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Stamp lover

Cina

Questo film fa parte di quella corrente, all'inizio degli anni ottanta, che tenta di riportare il cinema alla "normalità" dopo un decennio di dittatura dell'immaginario comunista. L'umorismo è piacevole, gli attori discreti e il ritmo spedito, il che spiega in parte il successo che questo film ottenne all'epoca; successo sancito dai numerosi premi statali che ottenne.

STAMP LOVERYou yuan di Sang Hu

Cina, 1985, col
Con: Guo Kaimin, Chen Yanhua, Zhang Min, Wang Suya
 

 

Questo film fa parte di quella corrente, all'inizio degli anni ottanta, che tenta di riportare il cinema alla "normalità" dopo un decennio di dittatura dell'immaginario comunista (v. le opere rivoluzionarie quali East is Red, Red Detachment of Woman, White-Haired Girl, Sister Jiang, The Pioneers, oppure Sparkling Red Star).

I film dei primi anni Ottanta possono essere o estremamente critici nei confronti del partito e delle devastazioni provocate dalla rivoluzione culturale (cfr. l'amarezza e l'odio nei confronti della rivoluzione in River Without Bouys), oppure, come in questo caso, affiggere una normalità serena, come se non fosse successo niente, e si riprendono i temi cari alla cinematografia degli anni Trenta: l'amore tra i giovani, il progresso sociale e industriale, l'educazione (smantellata nel decennio precedente). Se non che l'ottimismo e la spinta in avanti che questi film propongono è già minata alle basi: tutte queste famiglie sono spezzate, dimezzate, orfane: il padre è assente, e la sua misteriosa mancanza non è mai spiegata, il che la rende ancor più eloquente. Nessuno si prende nemmeno la briga di chiedere il perché tutti i giovani sono orfani. Simbolo evidente, ancorché forse un lapsus, dell'assenza di modelli di comportamento per la nuova generazione che si affaccia alla Cina di Deng Xiaoping. Sono film ipocriti, il che è interessante dal punto di vista sociologico, ma molto meno o quasi per nulla dal punto di vista cinematografico: la luce flou, gli sguardi persi nel vuoto, l'insistenza sulla fascinazione per i macchinari, il doppiaggio generoso di gridolini e sospiri: sembrano film composti incollando gli spezzoni narrativi di diversi film porno. Come se non fosse successo nulla presentano la giovinezza entusiasta che si scalda l'animo a colpi di slogan de-politicizzati (la parola "comunista" o "partito" scompaiono dagli schermi che ne hanno fatto overdose), come nei film anni Trenta, come se tutti i decenni successivi semplicemente non fossero passati. Troviamo ancora la visita alla fabbrica con la protagonista che chiede diligentemente "ma questa macchina è cinese?" e orgoglioso l'operaio risponde "certo, e funziona pure molto bene!" (precisazione necessaria, che la dice lunga su tutti i casi di malfunzionamento). Oppure la ragazza, che fa la postina, che porta le sue lettere fin su su al diciannovesimo piano senza ascensore e che decide di imparare la calligrafia che le è così utile per il suo lavoro, e che convince il suo fidanzato, operaio ignorante e fiero d'esserlo, a studiare e a essere ambizioso per se stesso e per il paese.

La storia in breve: la madre di una famiglia benestante legge di nascosto le lettere della figlia e le impedisce con un ricatto morale di raggiungere l'amato in campagna, fino all'ultimo quando si convincerà che è meglio così per tutti, anche perché il ragazzo lavora in una modernissima latteria che produce a più non posso. Il figlio, operaio scansafatiche e illetterato, si innamora di una postina saggia che rifiuta la sua corte finché lui non decide di studiare.

L'umorismo è piacevole, gli attori discreti e il ritmo spedito, il che spiega in parte il successo che questo film ottenne all'epoca; successo sancito dai numerosi premi statali che ottenne.

Corrado Neri