Iniziano i corsi di scacchi: intervista al Grande Maestro Kenny Solomon

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A partire dal 20 maggio 2021 inizieranno i corsi di scacchi offerti dall’Ateneo e rivolti a varie fasce di giocatori, da quelli alle prime armi ai più esperti. Non soltanto agli studenti, ma anche docenti, alumni, ex-dipendenti di Ca' Foscari e studenti e docenti dell'università IUAV. Finora, il gruppo di scacchi ha raggiunto i circa 250 iscritti totali, ma sarà possibile registrarsi fino al 13 maggio 2021. Il progetto, ideato e seguito dal prof. Francesco Casarin e dal prof. Pietro Ferrara, nasce dalla profonda convinzione del valore formativo degli scacchi, non solo per lo sviluppo di abilità logiche e strategiche, ma anche a livello più personale, dato che favorisce pazienza e concentrazione e, nell’insieme, offre molte opportunità di crescita personale sicuramente fondamentali nel percorso universitario e individuale. Gli scacchi si vanno, quindi, ad aggiungere alla già strutturata offerta dell’Ateneo e, anche se i corsi si svolgeranno inizialmente solo online a causa della pandemia, presto si permetterà ai partecipanti di fruire di un luogo d’incontro  in presenza.

A seguire parte degli studenti cafoscarini sarà il Grande Maestro Kenneth Terence Solomon, primo Grande Maestro sudafricano, diventato Maestro Internazionale nel 2004 e vincitore dell’African Chess Championship nel 2014. Ha rappresentato il Sudafrica in dieci Olimpiadi di scacchi a partire dal 1998. Attualmente tesserato con il circolo A.D. Esteban Canal di Venezia e collaboratore dell’A.S.D. Scacchi Capablanca di Mestre, il Grande Maestro seguirà il gruppo cafoscarino di livello avanzato. L’abbiamo intervistato per voi.

Come è approdato agli scacchi?

“All’inizio non ero molto interessato agli scacchi, anche se ho iniziato a giocare intorno ai sette anni perché uno dei miei fratelli (siamo sei fratelli e due sorelle) mi aveva insegnato le mosse. All’epoca però avevo molti amici: vivevamo a Mitchells Plain, costruito durante l’Apartheid, dove le case a un piano si affacciavano sulla strada, quindi giocare fuori con gli altri ragazzi mi sembrava più divertente. Mio fratello, invece, giocava spesso a scacchi fino all’alba con i suoi amici e io non capivo, pensavo fossero matti. Quando però avevo tredici anni, nel 1992, mio fratello si è qualificato per le Olimpiadi nelle Filippine. Grazie al cambiamento segnato dalla liberazione di Mandela e dall'abolizione dell'Apartheid, il gioco non era più diviso tra bianchi e neri e mio fratello era parte della prima squadra. Il ‘92 è stato anche il primo anno in cui il Sudafrica è stato di nuovo ammesso alla competizione. Si è trattato di un momento chiave per me: dopo averlo visto salire sull’aereo, sono tornato a casa e ho iniziato a studiare con entusiasmo. Sono diventato matto anche io, se vogliamo. Ho iniziato a cercare le biblioteche che avessero libri sugli scacchi e facevo lunghi percorsi per arrivarci, leggevo interviste, era diventata una vera passione. Nel gennaio del ‘93 ho partecipato al mio primo torneo, nel ‘95 ho vinto il campionato sudafricano under 16 e nel ‘98 ho partecipato alla mia prima Olimpiade”.

Come definirebbe il suo modo di giocare? L’insegnamento influisce sul suo gioco?

Cerco di essere flessibile e di adattare il mio gioco a quello dell’avversario: se questi è più aggressivo, cerco di  focalizzarmi sui suoi punti deboli e di giocare più solidamente, e viceversa. Cerco di avere un approccio a lungo termine: mio fratello mi ha consigliato, quando ho iniziato, di sviluppare uno stile universale, che richiede però grande versatilità e molto studio - ho studiato il gioco degli ex-campioni del mondo cercando di acquisirne  lo stile - che non è sempre facile da mantenere. Ultimamente, per esempio, ho cercato di esercitare di più il mio gioco più aggressivo, che non mi viene naturale. Questo approccio a lungo termine è lo stesso che insegno: anche ai bambini più piccoli cerco di far capire che voler vincere non è sufficiente, ma che è importante avere un obiettivo a lungo termine per apprendere vari tipi di gioco e risultare quindi più capaci in situazioni diverse. L’obiettivo dovrebbe essere diventare dei giocatori completi, non limitarsi a vincere.

Credo che la mia formazione e la mia esperienza di insegnamento (sono maestro FIDE dal 2005) si riflettano anche nel mio gioco. A differenza di altri, che magari hanno iniziato a giocare fin da piccolissimi con un allenatore, il mio gioco è il risultato dello studio e dell’insegnamento: diventa molto più semplice ricordare - e quindi usare - un’apertura quando l’hai spiegata a qualcuno più volte, e così per ogni mossa. I libri iniziano a non servirti più e hai un bagaglio molto più ampio e solido di qualcuno che, magari, ha sempre studiato solo quello che gli veniva proposto perché imparasse a vincere, e il tuo gioco diventa più vario e flessibile. Nelle mie lezioni a Ca’ Foscari, l’obiettivo è questo: far sì che gli studenti possano imparare non solo a giocare, ma anche ad apprezzare il gioco, la sua storia, le strategie di quelli che li hanno preceduti. Vorrei che anche chi poi si trovasse a lasciare  il gioco - come hanno fatto anche alcuni dei miei studenti migliori, che hanno scelto di fare altre carriere invece di ottenere il titolo di Grande Maestro - possa comunque godersi una bella partita tra professionisti.

Grazie anche alla serie La regina degli scacchi, le donne scacchiste hanno ricevuto nuovo risalto negli ultimi tempi. Trova ci siano stati cambiamenti negli scacchi femminili negli ultimi anni?

Quando ho iniziato, c’erano davvero poche ragazze, anche se era loro possibile competere nei tornei open, e tuttora nella classifica FIDE open dei 100 migliori giocatori al mondo c’è soltanto una donna, Yifan Hou. Gli scacchi sono uno sport dove uomini e donne possono competere gli uni contro gli altri, a differenza della maggior parte degli sport olimpici; il che significa che ci sono occasioni di incontrare anche tipi di gioco molto diversi tra loro. Insegnando ai bambini, ho notato che i maschi hanno la tendenza a giocare in modo diretto e aggressivo e sono pronti a rischiare, mentre le femmine sono più protettive e cercano di portare avanti più alternative durante il gioco, quindi il confronto con un approccio diverso è sempre un’occasione per migliorare in un senso o nell’altro. Oggi ci sono molte più donne che competono nei tornei, e il gioco femminile è migliorato sempre di più negli ultimi anni: a Gibilterra ho giocato contro Aleksandra Goryachkina, sfidante della Campionessa del Mondo, e sono stato fortunato a cavarmela con una parità.

Che cosa direbbe a chi si approccia al gioco per la prima volta?

Per prima cosa, direi che non è mai troppo tardi per iniziare. Il momento in cui vi avvicinate al gioco è il momento giusto per voi. La seconda cosa è un consiglio: cercate di essere come i bambini, anche se so che per gli adulti, più “costruiti”, è difficile. Per migliorare velocemente, bisogna tentare di lasciarsi alle spalle i meccanismi analitici che diventano parte dell’età adulta e assistere alle partite cercando di apprezzare la bellezza della strategia usata, più che analizzando ogni singola mossa. Bisognerebbe essere come i bambini anche mentre si studia: fare, senza porsi troppe domande, registrare le mosse nella memoria muscolare, in un certo senso. Anche solo il gesto di ripetere le mosse degli altri giocatori permette al subconscio e alla passione di elaborarle. Sembra molto semplice e forse un po’ folle, ma funziona.

Le iscrizioni ai corsi e al gioco online sono aperte fino al 13 maggio 2021. Maggiori informazioni a questa pagina.

Le sessioni di gioco online inizieranno su chess.com il 20 maggio alle 17:00.

Inizio corsi (5 lezioni a settimana a partire dalle 17:00):

  • Base - 24 maggio
  • Intermedio - 25 maggio
  • Avanzato - 26 maggio

Rachele Svetlana Bassan