfitta. I suoi numerosi film su figure e istituzioni pubbliche italiane — Mussolini; le violente Brigate Rosse di estrema sinistra; la Chiesa cattolica romana; e la Mafia — sono anche storie familiari, attente alle sottili sfumature di potere ed emozione.
A.O. Scott in The New York Times

Bellocchio è da sempre in cerca di un segnale che certifichi la presenza di Dio nel mondo. Le questioni teologiche non gli interessano, semplicemente chiede una manifestazione. Il suo non è un cinema di attesa, di silenzi, di domande rivolte al vuoto (un cinema, diciamo, bergmaniano), ma è al contrario pieno di provocazioni e invocazioni, di boccacce, schiaffi e sberleffi. 
Roberto Manassero in Cineforum

Ciò che rende imperdibili i film di Bellocchio è quel costante senso di imprevedibilità che permea l’intera struttura drammaturgica: da un momento all’altro può succedere qualsiasi cosa, da un abbraccio inteso come tentato omicidio a incubi di indicibile brutalità fino a un Cristo che noncurante scende dalla croce per andare chissà dove. Ennesima conferma di un autore inesauribile.
What makes Bellocchio’s films unmissable is the constant sense of unpredictability that permeates the entire dramaturgical structure: at any moment, anything can happen, from an embrace interpreted as attempted murder to nightmares of unspeakable brutality, to a Christ who nonchalantly comes down from the cross to go who knows where. Yet another confirmation of an inexhaustible author.
Giuseppe Mattia in Drammaturgia 

Il cinema di Marco Bellocchio modifica il rapporto con le memorie, pubbliche o private, perché attraverso l’arte interseca i gesti dell’operare mnemonico a scelte linguistiche in grado di selezionare le immagini e di farle rivivere non solo custodendole ma anche trasformandole. 
Marco Bellocchio's cinema modifies the relationship with memories, whether public or private, because through art it intersects the gestures of mnemonic operation with linguistic choices capable of selecting images and reviving them, not only by preserving them but also by transforming them.
Marina Pellanda, Declinazioni autobiografiche nel cinema di Marco Bellocchio, in "Bianco e nero" 2-3/2015, p. 46

«Seguire il cinema di Marco Bellocchio ti porta, in ogni suo nuovo film, sempre verso altre destinazioni da quelle che ci sembrava di aver raggiunto e scoperto. Camminatore instancabile, traghettatore di idee, esploratore del confine instabile tra sé stesso, il cinema e la storia, ha utilizzato come mappa, per orientarsi, il mondo che comincia oltre i confini della realtà visibile (e nell'inconscio). E ha così trovato i modi di espressione più vitali e "gusti" per raccontare l'urgenza di saperi, individuali e collettivi, indeboliti, o svaniti».
Marco Müller in occasione del conferimento del Leone d’oro alla carriera nel 2011, fonte: Il Sole 24 Ore