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Manabe Hiroshi: la follia delle parti

Giappone

Componente del gruppo polemico "Il gruppo dei tre animatori" fondato nel 1958, Manabe Hiroshi spaziò da un'animazione astratta a una figurazione tradizionale, mostrando nei suoi lavori una continua ricerca di sperimentazioni sempre più audaci.

MANABE HIROSHI

Rispetto al lavoro del collega Yanagihara Ryōhei, quello di Manabe Hiroshi, all'interno dell'Animēshon sannin no kai (Il gruppo dei tre animatori), è certamente più complesso e completo. I suoi film spaziano da un'animazione basata su una figurazione tradizionale a lavori di animazione astratta. Il suo primo film fu Umi no yuki del 1960, un lavoro concepito inizialmente per costituire lo sfondo scenico di uno spettacolo teatrale. L'intento fu duplice: da una parte Manabe fece un esperimento propriamente tecnico scegliendo di far scorrere sotto la macchina da presa i singoli disegni anziché filmarli e assemblarli in fase di montaggio; dall'altra, essendo il film in bianco e nero, venne sfruttata la naturale luminosità e il riflesso delle immagini per creare l'illuminazione dello spettacolo stesso. Già in questo film, Manabe, al contrario di Yanagihara, dimostra di privilegiare le strutture narrative discontinue, con forti tendenze all'astrattismo e all'uso delle metamorfosi che probabilmente gli derivano dalle influenze surrealiste.

Nel film presentato nel 1962 Shine poemu n°1, il carattere di "sperimentazione" dei suoi lavori diventa ancora più evidente. Qui l'immagine di una donna viene filtrata attraverso un caleidoscopio, filmata e riprodotta in accelerazione fino a visualizzare l'esplosione del corpo in pezzi, per essere infine riassemblato. Attraverso questo procedimento, le mani, i piedi e le espressioni facciali della donna assumono movimenti innaturali, ciascuno indipendente dall'altro. Le diverse parti del corpo scomposte, nell'idea dell'animatore, vivono di vita propria come altrettanti corpi soggetti indifferentemente alla pazzia. E attraverso la pazzia delle parti, Manabe esprime l'irrealtà dell'essere umano, sottolineata peraltro anche dall'uso frequente di metamorfosi.

I film successivi di Manabe confermarono l'interesse dell'artista per gli esperimenti tecnici applicati a opere i cui contenuti mirano a visualizzare la percezione umana della dimensione spaziale o temporale.(es. Jikan,march). Il film forse meglio riuscito in questo senso è il Sensuikan Cashiopea del 1964. L'idea di Manabe era di creare un'animazione che evocasse "l'acqua". Questo lavoro è un misto fra cinema dal vero e disegni; Manabe utilizza la tecnica del cut-out su sfondi rossi e, come elemento unificatore e costante del film, il riflesso. Tutte le immagini finiscono per trasformarsi in bolle d'acqua che si riflettono l'una nell'altra insieme a tutti gli elementi che appaiono nel film. Le bolle, sfere trasparenti, si deformano ma non si rompono, inglobano ed espellono qualsiasi cosa, sembrano diventare esse stesse la visualizzazione dell'idea della metamorfosi.

Gli esperimenti tecnici di Manabe Hiroshi, fortemente influenzato dal Surrealismo, diventano il mezzo per unire idealmente il pensiero metamorfosato nel suo divenire immagine, con la percezione densa di aspettativa di coloro che recepiscono questo messaggio. Ne nasce, nell'intenzione dell'animatore, un metalinguaggio portatore di sensazioni comuni e facilmente identificabili. Anche Manabe Hiroshi, come il collega Yanagihara Ryōhei, interruppe la sua attività di animatore nel 1966 per dedicarsi alla pittura.

Filmografia
1960 Umi no yuki (Neve marina)
1962 Shine poemu N.1 (Cine poem 1, 16mm, b/n)
1963 Jikan (Tempo, 35mm, b/n, 1min)
1963 March (id, 35mm, 1min)
1964 Sensuikan Cashiopea (Il sottomarino Cassiopea, 16mm, 3min)
1966 Tsuiseki (La ricerca, 35mm, 2min)

Bibliografia
Sac Journal, catalogo del festival del Sōgetsu Kaikan di Tōkyō,Tōkyō,1960

Monica Cavalieri