Così la linguistica si prende cura di studenti e malati

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Occuparsi di disabilità in un ateneo significa non solo considerare cosa ‘funziona’ più o meno bene nel fisico e nella mente degli studenti e abbattere barriere, ma anche garantire opportunità di interazione in un contesto adatto all'apprendimento. «Mente, individuo e ambiente sono i tre fattori chiave da considerare per applicare una logica davvero inclusiva», afferma Giulia Bencini, linguista e delegata del rettore per le Iniziative a supporto dell'assistenza, integrazione e benessere delle persone con disabilità (segui il link per saperne di più sul Servizio Disabilità e DSA).

A Ca’ Foscari, in linea con l’ottica bio-psico-sociale proposta dall’Organizzazione mondiale della sanità, accade anche che linguisti specializzati lavorino sui test di inglese e di italiano per cercare di renderli accessibili anche agli studenti che hanno forme di disabilità “invisibili” come i disturbi legati al linguaggio. Succede a Ca’ Foscari non a caso: Venezia è punto di riferimento in Italia nell'applicazione della teoria linguistica alla comprensione dei disturbi del linguaggio e della comunicazione, ovvero le tante (e ancora poco conosciute) forme di afasia, dislessia e sordità.

Ma cosa significa, nella pratica, rendere accessibile un test di lingua? In fondo, la mera semplificazione snaturerebbe la capacità dell’esame di testare le reali competenze del candidato. «Si tratta di ricercare un difficile equilibrio tra livello del test e grado di esclusione», commenta Anna Cardinaletti, già delegata alla disabilità, direttrice del Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati e da tempo impegnata sulla tematica dal punto di vista della linguistica. «Prendiamo ad esempio i test di italiano – aggiunge – nei quali si tende ad enfatizzare il peso dell’ortografia. In questi casi la complessità per un dislessico potrebbe rivelarsi eccessiva in maniera iniqua; l’adattamento basato su una solida teoria linguistica migliorerebbe invece l’accessibilità per tutti».

Proprio sull'accessibilità dei test linguistici d’ingresso all'università si è appena concluso un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e coordinato da Anna Cardinaletti. I ricercatori cafoscarini, in collaborazione con colleghi dell’Università di Bologna, hanno valutato l’accessibilità per dislessici e sordi di prove di inglese e di italiano. Sono stati coinvolti nello studio un centinaio di giovani. Dall'analisi delle loro difficoltà, gli studiosi hanno elaborato un test ‘modello’ che sarà messo a disposizione di tutti gli atenei.

La collaborazione tra atenei funziona anche a livello istituzionale: i delegati delle università del Triveneto da tempo condividono informalmente buone pratiche mettendo in comune esperienze, soluzioni e anche competenze diverse. È in atto una iniziativa per dare vita ad un coordinamento permanente per il Triveneto, al fine di delineare politiche inclusive comuni e portare avanti processi e strategie che permettano di creare contesti accessibili, attenti alle eterogeneità e alle unicità delle persone, ai talenti e ai punti di forza, e alle possibilità di favorire progetti professionali e di vita di qualità.

L’eccellenza cafoscarina nelle scienze del linguaggio, quindi, si integra con le esperienze nell'ambito dell’accessibilità svolte in altri atenei. Proprio a Venezia all'interno del convegno: 2nd EAI International Conference on Smart Objects and Technologies for Social Good (dal 30 novembre al 2 dicembre) si terrà una sessione speciale dal titolo Information and communication technologies for persons with disabilities.

La ricerca  linguistica sulle disabilità riguarda tutte le fasi della vita, studiando disturbi e terapie possibili per i bambini come per gli anziani. “Su interventi linguistici sui bambini guidati dalla teoria linguistica abbiamo già molta esperienza”, spiega Anna Cardinaletti. Per ciò che riguarda gli anziani, con un progetto appena finanziato dal Fondo sociale europeo tramite un bando regionale, i ricercatori cafoscarini sperimenteranno l’uso della lingua dei segni italiana (LIS) nella stimolazione cognitiva di persone con decadimento cognitivo e demenza, ospiti di una casa di soggiorno per anziani.

«L’idea è nata da una tesi di laurea sulla valutazione del linguaggio negli anziani – racconta Giulia Bencini –. L’esperimento ci permetterà di fare nuovi confronti tra popolazioni diverse, approfondire le conoscenze sul decadimento cognitivo e capire quale può essere il ruolo di una lingua come la LIS nel mantenere la stimolazione cognitiva e sostenere quindi il benessere delle persone anziane».

Con l’Irccs San Camillo (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Bencini, Cardinaletti e colleghi studiano l’afasia, cioè la perdita della capacità di produrre o comprendere il linguaggio, nell'ambito di un’attività di ricerca interdisciplinare, che coinvolge anche neuroscienziati dell’Università di Padova. Qui il ruolo del linguista è quello di capire e interpretare le evidenze che emergono dai dati e dalle sperimentazioni. «Ci sono aspetti affascinanti in questo campo in cui molto rimane da comprendere – afferma la ricercatrice cafoscarina – quello che non avviene naturalmente potrebbe essere attivato o riattivato grazie a nuovi modelli riabilitativi». 

Dal 25 al 30 settembre si terrà al San Camillo la conferenza internazionale Science of Aphasia, organizzata dal professor Carlo Semenza dell’Università di Padova, con il patrocinio del Dipartimento di studi linguistici e culturali comparati e di Ca’ Foscari. La conferenza vedrà riuniti linguisti, neuroscienziati, psicologi e logopedisti per una settimana intensiva di lavoro sulla natura dei disturbi del linguaggio e sui diversi approcci linguistici e psicolinguistici alla riabilitazione.

 

Enrico Costa