Il giro del mondo tra gli Alumni in lockdown: Londra e Parigi

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In senso orario: Nicola Chiaranda, Roberta Gregori, Silvia Pavoni

Non ci possiamo muovere ma abbiamo fatto due chiacchiere con alcuni Alumni dell'associazione Ca' Foscari Alumni in giro per il mondo, per farci raccontare come vivono il lockdown, come si affronta l’emergenza all’estero e quali scenari lavorativi ci dobbiamo aspettare per il futuro. In questa puntata siamo partiti dall’Europa, raccogliendo le testimonianze da Parigi, dove vivono Nicola Chiaranda Advisor to Agribusiness & Food Groups e Roberta Gregori Strategic Planning Officer presso European Space Agency - ESA e da Londra con Silvia Pavoni Economics Editor presso The Banker, Financial Times. Nelle successive ci spingeremo verso scenari più lontani: New York, Hong Kong e Dubai.

Ecco i loro brevi racconti, tra città quasi vuote, smart working e riflessioni sul futuro.

PARIGI

Come risponde la Francia all’emergenza Coronavirus?

CHIARANDA: Sono a Parigi. La risposta è mista. In generale le persone rispettano le distanze. Non sempre nei supermarket però.

Poi il governo ha previsto che si possa andare un’ora al giorno fuori per esercizio fisico. Generalmente la gente ne sta abusando. Molti sono fuori troppo spesso per cui un nuovo decreto ha vietato l’esercizio fisico tra le 10 e le 19. 

Ora ci sarà sicuramente chi va a fare la spesa per comprare un panino alla volta. Altri saranno più responsabili. Gli anziani in generale i più indisciplinati. 

GREGORI: Anche nei nostri cugini d’oltralpe è mancata la giusta comprensione della virulenza del COVID-19. Mentre in Italia si procedeva alla chiusura totale, qui si continuava a vivere come se nulla fosse, quasi che i vecchi confini nazionali costituissero una adeguata barriera all’entrata del virus. 

Una grave responsabilità della politica, non solo francese, ma europea e mondiale, che non ha affrontato la pandemia con la necessaria coordinazione su vari livelli, da quello scientifico a quello economico.

Qui una domenica di marzo si invitavano i cittadini ad andare a votare (il primo turno delle elezioni municipali), mentre la sera successiva il presidente Macron, in un messaggio indirizzato alla nazione, annunciava l’ ‘entrata in guerra’ contro il virus.

Accade qualcosa di curioso in città?

CHIARANDA: Alle 8 di sera molti aprono le finestre o escono sul balcone e battono le mani a sostegno di medici e infermieri

GREGORI: Scopro e apprezzo la bellezza della natura anche in città. Guardo spesso fuori dalla finestra del mio appartamento nel 15esimo arrondissement meravigliandomi del profumo dell’aria primaverile o dopo una pioggia, del canto degli uccelli, soprattutto all’alba quando il silenzio è ancora più ovattato, dello spuntare delle prime foglie degli alberi o di semplici margherite nel giardino. 

Ogni sera alle venti ci si affaccia per applaudire l’operato del personale sanitario. Un bel gesto che mi emoziona sempre pensando al sacrificio di chi già lavora in condizioni precarie e si trova ora in prima linea (anche in Francia la situazione della sanità pubblica è allo stremo, ad inizio anno c’erano state varie contestazioni e scioperi). 

Giornata ‘tipo’ in lockdown?

CHIARANDA: Lavoro da casa facendo consulenza (e ho fatto anche esami online agli studenti la settimana scorsa). Per cui passo parecchio tempo in video e teleconferenza. Mi alzo e vado a letto alla stessa ora di sempre. Passo più tempo sull’iPhone. Facciamo la spesa una volta a settimana. 

GREGORI: Innanzitutto, devo fare un plauso all’ESA (Agenzia Spaziale Europea), che dal Direttore Generale alle risorse umane fino alla comunicazione hanno sin da subito accompagnato il personale in questo momento difficile e di transizione verso lo smart working. Cerco, dunque, di scandire la mia giornata in ore lavorative e in quelle dedicate al tempo libero per mantenere una buona salute mentale e fisica. Spazio, quindi, alle chiamate con i miei cari e agli esercizi indoor! Non sono mancati momenti di sconforto, ma è anche importante accettare la nostra emotività ed imparare a gestirla.  

Parliamo di mondo del lavoro. Come sta cambiando, a partire dal tuo settore?

CHIARANDA: Mi occupo di food per cui l’attività non manca. La gente mangia comunque. Ecco una slide che delinea i principali cambiamenti che prevedo nel settore e un’altra per quanto riguarda l'impatto del Covid-19 sul mondo in generale. 

Io voglio sperare che il mondo diventi più solidale. In realtà avviene il contrario, per cui tristemente occorrono più regole e sanzioni per chi le violano. 

Ai giovani direi di occuparsi di più di politica e di stato perché avrà più importanza nella nostra vita. Nel male e nel bene. 

GREGORI: Una domanda complessa! Rispondo evocando tre punti che mi stanno particolarmente a cuore, con l’augurio che questa crisi diventi un’opportunità per pensare e costruire un sistema socioeconomico più umano.  

In primo luogo, l’etica, dimensione universale della filosofia, ovvero della ricerca della vita buona, prendendo cura di noi stessi, degli altri e, quindi, delle generazioni future. Nel mio settore si traduce nell’integrare l’etica dello spazio nella pianificazione strategica, riprendendo, ad esempio, il report pubblicato congiuntamente dall’ESA e dall’UNESCO nel 2000.

In secondo luogo, la parità di genere. L’aumento delle violenze domestiche sulle donne durante questo periodo di confinamento indica l’urgenza di riconsiderare una giusta relazione uomo-donna, di cui l’uguaglianza in ambito lavorativo ne diventa che una conseguenza. 

Infine, pensando anche alla “strage dei nonni” a cui stiamo assistendo, ritengo sia importante considerare il contributo della forza lavoro intergenerazionale, da chi ne sta entrando a chi è prossimo ad uscirne. 

LONDRA      

Come risponde il Regno Unito all’emergenza Coronavirus? 

PAVONI: Resisto alla tentazione di dire che gli inglesi, in generale, hanno preso la situazione alla leggera e reagito meno prontamente di altri. Purtroppo questo l’abbiamo fatto tutti prima che il nuovo coronavirus ci entrasse in casa, con insidia ed letale efficienza. Gli italiani non hanno prestato grande attenzione a quello che succedeva in Cina, troppo lontana, forse. Gli inglesi, almeno parte di loro, hanno sottovalutato la crisi che stava divampando dietro l’angolo, in Italia - e che ora hanno raggiunto. Dal Regno Unito, guardando altrove in Europa, il confronto con la prontezza, l’impeto e la gestione del sistema sanitario in Germania brucia.

Accade qualcosa di curioso in città?

Girano le immagini della city di Londra, vuota, e del Tamigi, in questi giorni uno specchio d’acqua che riflette nitidamente l’architettura alle sue rive, sono bellissime.

Giornata ‘tipo’ in lockdown?

Almeno che non debba partecipare a videoconferenze di primo mattino, la sveglia e’ alle 7:00 piuttosto delle normali 6:15 - cosa che diletta sia me che mio figlio. Non ci manca la rituale corsa per arrivare alla fermata dello scuolabus ed entrambi siamo felici di poter fare colazione con calma. Poi io mi metto al laptop e lui al Nintendo - le regole sullo screen-time, già mal rispettate in tempi normali, ora sono del tutto ignorate, e va bene così. (La mole di lavoro è aumentata così come l’intensità delle mie attività lavorative in risposta all’emergenza - non so come ce la caveremo dopo le vacanze di Pasqua quando inizieranno lezioni di scuola online e compiti). Il pranzo è veloce per entrambi. Mi riprometto regolarmente, invano, di fare un po’ di esercizio a metà pomeriggio ma poi finisco semplicemente per cronometrare il mio mini compagno di casa che corre attorno all’isolato, deserto (esercizio per lui, almeno). Prima di cena leggiamo assieme The Amber Spyglass di Philip Pullman sul divano - per me uno dei momenti più belli della giornata.

Parliamo di mondo del lavoro. Come sta cambiando, a partire dal tuo settore?

Mai come nei momenti di crisi si fa sentire il bisogno di un giornalismo indipendente, preciso e professionale. Questo vale sia per i colleghi che ci aggiornano con breaking news, che per chi lavora su un’informazione più tecnica e di analisi, come nel mio caso. Ma il giornalismo, il buon giornalismo, costa. E la crisi economica che si accompagna alla pandemia sarà un vero problema per il nostro settore, così’ come per tanti altri. E già si fa sentire. Se il livello di engagement con i sottoscrittori sale, le tasche di ‘advertisers’ e sponsor di eventi saranno meno profonde. Fornire contenuto utile e tramite mezzi digitali diventerà sempre più importante. 

Federica SCOTELLARO