Gli scienziati dell’arte svelano i segreti delle Tempere Fortuny

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Scienziati dell'Università Ca’ Foscari Venezia hanno svelato i segreti delle “Tempere Fortuny”, linea di colori per artisti ideata dal poliedrico artista spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo, che fu prolifico pittore oltre che internazionalmente noto per le innovazioni nella moda e nel teatro.

Molti degli strumenti e delle sostanze di cui Fortuny si servì si trovano ancora a Palazzo Pesaro degli Orfei, oggi Museo Fortuny, dimora ed atelier dell’artista dal 1899 e fino alla sua morte, avvenuta nel 1949. La ricetta con cui quegli ingredienti sono stati usati è rimasta segreta fino all’intervento del gruppo di Chimica del Restauro di Ca’ Foscari, che ha realizzato il primo studio sulle tempere con la collaborazione di Daniela Ferretti e Claudio Franzini della Fondazione Musei Civici di Venezia.

«Ricostruendo la composizione delle sostanze usate da Fortuny, siamo in grado di avanzare ipotesi sulla ricetta delle sue tempere – spiega Francesca Caterina Izzo, ricercatrice al Dipartimento di Scienze ambientali, Informatica e Statistica e coordinatrice del progetto – Si tratta di tempere con  complessa formulazione organica, contenenti prevalentemente una miscela di olio siccativo (come esempio l’olio di lino, noto per le sue proprietà filmogene e utilizzato come legante pittorico), trementina veneta e colla d’amido La tavolozza dell’artista spaziava dall’utilizzo di pigmenti tradizionali (come il blu oltremare o il nero d’avorio) ai più moderni bianco di titanio, giallo di cadmio, blu di cobalto e coloranti organici di sintesi, introdotti nel campo dell’arte a partire dal XX secolo».

«L’approccio multidisciplinare  - aggiunge la ricercatrice - ci ha poi permesso di supportare le indagini chimico-fisiche con le ricerche condotte sui preziosi documenti conservati nel Fondo Mariutti-Fortuny della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, che hanno offerto l’occasione di indagare la storia produttiva delle Tempere Fortuny, individuandone fornitori e acquirenti».

Per analizzare le sostanze sono state messe in campo diverse tecniche e tecnologie: spettrometria di fluorescenza X (XRF), spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR), microscopia elettronica a scansione accoppiata a spettrometro a dispersione di energia (SEM-EDS) e pirolisi gascromatografia accoppiata a spettrometria di massa (Py-GC-MS). Grazie a una tesi di laurea su questo lavoro la giovane Cecilia Zanin è stata premiata come “conservation scientist”.

«I risultati  - concludono Izzo e Zanin - dimostrano l’inclinazione di Mariano Fortuny alla sperimentazione di una gamma di prodotti e sostanze estremamente ampia e variegata e permette di inserire a pieno titolo la prassi pittorica fortunyana nell’ambito del più ampio contesto di sperimentazioni pittoriche della Venezia di inizio Novecento, quando pittori come Mario de Maria, Cesare Laurenti e Gennaro Favai dirigevano i propri sforzi nello sviluppo di personali formulazioni pittoriche, nel segno di un “mito del mestiere” sospeso tra tradizione ed innovazione».

Il progetto con il Museo Fortuny, iniziato nel 2014, proseguirà con la catalogazione e la musealizzazione dei materiali presenti nell’atelier e lo studio di altri materiali artistici utilizzati da Fortuny per la sua attività di scenografo e per la tintura dei tessuti.

Enrico Costa