Componentistica automotive 2021: lieve ripresa dopo il crollo del 2020

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Photo by Maksym Kaharlytskyi on Unsplash

In uno scenario internazionale frenato dalla pandemia, la filiera italiana mostra evidenti segnali di rallentamento, che nel 2020 si sono tradotti in un calo del fatturato nazionale del -11,9%

Mentre quasi un’impresa su due si posiziona verso powertrain elettrici e ibridi, per il 2021 si attende una ripresa, nonostante le preoccupazioni relative ai prezzi e alla reperibilità delle materie prime.

Questo è lo scenario emerso dall’indagine di Camera di commercio di Torino, ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, presentata all’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana.

Secondo Francesco Zirpoli, Direttore scientifico del CAMI: “I processi di aggregazione industriale (Stellantis) e il risveglio della politica industriale in Italia, anche grazie agli strumenti forniti dal PNRR, pongono sfide impegnative per la filiera automotive italiana ma anche opportunità inattese. Il futuro della filiera italiana si giocherà sulla capacità di creare programmi di sviluppo e attrazione di investimenti diretti dall’estero, di favorire la crescita di fornitori che attraverso l’internazionalizzazione possano fungere da national champion capaci di trainare i “pezzi” meno avanzati della filiera verso l’upgrade tecnologico, manageriale e di mercato e infine di costruire reti per l’innovazione che sappiano coniugare ricerca di eccellenza e sviluppo industriale sulle nuove tecnologie”

Secondo Anna Moretti, direttrice scientifica dell'Osservatorio: “In un quadro caratterizzato da elevata incertezza come quello attuale, preoccupa particolarmente il risultato, registrato per la prima volta dall’Osservatorio, di significativa contrazione delle attività di innovazione di prodotto dei componentisti Italiani. Il cambio di passo su questo fronte non è più solo auspicabile, ma ormai necessario. E’ indispensabile adottare un atteggiamento proattivo, che nell’innovazione, anche collaborativa, sviluppi la capacità di anticipare i trend del settore, e le opportunità di diversificazione”.

Il contesto internazionale 2020-2021

Nel 2020 la domanda mondiale di autoveicoli è crollata a 78 milioni di unità, - 13,8% rispetto al 2019. La pandemia, le misure di contenimento, l’incertezza dovuta alla crisi economica hanno causato flessioni di mercato significative su tutti i principali mercati. Invece in Cina, il paese per primo colpito dal Covid-19, il calo si è fermato al -1,8% nella prima metà del 2020. La domanda di autoveicoli in UE-EFTA-UK chiude il 2020 a 14 milioni di unità (-23,6% sul 2019), mentre in Italia il calo è leggermente più alto (-26,6%). Il recupero atteso per il 2021 non sì è verificato, anzi è stato ulteriormente rallentato da nuove sfide che si sono abbattute sul comparto.

Nei primi 9 mesi del 2021 la domanda di autovetture registra crescite insufficienti per tornare ai livelli pre-pandemia e si stima che nel corso dell’anno la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno agli 85 milioni di autoveicoli (+8%). La ripresa è fortemente ostacolata dal Great Vaccination Divide, che vede troppi paesi in via di sviluppo ancora molto indietro sul piano vaccinale e dallo shortage di microchip che potrebbe protrarsi ancora nel 2022. In Italia le vendite di autovetture sono previste in crescita dell’8,5% a 1,5 milioni di unità.

Nel 2020 sono stati prodotti nel mondo 77,6 milioni di autoveicoli, segnando un’ulteriore contrazione (-15,8%), dopo i cali del 2019 e del 2018. La Cina è ancora una volta il paese con il calo più contenuto (-2%). A livello mondiale si prevede che la produzione di autoveicoli si chiuda a fine 2021 a +1%.

I numeri della componentistica automotive in Italia

Nel 2020 le imprese che compongono l’universo della componentistica automotive hanno generato un fatturato stimato pari a 44,8 miliardi di euro e impiegato oltre 161.400 addetti. Rispetto all’anno precedente, il volume d’affari è ulteriormente calato dell’11,9% accompagnato dalla diminuzione del numero di addetti (-1,5% a fronte del +0,6% del 2019). Si tratta di un peggioramento che ha riguardato tutti i segmenti della filiera.

All’indagine della presente edizione dell’Osservatorio hanno partecipato complessivamente 477 imprese della filiera, con un tasso di risposta del 21,7%. 

Il fatturato nazionale ha registrato un saldo negativo del - 65%, il valore peggiore nella storia dell’Osservatorio.

È proseguito nel 2020 il processo di progressiva riduzione della dipendenza da FCA, accompagnato dalla riorganizzazione delle imprese come fornitrici di altre case.

Sul fronte dell’export, il 71,5% delle imprese ha continuato ad esportare anche durante il 2020, il -4% rispetto allo scorso anno. Aumenta però il fatturato derivante dalle esportazioni che oggi rappresenta il 41,3%.

L’85,7% delle imprese ha al suo interno personale laureato, con una crescita graduale negli ultimi cinque anni. Al contrario, la percentuale di imprese con risorse umane destinate alle sole attività di R&S è calata. Nel futuro quinquennio gli ambiti che richiederanno un investimento in figure professionali dedicate saranno principalmente la gestione dei processi produttivi e dei processi di automazione. Segue l’esigenza di individuare professionalità che operino nello sviluppo di software o applicazioni e nella ricerca di nuovi prodotti e materiali.

Le prospettive

Per il 2021, le prospettive sono influenzate principalmente dalle tensioni commerciali derivanti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, ma anche dal generale rallentamento del quadro economico in Europa e dai problemi connessi alla scarsa reperibilità di componentistica di materie prime.

Tuttavia, la filiera si attende un anno di ripresa: oltre i due terzi delle imprese convengono su una crescita del fatturato, mentre è pari al 57,5%, al 56,5% e al 55% la quota di imprese che prevedono rispettivamente aumenti degli ordinativi interni, delle esportazioni e dell’occupazione. 

La rilevazione ha evidenziato che il 56,2% delle imprese dichiara d’aver già introdotto almeno un’innovazione riconducibile all’Industry 4.0, percentuale in leggero aumento rispetto all’anno precedente. Il quadro che emerge è però quello di una filiera che ancora si appoggia primariamente all’investimento pubblico per i processi di transizione tecnologica.

Le imprese confermano la tendenza a muoversi in autonomia. Nell’edizione 2021 poco meno del 50% delle imprese intervistate ha avviato almeno una relazione di collaborazione.

I risultati completi dell’indagine sono disponibili al seguente link su Edizioni Ca' Foscari

Federica Scotellaro