'Sindaco o sindaca'. L'italiano non fa differenze di genere

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Dopo la recente tornata di elezioni amministrative qualche dubbio, di grammatica, è rimasto.  “Assolutamente sindaca - afferma la Prof.ssa Giusti. - Lei direbbe monaco o monaca, per indicare Suor Teresa? La struttura prosodica  della parola è la stessa. Anche l’Accademia della Crusca si è di recente espressa a favore della femminilizzazione dei nomi di ruolo”.

Se sindaco fa fatica a diventare sindaca, quindi, è perché culturalmente in Italia c’è un’opposizione a riconoscere che le funzioni apicali possono essere attribuite a donne.  Oltretutto, dire che ‘il marito del sindaco ha scritto una lettera’ – facendo riferimento al recente episodio che ha coinvolto Virginia Raggi – suona al nostro orecchio decisamente bizzarro e rappresenta anche, secondo Giusti ‘una violazione profonda alla storia millenaria della grammatica italiana, che attualmente ha due generi, maschile e femminile, mentre il neutro, ormai perduto, non è mai stato utilizzato in riferimento a persone ma solo a oggetti inanimati”.
La scelta di riservare al genere maschile parole che definiscono i ruoli, quelli apicali, è, a quanto pare, tutta italiana. “In francese, tedesco e spagnolo, da anni non hanno problemi a utilizzare il femminile. La Svizzera, oltre che per francese e tedesco, ha codificato tutti i femminili anche per l’italiano. Trovo esemplare il caso dell’Ambasciatrice tedesca a Roma, che ha scelto di farsi chiamare Ambasciatore in italiano, mentre in tedesco ha mantenuto il suo titolo femminile Botschafterin. Ha capito che in Italia ‘Ambasciatrice’ vale di meno. Il linguaggio è un potente strumento di rappresentazione del mondo, e la mancata declinazione dei ruoli al femminile fa più danno alla società di quanti molti non possano immaginare.”


La Professoressa Giusti ha presentato il contenuto del suo MOOC “Linguaggio, identità di genere e lingua italiana” ad un incontro sul tema organizzato dal CUG di Ca' Foscari