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Una musa per Naruse: Hayashi Fumiko (1903-1951)

Giappone

Figura chiave nella storia della letteratura femminile giapponese moderna, Hayashi è famosa soprattutto per i suoi ritratti di donne coraggiose e segnate dal destino, incessantemente impegnate nella lotta per l'affermazione della propria dignità, che non hanno mancato di ispirare molti registi, primo fra tutti Naruse Mikio.

HAYASHI FUMIKO (1903-1951)

Scrittrice dalla vasta e diversa produzione, dal diario alla fiction, alla letteratura per l'infanzia, alla poesia, Hayashi Fumiko è stata una delle figure più amate della scena letteraria fra gli anni '30 e '50. È infatti il 1928 quando le prime puntate del diario poetico Hōrōki (Diario del mio vagabondaggio) apparse sulla rivista femminile Nyōmin geijutsu le guadagnano un'incredibile quanto repentina popolarità. Si tratta di un'opera apertamente autobiografica, un racconto in prima persona dal quale emerge quello che sarà il filo conduttore di tutti i suoi lavori, un'alta coscienza della propria "marginalità". Hayashi si sente quattro volte esclusa: perché donna, perché di bassa estrazione sociale, perché figlia illegittima, perché provinciale. Ma Hōrōki è anche un romanzo di formazione, una testimonianza del coraggio e della forza dell'autrice: il "vagabondaggio" cui fa riferimento il titolo infatti, è un movimento ascendente che si conclude con la realizzazione della protagonista come donna e come scrittrice.
 

Il desiderio di superare il lirismo autoreferenziale - che lei definisce "confusione autobiografica" - la spinge ben presto a esplorare nuove modalità di scrittura, lungo un percorso che si traduce in un arricchimento del suo stile e in approfondimento del suo rapporto con la letteratura. Così nel romanzo Inazuma (Lampi, 1936) l'elemento autobiografico, riconoscibile nell'attenzione rivolta alla vita delle classi umili, viene rielaborato nei termini delle convenzioni naturalistiche. Hayashi dunque si inserisce nella tradizione, già iniziata da Tayama Katai, del romanzo incentrato sulla famiglia, sullo ie, un microcosmo che è nel contempo cellula e simbolo della "società".

Kiyoko, la protagonista, è il prototipo della giovane donna ribelle, concentrata nella ricerca testarda della propria indipendenza e pur tuttavia piena di contraddizioni nel suo rifiuto di adeguarsi al ruolo di moglie o madre all'interno di quello stesso ordine patriarcale in cui rimpiange di non aver potuto vivere come figlia, a causa delle scelte della madre. La sua ricerca è dunque problematica e il suo stesso rifiuto del matrimonio non è rifiuto dell'istituzione, quanto delle pressioni sociali e familiari dalle quali come donna si vede costretta. Il finale è aperto: non c'è più l'ottimismo dei primi lavori, ma nemmeno il pessimismo dell'ultima produzione.

Nel dopoguerra vedono la luce opere importanti tra le quali ricordiamo i racconti Bangiku (Il tardo crisantemo, 1948) e Dauntaun (La periferia, 1949), e i suoi due romanzi forse più noti, Ukigumo (Nubi fluttuanti, 1950) e Meshi (Il pasto, 1951, incompiuto). L'ombra della sconfitta e della distruzione si allunga sulle eroine di Hayashi, ora impegnate nel tentativo coraggioso di sopravvivere alla guerra e di dare un senso alla propria vita: sono tenaci, ma consapevoli del fatto che l'unica via che si apre davanti a loro conduce inevitabilmente all'accettazione delle circostanze.


Particolarmente toccante è la figura di Yukiko, la protagonista di Ukigumo: nel caos dell'immediato dopoguerra intravede la possibilità di liberarsi dalle costrizioni sociali e di realizzare il suo sogno d'amore, ma tutte le sue speranze saranno disilluse. Hayashi scrive alternando il punto di vista della giovane donna con quello del suo amante. Per l'uomo la sconfitta con il conseguente sgretolamento del vecchio ordine sociale significa la perdita del proprio ruolo e quindi della propria identità: per questo lo scopriamo sempre più indeciso, debole, incapace di compiere delle scelte. Per Yukiko invece il collasso delle strutture socio-politiche e il conseguente caos rappresentano una possibilità di fuga dalle costrizioni del sistema stesso, che vuole la donna confinata fra le pareti domestiche. Yukiko si allontana verso l'"esterno", ma il suo viaggio alla ricerca della libertà la conduce sempre più in basso. Quel "vagabondaggio", l'errare che in Hōrōki consente alla protagonista di muoversi al di fuori dei confini della casa e di essere qualcosa di diverso da una moglie e da una madre, qui diventa una corsa verso l'abisso, verso la morte.

Sia la protagonista di Ukigumo che quella di Hōrōki sono figure "dis-locate". Non si riconoscono all'interno dello spazio che la società riserva alle donne, la casa. Per loro quindi il "viaggio" rappresenta la possibilità di una vita al di fuori dell'istituzione del matrimonio. Se però Hōrōki si conclude con la realizzazione della protagonista come donna e come scrittrice, Ukigumo rifiuta l'idea di una "formazione": Yukiko, a differenza della giovane Fumiko, ha perso ogni traccia di autostima, non ha più alcun desiderio di crescere, di diventare qualcuno.

Nel 1949 Hayashi è dolorosamente consapevole del fatto che nel dopoguerra le donne si trovano escluse dal processo di ricostruzione, contrariamente a quanto era accaduto nel periodo prebellico, quando il precipitare stesso del sistema verso il collasso sembrava offrire loro una nuova libertà.

Nota bibliografica
Brown Janice, I Saw a Pale Horse and Selected Poems from Diary of a Vagabond, Ithica, NY, Cornell University East Asian Program, 1997.
Ericson Joan E., Be a Woman. Hayashi Fumiko and Modern Japanese Literature, Honolulu, University of Hawaii Press,1997.
Fessler Susanna, Wandering Heart. The Work and Method of Hayashi Fumiko, New York, State University Press, 1998.

Paola Scrolavezza