Alla scoperta del Sud-Est asiatico più pop e contemporaneo con Giuseppe Bolotta ed Edoardo Siani, docenti del curriculum dedicato a Thailandia e Vietnam nel Corso di Laurea triennale in Lingue, Culture e Società dell’Asia e dell’Africa Mediterranea.
Unico nel suo genere in tutta Italia, il curriculum “Sud-Est Asiatico” permette a 40 studenti all'anno di studiare la lingua e la cultura di questi due paesi emergenti. Thailandia e Vietnam sono sempre più importanti nel panorama internazionale, non solo dal punto di vista economico ma anche per il panorama culturale, dove stanno emergendo produzioni e artisti di grande rilievo.
Leggi le testimonianze di due studenti che stanno frequentando il curriculum.
Questa regione, meno conosciuta rispetto ad altri vicini più famosi nel continente asiatico, come ad esempio Corea del Sud e Giappone, è estremamente interessante anche per le rivoluzioni e i cambiamenti che la stanno interessando, con i movimenti di protesta non-violenti portati avanti da giovanissimi che stanno stravolgendo l’assetto tradizionale della società. Dalla Milk-Tea Alliance ai gesti presi in prestito da Hunger Games, Millennials e Gen-Z thailandesi stanno sfidando il potere a colpi di “pop culture”.
Giovani, cambiamento culturale e proteste ‘pop’
Thailandia e Myanmar stanno vivendo una fase tumultuosa dal punto di vista politico: nei due paesi del Sud-Est asiatico i movimenti di protesta guidati dai più giovani stanno producendo cambiamenti nella configurazione socio-politica, economica e culturale delle nazioni.
“Ciò che sta accadendo ha pochi precedenti storici nella regione - spiega il prof. Giuseppe Bolotta, ricercatore e docente di Storia e Geopolitica del Sud-Est Asiatico - Grazie alla rete, questa fascia generazionale variegata ha delle opportunità di espressione critica inimmaginabili nelle decadi precedenti. Se prima i portabandiera delle proteste erano gli studenti universitari, ora le rivendicazioni nei confronti del potere vengono spesso portate avanti da ragazzini minorenni, non necessariamente istruiti, ma nonostante ciò in grado di catturare l’attenzione dei media internazionali grazie all’utilizzo di elementi della cultura pop internazionale, simboli presi in prestito da Hollywood o dai manga giapponesi, utilizzati in modo satirico, ma estremamente efficace.”
“Per questi ragazzi - continua Bolotta - l’accesso alla rete è diventato essenziale, non solo per l’organizzazione pratica delle proteste, ma anche per la possibilità di accedere ad un immaginario transnazionale da sfruttare appunto per manifestare dissenso, bypassando il reato di lesa maestà che, ancora oggi, è una minaccia fin troppo reale nella monarchia buddhista Thailandese”
“Ecco che il Re diventa Voldemort, colui che appunto non può essere nominato, mentre i ragazzi riuniti nelle proteste, vestiti da maghetti di Harry Potter, agitano ‘chopsticks’ come bacchette magiche per un incantesimo che possa restituire alla Thailandia un assetto democratico, distruggendo i ‘Mangiamorte’, ovvero i rappresentanti dell’esercito che hanno preso potere con un colpo di stato nel 2014.”
Il ruolo della religione
“La religione svolge un ruolo molto importante nel Sud-Est asiatico, dove coesiste con la modernità - spiega il prof. Edoardo Siani, docente di Lingua Thai ed esperto di religione e letteratura nel Sud-Est asiatico - Nei paesi a maggioranza buddhista, cioè in Myanmar (Birmania), Thailandia, Laos e Cambogia, persone di ogni età frequentano i templi per accumulare karma positivo e assicurarsi un futuro ricco di opportunità. Tanti uomini trascorrono parte delle giovinezza in un monastero come monaci: un rito di passaggio necessario per essere ritenuti maturi e pronti per il matrimonio. Gli stessi grattacieli che disegnano gli skyline delle metropoli sono stati inaugurati in opportune date fornite da astrologi.
“Sempre nelle città, i credenti lasciano offerte ai piedi delle statue disseminate nelle numerose cappelle per assicurarsi il favore degli dei o tenere alla larga gli spiriti maligni. Nelle baraccopoli, lontano dallo sguardo indiscreto dei turisti, uomini e donne di ogni età si propongono come medium facendosi portatori di messaggi che provengono dalle divinità. Chiaramente, ogni persona è libera di scegliere in modo critico e autonomo a quali pratiche religiose prendere parte”
“La religione è estremamente sentita anche dai più giovani, in particolare per la sua capacità di prestarsi a veicolare le cause politiche e sociali. Negli ultimi due anni ad esempio, alcuni gruppi di studenti che hanno partecipato alle varie proteste contro i governi antidemocratici hanno fatto ricorso a pratiche religiose. In Thailandia e Myanmar, giovani manifestanti hanno utilizzato la divinazione per scegliere i giorni più appropriati per protestare, si sono appropriati di simboli di sovranità buddhisti per segnalare le proprie aspirazioni politiche e hanno organizzato riti di stregoneria contro i potenti.”
La comunità LGBTQ+
“Le comunità queer hanno assunto un ruolo di primo piano nell’azione di sbeffeggiamento del potere - ci racconta il prof. Bolotta - in Thailandia sono molto attivi e aggregati alle proteste, contrapponendosi all’ideale machista del militare con il mitra che rappresenta il potere costituito”.
“Nonostante la Thailandia sia immaginata dai turisti stranieri come un paradiso liberale per le comunità queer, dal punto di vista legislativo queste persone non sono ancora tutelate - continua Bolotta - sicuramente, rispetto ad altri contesti di matrice musulmana, la diversità di espressioni è storicamente abbracciata, ma la comunità LGBTQ+ sta rivendicando una copertura anche legislativa rispetto al riconoscimento dei propri diritti”
Nel Sud-Est asiatico, l’espressione queer e la religione trovano anche punti d’incontro, come ci spiega il prof. Siani “I giovani fanno spesso ricorso alla possessione spiritica per rivendicare diritti legati a problematiche gender. Membri della comunità LGBTQ+ scelgono infatti di diventare dei medium al fine di riscontrare una maggiore accettazione sociale: nel contesto della possessione spiritica è permesso che un medium si vesta e assuma le caratteristiche del genere delle divinità di cui si fa portatore. Si tratta di vere e proprie pratiche di transgenderismo che trovano una ragione d'essere nella religione. La possessione spiritica offre anche opportunità di riscatto a donne che si trovano escluse da posizioni di leadership. Dal Vietnam alla Thailandia, queste possono ricavare un ruolo di prestigio all’interno di alcune comunità proponendosi come medium delle divinità più riverite.”
Serie TV, film e musica
Non solo K-Pop e Korean dramas: anche la Thailandia si sta imponendo nel panorama dell’intrattenimento asiatico e internazionale “In Thailandia trovano molto seguito serie televisive prodotte nel paese. - spiega il prof. Siani - Imperdibile è sicuramente Hormones, che ha infranto i tabù relativi alla narrazione della vita dei giovani liceali. Una serie attualmente molto seguita è Girl from Nowhere, che narra di una misteriosa studentessa che passa da un istituto all'altro trasformandosi in una strana e sanguinolenta agente del karma. Questa serie è interessante perché concilia nozioni ortodosse proprie del buddhismo thailandese quali appunto il karma con problematiche di giustizia sociale che sono molto sentite dai giovani. Vorrei inoltre ricordare The Shutter, un film dell’orrore di circa quindici anni fa, riconosciuto internazionalmente come una delle storie di fantasmi migliori mai prodotte per il grande schermo. Gli appassionati di cinema apprezzeranno moltissimo anche Apichatpong, regista indipendente che ha vinto il premio della giuria 2021 a Cannes con il film Memoria, in cui recita Tilda Swinton.”
“Mi sento poi di suggerire alcuni cantanti thailandesi. Il più conosciuto è senz’altro Bird Thongchai, cresciuto in una baraccopoli di Bangkok e attivo a partire dagli anni ’80. Con il suo pop estremamente orecchiabile ha interpretato i vari periodi storici che ha attraversato il paese, dalle speranze e dalle delusioni portate dal boom economico degli anni ’80 fino alle influenze cosmopolite di k-pop e j-pop dell’ultimo decennio.”
“Volgendo lo sguardo alle recenti mobilitazioni politiche studentesche, non si possono non menzionare i Rap Against Dictatorship, un collettivo composto da giovani rapper che propongono canzoni di protesta dai testi esplosivi. Questo gruppo è diventato famoso nel 2018 con una canzone, Prathet Ku Mi (My Country Has), che sfidava la censura criticando senza mezzi termini la giunta militare al governo. Il videoclip, diventato subito virale su Youtube, evocava un massacro perpetrato per mano di forze paramilitari nel 1976, la cui memoria è ritenuta tabù.”