N. 29, 01/2016 - Primo Levi e scritture della salvazione e del trauma
DEP - Deportate, esuli, profughe
Fotogramma tratto da Ritorno ad Auschwitz. Intervista a Primo Levi, documentario Rai a cura di Emanuele Ascarelli e Daniel Toaff per la trasmissione Sorgente di vita.
L’opera e l’attualità di Primo Levi vengono indagate in questo numero speciale di DEP con una varietà di metodologie e competenze (dalla comparatistica all’italianistica, dalla filosofia all’analisi e critica del cinema, dalla teoria della letteratura a quella della testimonianza) da due generazioni di studiosi (con una prevalenza di giovani leve e una significativa presenza della ricerca elaborata negli Stati Uniti).
Stefania Lucamante (che apre il numero con un saggio ad ampio raggio sull’eredità leviana), Katharina Kraske e Rossella Palmieri mettono a confronto l’opera di Levi con scritture e riscritture letterarie, soprattutto femminili, della guerra, della persecuzione e dello sterminio (Liana Millu, Rosetta Loy, Irène Némirovsky).
Jonathan Druker approfondisce l’intreccio di narrazione storica e letteraria nel romanzo resistenziale di Levi, rileggendolo originalmente alla luce della nozione di trauma.
Gianfranco Ferraro e Antonio R. Daniele si soffermano criticamente sull’elaborazione, trasmissione ed evocazione filmiche del vissuto della guerra e dello sterminio in opere legate per ragioni diverse al nome di Levi (Il portiere di notte della Cavani, La strada di Levi di Ferrario-Belpoliti). Massimo Giuliani chiude il numero con un profilo di Levi volto a sottolineare le peculiarità del suo umanesimo e la potenza etica della sua scrittura.
Comune ai contributi nel loro insieme è la constatazione che l’opera di Levi e delle autrici e degli autori a essa idealmente o storicamente collegati attesta come la drammaticità della guerra, della deportazione e dello sterminio esponga gli esseri umani alla (duplice) sfida di salvare la (propria) vita e la (propria) umanità. Tale problematica della sopravvivenza, durante e dopo il Lager, e quella a essa connessa della salvazione, della resistenza e della stessa memoria vengono conseguentemente riconosciute e indagate come uno dei pungoli più acuti della scrittura di Levi e dell’interrogazione da essa suscitata.
Numero completo
N. 29 del 01/2016 - Primo Levi e le scritture della salvazione e del trauma a cura di Mario Marino | 6.10 M |
Singoli contributi
Introduzione | 771 K |
Ricerche
Stefania Lucamante, L’eredità ‘indispensabile’ di Primo Levi: da Eraldo Affinati a Rosetta Loy tra storia e finzione Un lasso temporale di alcuni decenni separa i primi scritti di testimonianza dai più recenti lavori letterari sulla shoah. Mentre un tale lasse temporale sarebbe indicativo di una riparazione della crepa apertasi nella cultura ebraica, eredi del lascito leviano come Affinati e Loy usano strumenti finzionali per discutere il comportamento della natura umana quando questa è posta in situazioni estreme. La consapevolezza e la conoscenza degli eventi reclama oggi un rinnovato senso etico e di responsabilità, di cui la scrittura finzionale sulla Shoah è divenuta la convalida. | 840 K | |
Rossella Palmieri, “Solo quando è infelice l’uomo ha gli occhi ben aperti”: Levi e Némirowsky allo specchio “Guerra è sempre”: il famoso assunto de La tregua si addice certamente alle opere di Irène Némirovsky. Entrambi gli autori descrivono la condizione di assedio che permea l'esistenza quotidiana degli uomini. Entrambi furono capaci di conseguire un'idea di felicità in qualche modo coincidente con l'atto dello scrivere. Allo stesso tempo, entrambi sanno rappresentare l'animalizzazione dell'uomo così come contemplare gli stati di quiete, nei quali è possibile vivere. | 837 K | |
Katharina Kraske, Il corpo come testimone. La corporeità come esperienza centrale del lager nelle testimonianze di Primo Levi e Liana Millu Nell’esperienza del campo, il corpo non è solo il luogo di immagazzinamento della memoria, ma è usato anche come un motivo per trasporre la memoria in testimonianza letteraria. Il presente contributo descrive a grandi linee il fatto che sia Levi, sia Millu mettono la questione della corporeità al centro delle loro testimonianze. Mentre Levi spiega proprio mediante l'esperienza del corpo la de-soggettivazione subita, Millu addita il tema della corporeità, presentando il corpo femminile come mezzo di resistenza. Entrambe sono forme narrative scelte per tentare di riprodurre tramite il linguaggio l'esperienza corporea subita. | 786 K | |
Gianfranco Ferraro, Il corpo postumo. Note sulla sopravvivenza ne “Il Portiere di notte” La severa critica di Levi a "Il portiere di notte" (1974) della Cavani si basa in fondo sui pericoli ai quali può condurre una rappresentazione estetica dei rapporti di potere, come nel caso dell’Olocausto. Ma in realtà il problema di una rappresentazione estetica dei campi e dei rapporti di potere al loro interno, specialmente dopo la morte degli ultimi sopravvissuti, non ha perso alcunché della propria complessità. Il film della Cavani non rigetta tale complessità e produce anzi ulteriori considerazioni circa l'impossibilità di sfuggire a un totalitarismo diffuso. | 730 K | |
Jonathan Druker, Il percorso e la fossa: la storia e la memoria traumatica in “Se non ora, quando?” di Primo Levi La tesi principale di quest’articolo è che Se non ora, quando? è un’opera riuscita di finzione storica sull’Olocausto poiché sovverte il proprio flusso narrativo – il proprio sentiero - invocando costantemente la fossa, il sito del trauma che minaccia di bloccare l'accesso dei partigiani al futuro. A supporto di tale affermazione, l'articolo non analizza solo le strategie letterarie usate da Levi per inserire i caratteri finzionali nella storia documentata della seconda guerra mondiale, ma scopre anche le tecniche da lui adottate per rappresentare le loro memorie dell’Olocausto, un trauma collettivo che ha violentemente interrotto il corso della storia. | 797 K | |
Antonio R. Daniele, Sopravvivere nel documentario. Il “corridoio” della storia e della memoria nella “Strada di Levi” di Davide Ferrario e Marco Belpoliti La strada di Levi di Ferrario e Belpoliti è l’adattamento filmico di una stagione del nostro migliore “reducismo”, in cui il caso individuale incorpora il punto di vista civile e la prospettiva dei cambiamenti sociali e storici. A dispetto di qualche limite estetico e sintattico, La strada di Levi è il momento nel quale il veterano può esperire nuovamente l’estirpazione delle sue radici e la tragica preminenza dell’irreale sul reale, grazie a un film che, sebbene basato su ricostruzioni e testimonianze, mantiene l’alone fittizio tipico di questi prodotti, anche dei più documentati. | 863 K | |
Massimo Giuliani, Primo Levi tra etnologia e pietas Tra gli studiosi di Primo Levi si avverte la necessità di una valutazione globale della sua opera letteraria, specialmente alla luce di una Wirkungsgeschichte piena di implicazioni etiche. Questo saggio esplora la formazione umanistica di Levi come base sia per la sua “resistenza morale” alla dottrina e alla propaganda fasciste, sia per la sua attitudine alla comprensione degli esseri umani in una prospettiva più filosofica. Un tale approccio è una visione antropologica ispirata da un’equilibrata combinazione di scetticismo e pietà, etnologia e simpatia, distacco e solidarietà. | 718 K |
Last update: 22/10/2024