Combattere la violenza contro le donne: cosa deve fare l’Europa

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Photo: UN Women/Ryan Brown, CC BY-NC-ND 2.0

Dall’inizio della pandemia di Covid-19, il 45% delle donne ha dichiarato di aver subito una forma di violenza, o di conoscere donne che l'hanno subita, come rilevato da 2021 UN Women report. Il 70% ritiene che l'abuso verbale o fisico da parte del partner sia diventato più comune, e il 60% crede che le molestie sessuali negli spazi pubblici siano aumentate. 

La situazione non è meno critica in Europa, dove la necessità di combattere la violenza di genere (in inglese, “gender-based violence against women”, GBVAW) è stata tra le priorità della Presidente Ursula von der Leyen. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, è importante fare il punto sulla legislazione UE riguardo alla lotta contro la violenza di genere e ciò che bisogna e non bisogna fare per spingere gli stati membri a intraprendere azioni concrete volte a sradicare questo fenomeno.

La Convenzione di Istanbul

Oltre 11 anni fa, i 46 stati membri del Consiglio d’Europa adottarono una convenzione volta a prevenire e a combattere la violenza contro le donne, conosciuta come la Convenzione di Istanbul. La Convenzione venne ratificata da 37 stati, tra cui 21 dei 27 stati membri dell’Unione Europea. Alcuni stati esterni al Consiglio d’Europa hanno manifestato interesse per la ratifica, tra cui Israele, Tunisia e Kazakistan.

La convenzione è considerata lo standard di riferimento per combattere la violenza contro le donne, perché impone considervoli obblighi. Per esempio, gli stati aderenti devono:

  • criminalizzare i comportamenti elencati nella convenzione
  • fornire supporto alle vittime, incluse persone minori testimoni di violenza
  • adottare misure preventive per sradicare stereotipi riguardo al ruolo delle donne nella società
  • raccogliere dati e fornire finanziamenti adeguati per le politiche volte a contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica

Per implementare la Convenzione è stato creato un sistema di monitoraggio, Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence (GREVIO). La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha fatto riferimento alla Convenzione di Istanbul in varie sentenze, tra cui un caso del 2022 contro l’Italia. In questo processo, la Corte ha stabilito che l’Italia ha fallito nel proteggere e assistere una madre e i suoi figli durante le visite con il padre, una persona affetta da tossicodipendenza e alcolismo e accusata di maltrattamenti e minacce. In particolare, i minori erano particolarmente angosciati dal dover incontrare il padre in un ambiente non protetto. All’Italia è stato chiesto di risarcire la madre e i minori per danni morali.

In che modo l’UE potrebbe fare di più

Benché l’UE abbia firmato la Convenzione di Istanbul, deve ancora ratificarla. Per superare l'impasse, l’8 marzo 2022 la Commissione Europea ha pubblicato una proposta per una direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Il documento è promettente sia perché fa riferimento alla Convenzione di Istanbul, sia perché si sforza di superarne i limiti, per esempio combattendo il diffuso fenomeno della violenza online contro le donne. Secondo la bozza attuale, gli stati membri dovranno creare nuove leggi contro la violenza online, in modo che tra i reati penali figurino stalking online, molestie online, incitamento all’odio o alla violenza online, e condivisione di materiale intimo o manipolato online. Allo stato attuale, la Convenzione di Istanbul non si occupa di questi comportamenti.

La direttiva è attualmente al vaglio del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa. Il Parlamento pubblicherà un report a gennaio 2023, per poter accogliere rettifiche. Il voto in plenaria è previsto in primavera. 

All’interno del Consiglio d’Europa, il rischio è che i pregiudizi riguardo alla convenzione (gli stessi che stanno bloccando alcuni dei processi di ratifica e mettendo in dubbio alcuni processi di ratifica già conclusi) possano anche rallentare le procedure legislative nell’UE o attenuare la proposta originale. Alcuni stati, tra cui la Polonia, hanno espresso preoccupazione riguardo al concetto di genere. 

Ciò che bisogna (e non bisogna) fare

Un considerevole numero di ONG, membri del Parlamento e personale accademico stanno promuovendo la direttiva UE, che sarebbe un passo in avanti nella protezione di donne e bambine dalla violenza in Europa, e supporterebbe processi di cambiamento culturale estremamente necessari.

Tuttavia, il successo della direttiva dipenderà dalla possibilità che essa riceva un forte impulso, sia dalla cittadinanza che dalla politica. Nella sua forma attuale, la proposta presenta chiari margini di miglioramento, soprattutto riguardo alle misure previste per la migrazione nella Convenzione di Istanbul. Secondo l’Articolo 60, gli stati devono prendere i provvedimenti necessari per accertarsi che la violenza di genere contro le donne venga riconosciuta quale forma di persecuzione, per il riconoscimento dello status di rifugiato/a.

Ciononostante, il disegno di legge è un passo nella direzione giusta. Per la prima volta, propone definizioni comuni a tutta la UE di reati penali quali lo stupro e le mutilazioni genitali femminili. Riconosce, inoltre, quattro forme di violenza online contro le donne, tra cui l’incitamento all’odio e alla violenza su base di genere e/o sesso. Al contempo, chiede di proteggere le vittime da ogni forma di violenza di genere. 

Dobbiamo parlare del flagello della violenza di genere contro le donne ogni giorno dell’anno, non solo il 25 novembre. Bisogna fare di più per prevenire la diffusione di nuove forme di violenza, come quelle commesse nel mondo digitale, e per sensibilizzare le persone alle dinamiche di dominio e discriminazione che vi sono alla base.

“UNITE to end violence against women” è il tema della campagna di 16 giorni promossa quest’anno dalle Nazioni Unite. Oggi più che mai, l’unione è ciò che conta davvero nell’adottare e implementare efficacemente nuove leggi a livello europeo e nazionale.


(La versione originale dell'articolo è stata pubblicata su The Conversation)

Sara De Vido