“Parlo agli esploratori del ‘microbioma’ per capire gli umani e la scienza”

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Muffe simbiotiche

Grazie al progresso della genetica, da un decennio gli scienziati sono in grado di studiare un mondo finora quasi inesplorato: batteri e virus che ‘co-abitano’ dentro e intorno al corpo umano. Prima, potevamo conoscere solo i microbi ‘coltivabili’: appena il 5%.

Queste comunità microbiche compongono il 'microbiota', che si è scoperto avere un grande impatto sia sulla salute umana che su quella dell'ambiente. Col progredire delle tecniche di sequenziamento, si sono moltiplicate le ricerche sul patrimonio genetico di questo ‘nuovo mondo’: il microbioma.

Gruppi di ricerca in tutto il mondo hanno iniziato a mappare batteri, virus e loro varianti presi nel loro ambiente naturale. Raccogliendo ed elaborando questa enorme mole di dati, hanno pensato gli scienziati, possiamo anche disegnare degli scenari futuri sull’evoluzione del microbioma e, in ultima analisi, della salute dell’uomo e del suo ambiente.

Tra noi e il microbioma, quindi, è al lavoro la scienza. Guardiamo il mondo dei microbi con nuovi occhi, quelli degli scienziati. Capire con quali motivazioni, quali metodi, strumenti e risultati siano in gioco significa interrogarsi su una frontiera che non riguarda solo scienza e tecnica, ma l’umanità e il suo rapporto con il ‘non umano’.

E’ qui che entra in campo l’antropologia, ovvero “lo studio di cosa significhi essere umani”. L’antropologa cafoscarina Roberta Raffaetà ha vinto un finanziamento dello European Research Council (Erc) proprio per studiare le esplorazioni nel ‘nuovo spazio’ del microbioma

Roberta Raffaetà

Con il team multidisciplinare che costruirà nei prossimi mesi, entrerà nei laboratori di bioinformatica, starà accanto a ricercatrici e ricercatori, cercherà di capirne tecniche e aspirazioni, emozioni e prospettive al cospetto di quel 95% di materia così vicina, ma così oscura.

Applicherà l’etnografia non per comprendere l’uomo indagando usanze indigene convivendo con una tribù in qualche area remota, bensì studiando scienziate e scienziati.

“Studio la cultura occidentale e per farlo osservo gli scienziati - spiega Roberta Raffaetà, professoressa di Antropologia al Dipartimento di Filosofia e Beni culturali - Cerchiamo di capire cosa vuol dire essere umani dal punto di vista di chi studia il microbioma, cioè il 90% delle cellule che ci portiamo addosso. Cellule che influenzano persino il nostro umore e le nostre capacità cognitive. Ci connettono all’ambiente in cui viviamo”.

“Ci sono più microbi in un cucchiaino di terreno che stelle nella via Lattea. Nei laboratori si sentono esploratori spaziali e fanno scoperte continue”, racconta Raffaetà dopo alcuni anni di osservazione di biologi con l’occhio informatico che usano sofisticate tecniche di sequenziamento, big data, intelligenza artificiale.

Cosa succede quando nel laboratorio entra l’antropologa? “Le discipline si riconfigurano nel loro incontro - risponde - e ciò porta a riconsiderare cosa significhi essere umani e il nostro ruolo in un mondo che esiste e persiste grazie, e soprattutto, ai microbi”.

Acquarello ispirato al mondo microbico

L’idea per il progetto Erc HealthXCross (che parte a settembre 2021) è venuta negli Stati Uniti, durante una fellowship Fulbright.

“Gli scienziati prendevano campioni provenienti da diversi luoghi e continenti, da animali, piante, acqua, aria, suolo. Li analizzavano e poi, aggregandoli, creavano simulazioni per riuscire a predire scenari di salute sia umana che ambientale - racconta - Si tratta di progetti di open science e collaborativi su scala globale.

Da qui i primi interrogativi: come vengono raccolti i dati? quale infrastruttura sociale e politica tiene in piedi questi progetti? come si articola? Gli scenari, come detto, diranno della salute dell’uomo e dell’ambiente nel futuro. Ma a beneficio di chi? quale sarà il ruolo dell’industria? della medicina personalizzata? e quali saranno i benefici per l’ambiente?

“Analizzeremo anche queste questioni”, - anticipa Raffaetà, che precisa: “Lavoreremo a fianco degli scienziati, vivremo come scienziati, li intervisteremo a fondo. Ma entreremo nei laboratori con molta umiltà ed empatia, mettendo a tacere pregiudizi e critiche, per capire i loro perché. Grazie alla fiducia è possibile discutere insieme anche sugli aspetti più problematici. Ho imparato la loro lingua. Ho imparato a vedere con i loro occhi. L’obiettivo è comune: una scienza migliore”.

Enrico Costa