Primi piani

Marco Fazzini
Letteratura inglese

Ci parli di lei: da dove proviene, cosa insegna a Ca’ Foscari, quali sono i suoi interessi e i suoi ambiti di Ricerca. 
Marco Fazzini, classe 1962, nato nelle Marche. Insegno Letteratura Inglese e Postcoloniale. Al Liceo ero il più bravo in matematica, ma contrariamente ai consigli dei professori, scelsi di non fare ingegneria, o informatica, ma di iscrivermi a Lingue e Letterature Straniere a Venezia. Determinante fu forse il fatto che il mio professore d’inglese, all’ultimo anno, mentre stava preparando un dizionario Inglese-Italiano per la Mondadori, mi avesse chiesto di dargli una mano con alcune schede. Avevo già tradotto qualcosa al tempo – ricordo una mia versione ormai “antica” di Kubla Khan – ma erano i testi di alcuni cantautori internazionali che m’iniziarono all’inglese: Leonard Cohen, Bob Dylan, Eric Andersen, Neil Young. Ora, dopo tanti anni, continuo a interessarmi a cose che già allora mi appassionavano: tradurre, giocare con la musica delle canzoni e della poesia. 

Quali sono i suoi modelli / punti di riferimento professionali? 
Provengono essenzialmente dal mio percorso accademico, almeno all’inizio: ho conseguito una prima laurea a Venezia, laureandomi con una tesi in poesia col Prof. Pajalich che, oltre che occuparsi di Letterature Postcoloniali, era un amante di poesia contemporanea. Quindi un Master of Arts presso la University of Kwa-Zulu Natal, di Durban (Sudafrica), quando il principale scopo del mio soggiorno a Durban era quello di tradurre poesia, e conoscere il grande poeta Douglas Livingstone. Cosa che accadde, come anche l’amicizia con altri sudafricani, tra cui Stephen Gray, Patrick Cullinan, Chris Mann, John Coetzee, Stephen Watson, ecc. Infine, grazie al Dottorato di Ricerca (conseguito ancora a Venezia) cominciai a interessarmi “seriamente” alla Scozia, dopo aver frequentato la Summer School dell’Università di Edimburgo, diretta al tempo David Daiches. 

Ha sempre pensato che questa fosse la sua strada?
Non si ha certezza alcuna negli accadimenti della vita, mai. Vero è che, dopo un anno di lavoro in un’azienda, mi resi conto che non avrei mai più fatto l’impiegato… Avevo già scritto il mio primo libro, e stavo aspettando di partire per il Sudafrica quindi… lo considerai solo un punto di passaggio. Molte volte, le idee si chiariscono o prendono forma quando qualcuno scommette su di te, o t’incoraggia. Ho avuto la fortuna d’avere dei maestri (o degli amici?) che hanno sempre saputo consigliarmi, e condividere. La condivisione oggi è rara, soprattutto in certi ambienti. Soyinka ci fece lezione al nostro ultimo anno a Venezia con un’umiltà invidiabile, un anno prima del Nobel; Douglas Livingstone, dal Sudafrica, divenne non solo un amico ma un mio vero e proprio “fan”; Douglas Dunn, il noto poeta scozzese, mi volle a St Andrews per un anno, nel suo Dipartimento. E poi ancora: ho scambiato carteggi con Seamus Heaney, Charles Tomlinson, Edwin Morgan, e Sorley Maclean per più di due decenni. Devo a loro le mie prime ricerche, e i miei primi libri. 

Le soddisfazioni professionali più grandi?
In genere, le soddisfazioni le associo non tanto a premi o promozioni, ma a persone con le quali sono potuto entrare in contatto, inclusi i miei studenti. Anche loro t’insegnano qualcosa, giornalmente, e calarsi “giustamente” e “onestamente” nel ruolo di docente significa intraprendere un lungo tragitto verso la chiarezza di ciò che fai e di come lo proponi. Sentirsi parte d’un gruppo mi ha sempre appassionato, qualunque cosa “gruppo” significhi (in ambiti letterari, una classe, un PRIN), anche se oggigiorno il mondo procede a gran passi verso l’individualismo e il narcisismo. Ricevo, con una certa frequenza, email o lettere di miei ex-studenti che mi ricordano di come un mio corso, o un poeta, abbia cambiato la loro vita. Entrare nell’ambito e nella riservatezza dell’emotività delle persone è un regalo raro che puoi fare, ma anche ricevere dalle persone. 

Cosa dice ai giovani che cominciano il loro percorso universitario? 
Vedo molto entusiasmo nei giovani, oggigiorno, ma anche tante “distrazioni” di cui sono vittima, distrazioni anche pericolose, molto più pericolose di quelle che potevano esserci negli anni Settanta o Ottanta quando sono stato uno studente. Un consiglio, forse scontato, è quello di perseguire ciò che li entusiasma, perché il percorso d’una carriera può essere lungo, e proprio perché lungo va sposato in toto, secondo le proprie passioni. Le cose fatte per calcolo o “profitto” alla fine stancano, plasmano una facciata che alla fin fine ci troveremo a rifiutare. John Lennon diceva che “la vita è ciò che ti accade quando sei intento a fare altri piani”: ecco, partiamo da lì, e coltiviamo lo stupore di vedere cosa ci succede nel corso degli eventi, e cosa ci emoziona quando non facciamo troppi calcoli.

Last update: 27/02/2024