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Vengeance: tracce di una poetica

Hong Kong

La vicenda e le sue articolazioni sono il pretesto per attestare, attraverso le dinamiche dell'intreccio, una poetica matura e originale, che si consolida intorno ad una forte caratterizzazione dei personaggi, a bizzarri snodi narrativi, o al meccanismo dell'attesa, della preparazione di un evento che sta per esplodere

Si apre alla distribuzione nelle sale italiane il cinema del prolifico regista e produttore hongkonghese Johnnie To, dopo la sua quarta partecipazione al festival di Cannes e dopo aver vinto il Leone Nero al Festival del film Noir nell'arco del 2009 con Vengeance. Torna al gangster, al film sulla triade con il quale ha avuto occasione di esprimere al meglio lo stile e il tono che caratterizza maggiormente la sua produzione: basti pensare a The Mission, Election I e II, Exiled. Ed è proprio con  quest'ultimo che sembra intrattenere alcune analogie a partire dal cast con le figure di  Anthonhy Wong, Lam Suet, e Ka Tung Lam, che rivestono i panni di tre sicari ingaggiati da un boss con il quale finiscono per ribellarsi e scontrarsi in una di quelle sparatorie-duello tanto spettacolari grottesche e ironiche, quanto dilatate e sospese, che determinano un punto di arrivo e confronto nel percorso dei personaggi. Ma qui il protagonista interpretato dalla rockstar francese Johnny Hallyday, anziano killer in cerca di vendetta, che ha assoldato i tre mettendoli inconsapevolmente contro il loro capo, prosegue la sua missione, nonostante la deriva della memoria che gli fa dimenticare lo stesso motivo che ha scatenato il suo desiderio di riscatto.

 

La vicenda e le sue articolazioni sono il pretesto per attestare, attraverso le dinamiche dell'intreccio, una poetica matura e originale, che si consolida intorno ad una forte caratterizzazione dei personaggi, a bizzarri snodi narrativi che risuonano come ironiche e impreviste divagazioni, come strane e fortuite coincidenze, o al meccanismo dell'attesa, della preparazione di un evento che sta per esplodere: il tutto supportato da un impianto formale virtuosistico ed enfatizzante, attraverso la prevalente fluidità dell'inquadratura, le sue plurime angolazioni, l'impiego del ralenti, della colonna sonora e di un découpage teso a sovraccaricare drammaticamente lo svolgimento dell'azione, di un montaggio che accentua l'alternanza dei toni. Infatti il gioco, la componente umoristica, i frammenti di più ampio respiro s'insinuano nel sistema complesso di relazioni narrative che riconducono alla leggerezza e alla logica interpretativa della commedia, altro genere  amato e sperimentato dal regista. Ciò si verifica prevalentemente negli episodi in cui il senso dell'amicizia, della fratellanza, di una salda morale, tende ad incombere e a trascinare i personaggi lungo direttrici alternative, a coinvolgerli in decisioni avverse e inusuali che dirottano il prevedibile flusso degli eventi.

Johnnie To sa benissimo quanto l'incipit del film determini l'attenzione e la partecipazione dello spettatore, ritragga e anticipi l'atmosfera dominante della pellicola attraverso gli elementi di una messa in scena strategicamente pianificata che prepara l'incombente ma imprevisto elemento di disturbo e sorpresa, il punto di svolta narrativo ed emotivo. La tranquilla e domestica situazione familiare viene completamente sovvertita con il suono del campanello, quando il marito non fa in tempo a guardare oltre lo spioncino, che si ritrova perforato da una raffica di proiettili.

L'antefatto della storia si dissolve in una rapida sequenza di immagini ricordo, tasselli di un plurimo omicidio da ricostruire, indizi frammentati e visivamente pregnanti di una drammatica situazione tutta da comprendere e di cui non rimangono testimoni, se non la donna gravemente ferita che fa in tempo a riferire, con superficiali dettagli, generalità al genitore, il quale giunge dall'Europa per indagare sull'accaduto e vendicarla. La distensione descrittiva delle prime inquadrature che esplorano piccoli frammenti di vita ordinaria, viene drasticamente ribaltata in una contrazione di veloci piani statici che operano una sintesi dell'accaduto tramite un'inattesa impennata della tensione narrativa.

Si verificherà successivamente una più ampia delucidazione dei fatti, quando i tre protagonisti ingaggiati dal padre, e in sua compagnia, ispezioneranno il luogo del delitto, in un montaggio alternato che condensa e raccorda le inquadrature delle differenti dimensioni temporali: l'assassinio avvenuto in precedenza per mano dei tre sicari con l'impermeabile, la simulazione a tratti giocosa dei tre gangster ormai alle dipendenze di Costello e lui stesso, che entra in casa dopo l'evento e ritrova tutto abbandonato, lasciato com'era al momento del pranzo e intento a cucinare, da buono chef, per i suoi nuovi ospiti e amici. Particolare marca stilistica, soluzione sintattica dinamica che lavora sull'analogia, sullo scarto e la ripetizione, contrae il tempo lineare fornendo l'illusione di una contiguità nello spazio, assume una funzione espositiva e prelude i futuri scontri.

La tensione psicologica infatti non è tipica dei personaggi che paiono agire al di sopra delle parti, con una naturale indifferenza sottolineata dal sarcastico senso di professionalità, ma è data dall'utilizzo di una scrittura filmica che valorizza i dettagli, dilata il tempo scenico, relaziona gli spazi in vista di un climax che si fa imminente, che magari viene smentito, deviato, o rinviato. La sequenza notturna all'area pic-nic ne è un esempio quando ormai raggiunti alle spalle dal fare minaccioso dei protagonisti, i tre assassini ritrovano improvvisamente le famiglie e lo scontro fra colleghi rivali è da rinviare a dopo la cena. La situazione mantiene la sua ambiguità quando il gioco dei bambini diviene pretesto di uno scambio di parole fra gli astanti, il cibo offerto una parentesi di complicità, per poi esplodere in un duello faccia a faccia nella notte illuminata da una luna intermittente che scandisce le dinamiche della sparatoria. Scontro a fuoco preannunciato e rimandato in seguito alle divagazioni narrative, al contrattempo, costruito secondo un geometrico susseguirsi di dettagli, raccordi di sguardo, campi lunghi, rimati campi e controcampi, dilatati dal ralenti in maniera alternata e ridondante che risultano, nel complesso, pregnanti elementi espressivi di un'estetica iperrealista.

Lenti e fluenti movimenti della macchina, piani fissi e lunghi nei bui corridoi, un montaggio alternato con funzione drammatica, di suspense, i silenzi, i giochi di sguardi, i dettagli e una musica neo-western rendono la scena dell'hotel, il momento del primo incontro fra Costello e i tre, un altro puntuale esempio di stile e di intensità narrativa.

Gli elementi figurativi restituiscono una tensione del noir con una prevalente oscurità contrastata da tinte bluastre, luci di fondo che incorniciano ombre in uno spazio drammatizzato da un effetto di distorsione del grandangolo. Gli espedienti, i trucchi utilizzati dai gangsters per entrare nella stanza della coppia per ucciderla, rimandano d'altra parte al tono giocoso e leggero degno di quei borseggiatori di Sparrow, che celebravano il cinema francese di fine anni cinquanta. Anche gli esterni della città notturna con le insegne luminose, le luci che scorrono riflesse sulla carrozzeria e sui finestrini delle auto rimandano alla citata pellicola che omaggiava, inoltre, la città di Hong Kong.

Il pedinamento della donna che prende l'ascensore, la strategia pianificata di azione simultanea dei tre sicari, l'arrivo di Costello nell'hotel, la calcolata e sofisticata irruzione nella stanza, i colpi di pistola uditi nel corridoio e l'incontro fra i quattro nel silenzio, la dinamica degli sguardi e dei dettagli, dell'attesa e della risoluzione, ruotano ancora intorno alla calibrata articolazione di accenti narrativi e tratti formali che pongono enfasi sullo sviluppo degli eventi, sulla loro attesa e la loro incombenza.

Se il film d'azione e violenza tipicamente hongkonghese pare seguire una stilizzazione condizionata dalla velocità dei fotogrammi, da acrobazie o tagli netti sulle inquadrature, qui è tutto più disteso, valorizzato tematicamente, scomposto e riordinato nella sintassi e nella forma, ma in una poetica comunque molto lontana dal cinema introspettivo e intimistico del collega Wong Kar-Wai. L'elemento ludico, ma anche poetico e surreale svincola l'impiego del ralenti per le sole scene d'azione aprendosi alle divagazioni e inquadra, dilatando anche nel montaggio, la bicicletta che avanza spinta dai colpi di pistola; crea atmosfere sospese come nella bufera di carta straccia, nella desolata e grigia periferia urbana, dove si svolge la battaglia in cui enormi cubi di carta compattata fungono da protezione e ostacolo, come a rievocare i macchinari bellici delle guerre antiche. L'inatteso sacrificio dei protagonisti teso a dirottare la narrazione verso una vendetta che oramai si fa doppia, non può che avvenire secondo un impiego sovvertito di schemi narrativi ed espressivi consolidati, secondo un'alternanza di toni eroici e comici, quando nella sparatoria, si fermano e con disinvoltura si accendono la sigaretta, con una risoluzione della scena che pone fine all'esistenza dei protagonisti e con un uso esasperato del ralenti, mentre procedono nonostante la pioggia di proiettili che li colpisce. Ponendo insomma l'accento su aspetti spettacolari e inverosimili, su forme rituali semantiche ed espressive di un cinema di genere che assumono qui alternative connotazioni estetiche nel costante gioco di simulazione messo in atto.

La vendetta attuata da Costello parte dal gioco, dalla fantasia immaginativa e quindi narrativa di un espediente inconsueto. Sono i bambini che si avvicinano al boss per attaccargli ovunque sulla giacca e sulla cravatta delle bandierine, mentre la complice lo intrattiene a distanza, nel dehors di un bar. Solo e senza troppi ragguagli sfida un esercito di guardie del corpo, colpisce il boss che indossa il giubbotto anti-proiettili, che si libera del suo segno distintivo, gettando la giacca, ma della quale i fori di pallottola serviranno per riconoscerlo quando il rivale dovrà indossarla per essere riconosciuto e giustiziato.

Leggi bizzarre di un universo fatalista e pessimista senza regole determinate, principi di una realtà che si costituisce gradualmente intorno al caso, alla deviazione imprevista, al gioco ironico che si distribuisce su plurimi livelli di lettura: dal modo narrativo, al contemporaneo lavoro sui generi, dalla retorica dell'iperbole, alla caratterizzazione dei personaggi che procede dalla stilizzazione per culminare negli eccessi, nei tratti fortemente distintivi.

Un mondo in cui non esistono fatti secondari, in cui le divagazioni narrative e dell'immaginario assumono l'importanza dell'azione e del fatto eclatante, si integrano nello stratificato sistema di relazioni, fra i personaggi e gli eventi, fra la dinamica e la sospensione del racconto. La fascinazione della tecnica narrativa e delle soluzioni formali viene a costituire un percorso in cui il gusto per i paradossi, l'aspetto ludico, la concentrazione drammatica, rimandano costantemente a quella componente di affabulazione, di finzione spettacolare che contempla in sé una personale tendenza del regista nel valorizzare l'artificio, la consapevole riflessione sul cinema e sui propri mezzi.