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Le emozioni limite - Conversazione con Ishii Sōgo

Giappone

Ishii Sōgo parla di Tenshi no kuzu, dei suoi dieci anni d'inattività registica e degli obiettivi formali e spirituali che si prefigge di raggiungere nei suoi film.

LE EMOZIONI LIMITE Conversazione con Ishii Sogo

Come è nato economicamente Tenshi no kuzu?
Questo è un film low-budget. Dal punto di vista produttivo non si tratta affatto di un grande sforzo economico. L'investimento finanziario è stato estremamente contenuto, rispetto al tipo di film che ne è risultato. In ogni caso l'idea originale non è mia: non si trattava affatto di uno di quei film che sognavo ardentemente di realizzare. Il progetto iniziale è della casa di produzione. Recentemente in Giappone c'è stato un grosso dibattito a proposito della manipolazione del cervello attraverso messaggi più o meno subliminali e ci sono stati anche alcuni fatti di cronaca che hanno focalizzato l'attenzione dell'opinione pubblica. Dunque, la produzione aveva intenzione di realizzare un film che fosse costruito attorno a questi elementi e che avesse una protagonista femminile. È a questo punto che il produttore si è rivolto a me. Ho accettato di fare questo film perché mi hanno detto che se riuscivo a tenere il budget sotto i 100 milioni di yen (un milione di dollari circa) avrei avuto la massima libertà.
 

 

 

La condizione dell'interprete femminile è dipesa dal successo planetario de Il silenzio degli innocenti o da fattori esterni a questa considerazione?
La vostra osservazione può senz'altro essere uno dei motivi. In realtà il motivo principale è che oggi il pubblico cinematografico giapponese medio è femminile. La stragrande maggioranza degli spettatori sono donne. Quindi alle case di produzione interessano le donne protagoniste, in modo tale che il pubblico femminile possa identificarsi più agevolmente con i personaggi dei film.

Come si colloca il tuo film rispetto al mercato giapponese?
La prima considerazione da fare è che in Giappone le case di produzione guadagnano soprattutto attraverso i profitti derivanti dal mercato delle videocassette. Qualunque film, anche di successo, vive in funzione del lancio nelle videoteche. Appena terminato lo sfruttamento in sala del film vengono distribuite le videocassette a noleggio. Ma se un film dura più di un mese, allora il lancio nelle videoteche avviene in contemporanea. Il mio film nasce idealmente come prodotto commerciale e la sua uscita nelle sale è stata soprattutto in funzione del successivo sfruttamento in video. Tenete presente inoltre che Minami Kaho, la protagonista, è una popolare showgirl in Giappone.

Nei tuoi film c'è un'attenzione particolare ai modi di messinscena della suspence; delle diverse forme di suspence...
La mia idea di suspence è più simile ad un fenomeno spirituale particolarmente intenso, che all'idea tradizionale che se ne ha in occidente. Comunque c'è nei miei film un tentativo consapevole di catturare l'attenzione dello spettatore. Per fare questo mi sforzo più che altro di identificare un ritmo. Un film è come una canzone e quindi deve mantenere con equilibrio un ritmo che catturi costantemente l'attenzione dello spettatore.

Il tuo è generalmente un cinema molto vertiginoso - pensiamo a Shuffle - mentre Tenshi no kuzu è un lavoro geometrico, controllato, nel quale la vertigine si sposta all'interno delle inquadrature. Esiste quindi una continuità espressiva nel tuo cinema che ti spinge a lavorare in determinate direzioni?
La vostra domanda riguarda molto da vicino l'idea stessa che ho del cinema. Quello che ricerco con i miei film, e che voi percepite come una specie di suspence, sono le emozioni limite e l'effetto che queste hanno sull'animo umano che è una cosa che ho inseguito attraverso tutti i miei film. Ho tentato di identificare delle reazioni che avrebbero potuto essere il frutto di emozioni estreme provate da individui comuni in circostanze più o meno straordinarie. Generalmente cerco di esporre delle situazioni 'normali' a delle emozioni particolarmente violente, tentando di studiarne le reazioni. A questo proposito ho nel cassetto una decina di script che non sono mai riuscito a realizzare per un cronico problema di mancanza di soldi. Ritengo quindi che in questa mia personale ricerca non sto facendo altro che muovere i primi passi. Il mio desiderio sarebbe, soldi permettendo, di radicalizzare i presupposti di un film come Tenshi no kuzu. Si tratta insomma del mio modo di parlare di cose che ci riguardano molto da vicino come l'anima, l'amore, i sentimenti...

In Tenshi no kuzu la spiritualità che rivendichi vive a contatto con un mondo totalmente geometrico, dominato dalle superfici. E ciò nonostante essa emerge, ponendosi in una situazione di conflitto/seduzione con un'organizzazione glaciale e razionale degli spazi. Il risultato ci sembra essere una prepotente fisicità dell'inorganico assolutamente sconcertante.
Ho trascorso questi ultimi dieci anni tentando inutilmente di realizzare dei film. Questo significa che mi sono trovato ad affrontare tutta una serie di mutamenti nel mio modo di rapportarmi al cinema. Quello cui vi riferite lo si può considerare il punto d'approdo di questi dieci anni di inattività. In passato era mia abitudine attaccare sempre frontalmente le situazioni. Per esempio non accettavo assolutamente nessun tipo di compromesso riguardante il mio modo di girare determinate scene. Tutti i problemi che ho avuto negli ultimi dieci anni mi hanno invece spinto a modificare il mio atteggiamento verso il cinema e la vita. Ho iniziato a modificare il mio modo di lavorare, mettendo da parte certi schematismi e accettando sempre più spesso le suggestioni e i suggerimenti che provenivano da una determinata scena o situazione. Per quanto riguarda Tenshi no kuzu il risultato è stato che, rinunciando a certi atteggiamenti da guerriero che deve ottenere a tutti i costi ciò che si è prefisso, ho sviluppato questo equilibrio così particolare tra il mio nuovo modo di pormi nei confronti del cinema e le esigenze della produzione. Mi rendo conto che si tratta di un modo estremamente giapponese di spiegare le cose, ma la pulizia di determinate inquadrature, il rigore di cui mi parlate è una cosa che ho conquistato con fatica in dieci anni di inattività.

Ma dalla tua filmografia risultano moltissimi titoli realizzati durante tutti gli anni Ottanta che sembrano contraddire le tue affermazioni.
Si tratta di lavori senza importanza, in genere cortometraggi e video musicali che ho realizzato come forma di allenamento e che comunque sono lontani da ciò che desideravo e desidero realizzare.

Tenshi no kuzu è anche un film inquietantemente erotico...tra l'altro è estremamente tattile. Inoltre ci è sembrato che intorno ai corpi dei protagonisti vi fossero come delle aure che fanno sì che il film venga come attraversato da scariche erotiche sotterranee che si rifrangono sulle superfici onnipresenti del film.
Il vostro riferimento alle correnti erotiche mi fa estremamente piacere perché si tratta di un risultato che ho tentato di ottenere consapevolmente. D'altro canto spiegare razionalmente come l'ho ottenuto è per me praticamente impossibile. Non posso fare altro che ripetervi che anche questo è il risultato dei dieci anni in cui praticamente non ho lavorato. Diciamo che in passato esercitavo la regia come controllo. Progressivamente ho modificato questo mio atteggiamento e più che a controllare tendevo a lasciarmi coinvolgere dal film. E' come se il film curasse la regia di me stesso, mentre io lo mettevo in scena. Forse deriva da questo mio coinvolgimento profondo quella sensazione di fisicità, che si scontra con la geometria delle forme che è il lavoro di regia vero e proprio.

Il tuo uso della macchina da presa è sempre in funzione di una moralità del linguaggio cinematografico e scopre in continuazione porzioni di spazio e/o movimenti di corpi. Vi è poi l'uso della sospensione del sonoro in determinati momenti che funziona come se il film, attraverso un uso così controllato della macchina da presa, trasmettesse allo spettatore i suoi ritmi biologici.
Siete stati dei buoni spettatori (sorride impercettibilmente, ndr). La prima risposta che mi viene in mente è che vorrei fortemente che vedeste il mio prossimo film. Sono estremamente gratificato dall'affetto che avete manifestato al mio film. Mi dispiace di non poter essere più esauriente. Posso però provare a raccontarvi lo spunto del mio prossimo lavoro. È la storia, per sommi capi, di una tuffatrice che attraverso la sua attività sportiva, attraverso i ritmi di questa, finisce lentamente per penetrare in un'altra dimensione. Tenterò insomma di approfondire quegli elementi che in Tenshi no kuzu mi hanno maggiormente emozionato.

Giuseppe Gariazzo e Giona A. Nazzaro