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Majo no takkyūbin (Kiki, consegne a domicilio)

Giappone

La vita di Kiki è quella di molte giovani ragazze giapponesi, amate e aiutate economicamente dalla loro famiglia ma che sognano le luci della città e che stanno per recarvisi e diventare indipendenti.

 

Gli incassi della proiezione abbinata di Tonari no Totoro e Hotaru no haka non sono alti quanto lo Studio sperava durante la loro lavorazione. Risultato, questo, dovuto in parte al fatto che i film non vengono distribuiti nelle sale giapponesi nel periodo estivo, durante il quale la maggior parte dei giapponesi si reca più frequentemente al cinema. Tuttavia, ricevono ampi consensi di critica per l’alto livello qualitativo del lavoro.

 

Le sorti dello Studio sembrano in pericolo per l’impossibilità di coprire tutti i costi sostenuti, ma grazie a Totoro, vincitore di numerosi premi, e soprattutto al suo merchandise, tutte le spese vengono coperte e può continuare la produzione di lungometraggi.

Gli alti incassi ottenuti dalla vendita dei giocattoli di Totoro sorprendono non poco i responsabili dello Studio Ghibli, in quanto, vengono immessi sul mercato ben due anni dopo l’uscita del lungometraggio e non erano stati certamente creati per promuoverne la visione. Alla fine, grazie alla vendita dei gadget, è possibile per lo Studio Ghibli continuare a coprire, in più di un’occasione, i deficit dovuti ai costi di produzione. È così che Totoro viene adottato addirittura come logo della società. Successivamente, viene istituito un reparto incaricato di promuovere la vendita del  merchandise, senza che questo vada a cambiare l’obiettivo primario dello Studio: la produzione di film di qualità. 

 

Nel 1989 esce nelle sale giapponesi Majo no takkyūbin  (Kiki, consegne a domicilio), adattamento dell’omonimo libro per l’infanzia scritto da Kadono Eiko . Il film riscuote un enorme successo e diventa uno delle pellicole più viste in quell’anno: Kiki, in effetti, supera di gran lunga tutti gli altri lungometraggi dello Studio Ghibli, sia per le critiche positive ricevute, sia per gli incassi.

 

È la storia di una ragazzina di tredici anni che ha ereditato dei poteri magici dalla madre strega. È regola per una strega, raggiunti i tredici anni, lasciare la casa dei genitori per cercare una città in cui farsi una propria vita. Così Kiki parte, insieme al suo gatto nero Jiji, in una serena notte di luna piena, alla ricerca di una città dove non ci siano già altre streghe. Kiki è una ragazzina aperta e socievole e quando lascia la casa dei suoi genitori lo fa piena di speranze e senza troppe preoccupazioni. Si rende conto presto che non è così facile vivere lontano da casa, ma il suo entusiasmo, la sua gentilezza e le buone maniere la aiutano a farsi dei nuovi amici. Al contrario di altre maghe, Kiki al momento non possiede poteri particolari, se non la sua capacità di volare sulla sua scopa. È  per questo che, dopo aver deciso di fermarsi nella città portuale di Koriko, istituisce un servizio di consegne a domicilio. Appena arrivata incontra Tombo, un ragazzino immediatamente affascinato dalla capacità di volare di Kiki. Nonostante un’iniziale freddezza di lei nei suoi confronti, i due diventano presto buoni amici.

 

Tombo, appassionato di volo, è una ragazzino esuberante, intelligente e determinato e sogna da sempre di volare. Tanto che, insieme agli amici, costruisce un ultraleggero a pedali. È in parte anche per questa passione che si sente attratto da Kiki, e a questo si aggiunge il ricordo della nonna, strega anche lei.

 

Osono è la signora che aiuta Kiki appena arrivata in città. Proprietaria di un forno insieme al marito, affitta a Kiki una stanza e le permette di usare il panificio per pubblicizzare il suo servizio di consegne a domicilio. Osono, una donna calorosa e aperta, sta aspettando il suo primo bambino e, forse per questo suo stato, riversa su Kiki il suo senso di maternità cercando di aiutarla nei momenti difficili. Suo marito è un uomo dall’apparenza burbera, ma in realtà dal cuore d’oro, che si affeziona subito a Kiki.

 

Ursula, incontrata da Kiki durante una delle sue consegne, è una ragazza di diciotto anni che vive sola in una casetta in mezzo ad una foresta. È una pittrice di talento e si cimenta in vari stili. Trova ispirazione in Kiki e la usa come modella per uno dei suoi quadri. L’opera realizzata da Ursula, La nave che vola sull’arcobaleno , aiuta Kiki a ritrovare fiducia in se stessa in un momento di grande difficoltà per lei: perduti i suoi poteri, non può più volare e non riesce più a comunicare con il suo gatto Jiji.

 

 

In un primo momento, i cambiamenti apportati da Miyazaki alla storia originale non vengono accettati dall’autrice, la quale però, una volta visti i primi bozzetti dei disegni, accetta di buon grado la “nuova versione” del suo racconto.

 

Miyazaki vuole “mettere alla prova” la piccola Kiki, inserendo nella storia la perdita dei suoi poteri. In questo modo egli rappresenta le difficoltà che anche le giovani giapponesi incontrano per conquistare la propria libertà e indipendenza:

 

Nella vita di Kiki possiamo vedere riflessa quella di molte giovani ragazze giapponesi, amate e aiutate economicamente dalla loro famiglia ma che sognano le luci della città e che stanno per recarvisi e diventare indipendenti. Anche la debolezza della sua determinazione e la profondità della sua comprensione si riflettono nei giovani di oggi. [...]

 

In un’epoca in cui lasciare la sicurezza che la famiglia ci dà non rappresenta più niente di particolare e vivere tra gli stranieri non significa altro che recarci al supermercato per tutto quello che ci serve, può essere ancora più difficile che in precedenza provare un reale senso di indipendenza quando attraversi il processo di scoperta delle tue abilità e dell’espressione di te stesso. 

 

Kiki riacquista i suoi poteri solo alla fine del film, quando dimostra di sapersela cavare da sola, di saper reagire di fronte agli imprevisti della vita, quando capisce che è molto importante la fiducia in se stessi, anche nei momenti in cui si pensa di essere inutili o di non saper far nulla. Il fatto che, nonostante la riacquisizione dei poteri, non possa più parlare con Jiji rappresenta la sua effettiva crescita. Jiji è legato all’infanzia di Kiki, sono cresciuti insieme ed è per questo che si comprendono a vicenda, e quando ognuno dei due raggiunge la propria indipendenza non è più possibile per loro comunicare come prima. Questo non significa però la perdita del loro rapporto, si tratta semplicemente dell’evoluzione di un legame che resterà sempre speciale.

 

Miyazaki ci dà un’immagine della città in cui va a vivere Kiki che, per l’ennesima volta, rappresenta il suo amore per l’Europa. Koriko, infatti, è il risultato della fusione di elementi di diverse città: Napoli, Parigi, Lisbona, Amsterdam, Stoccolma e anche S. Francisco. Ma di ispirazione a Miyazaki è stata in particolare Stoccolma, ove il regista si reca, accompagnato dallo staff, per effettuarvi dei sopralluoghi.

 

Non è semplice riuscire a dare una datazione al periodo in cui si svolge la storia, poiché Koriko rappresenta il prototipo della città ideale, situata in una Europa in cui, per Miyazaki, la Seconda Guerra Mondiale non ha ancora avuto luogo. Alcuni elementi dell’architettura possono far pensare agli anni sessanta-settanta, ma vi sono anche palazzi dal sapore settecentesco, le autovetture ricordano quelle degli anni quaranta e le televisioni sono in bianco e nero. Inoltre, anche in questo film, Miyazaki inserisce un dirigibile, protagonista di un incidente durante il quale Kiki, per salvare Tombo, rientra in possesso dei suoi poteri.


Vi è un altra caratteristica prettamente europea: la figura della strega. Miyazaki assolve però la strega da qualsiasi implicazione diabolica, per riportarla integralmente alla sua matrice storico-etnica di guaritrice , epitomizzata dalla madre Kiki, specializzata nella preparazione di medicine con erbe officinali. In questa versione decisamente positiva della stregoneria, anche la classica scopa da strega in saggina viene purificata della sua valenza negativa. In Europa esistono diverse interpretazioni: può essere considerata un simbolo fallico, lo strumento di contatto tra il sacro e il profano o un segno supremo di potenza mistica. 

 

 

Per Miyazaki la scopa non è altro che il mezzo con cui Kiki si sposta e con cui può lavorare e rendersi autonoma.

 

Grazie alla capacità di Miyazaki di saper ogni volta fondere elementi ed ispirazioni sempre diverse, Kiki risulta essere un vero successo, ma, dietro a questo, si presenta anche un grosso problema: cosa fare dello Studio Ghibli e come dirigerlo. In particolare in riferimento ai termini di assunzione e formazione dello staff: nel mondo dell’animazione giapponese è normale essere pagati in base a quanti disegni si è in grado di disegnare o dipingere. Nel caso di Kiki, anche la Ghibli utilizza questo metodo per retribuire i suoi dipendenti. Quindi, lo staff risulta sottopagato, in quanto riceve circa la metà di uno stipendio medio in Giappone. Miyazaki, convinto dell’importanza del mantenimento di una solida organizzazione, dall’avere dipendenti a tempo pieno per poter organizzare un miglior sistema di sviluppo dello staff, propone di introdurre condizioni di lavoro a tempo pieno, con un sistema salariale fissato sul doppio della retribuzione percepita per Kiki, e, infine, di reclutare uno staff regolare, occupandosi anche della sua formazione.