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La morbida sensualità delle superfci - Il cinema di Ishii Sōgo

Giappone

Nel cinema di Ishii Sōgo emerge un'intensa volontà di sovversione dei generi precostituiti. Una peculiare cifra stilistica di Ishii è l'esplorazione delle superfici intesa come ricerca spirituale, come espressione, allo stesso tempo, di malessere e di erotismo.

LA MORBIDA SENSUALITÀ DELLE SUPERFICI Il cinema di Ishii Sogo

 

 

Ishii Sogo, 38 anni, studi alla Nippon University, con specializzazione in cinema e successiva filmografia 'incredibile', è tornato a Torino, in quel Festival Cinema Giovani che lo scoprì all'inizio degli anni Ottanta. Il suo film più recente, Tenshi no kuzu (Polvere d'angelo, 1994), è stato il capolavoro del Festival. Ma non gli hanno neppure dato un premio. Poco importa. Le immagini hard, create da questo piccolo giapponese così impenetrabile, non hanno bisogno di premi per esistere, per lasciarsi amare, per fare male. Anche se non sono facilmente digeribili, perché mettono a disagio. Tenshi no kuzu è un concentrato di cinema dilatato e sospeso nel tempo e nello spazio. Un pugno negli occhi. Un'emozione erotica raggelata. Una vertigine tutta interna alle immagini, implosa, che si sovrappone a quella altrettanto istintiva (ma straordinariamente fatta esplodere), rintracciabile in alcune opere realizzate da Ishii negli anni Ottanta. La vertigine è il segno di una precisa continuità espressiva, filosofica, morale. Ishii esplora le superfici con morbida sensualità. Ma dopo averle fatte a pezzi, sventrate o percorse a gran velocità. Fino all'ultimo respiro.

 

 

 

Ishii ha esplorato le superfici fin dagli inizi della sua carriera. Come si vide nel 1981, quando Cinema Giovani mostrò il suo mediometraggio Shuffle. Prima però il regista giapponese di Hakata aveva già realizzato altri lavori, rifilmando in 35mm il suo film d'esordio in Super 8, Koko dai panic (Panico a scuola, 1976). Superfici da riguardare. A distanza di tempo. Shuffle è la vertigine-panico. Gyakufunsha-kakozu (Una famiglia di pazzi, 1984) è la vertigine-commedia. Einsturzende Neubauten 1/2 Mensch (1985) è la vertigine-rumore. E Tenshi no kuzu è la vertigine-tuffo. Sono stati di vertigine che si inseguono e si ritrovano, presentandosi in forme diverse, ma esprimendo sempre quell'ansietà, quel terrore, quelle atmosfere di malessere, identificabili costantemente nell'opera di Ishii. Questi, quando filma con movimenti nervosi e instabili la fuga del giovane protagonista di Shuffle (ha ucciso la sua donna e sta correndo per non farsi beccare dalla polizia), già lascia intravedere le sospensioni dell'anima di Tenshi no kuzu. Mentre, quando filma l'esperienza di una famiglia appena entrata in possesso di una nuova casa (in Gyakufunsha-kakozu un padre di famiglia, di fronte all'arrivo dell'anziano genitore, si sente aggredito nei suoi spazi e inizia la folle impresa di sventrare, pezzo per pezzo, la casa con un perforatore pneumatico), già apre spiragli verso il suo film successivo, il 'documentario' sul gruppo tedesco degli Einsturzende Neubauten, seguiti durante una loro tournée in Giappone, pronti a lacerare, modificare, elaborare altre superfici con instancabili martelli pneumatici. Superfici da avvicinare e da fare esplodere/implodere. Trasformando il "documentario" sui Neubauten in una vertigine della finzione e del rumore-suono fatto immagine. A proposito di Gyakufunsha-kakozu Ishii ebbe a dire: "Avevo intenzione di girare uno slapstick come un documentario". Dunque, lontano dalla centralità dei generi. Dentro l'anima del cinema. La citazione (nei film di Ishii si cita tantissimo) è spesso talmente evidente che serve non per appesantire linguaggi ma per aprire ulteriori linee dello sguardo, facendosi elemento fluido e sensuale della visione.

 

 

Ishii sovverte la limitazione dei generi: il thriller, la commedia, il documentario... Li rielabora con affetto, con passione, con precisione chirurgica. Tenshi no kuzu è un nuovo capitolo nella filmografia di questo autore, che continua a ripetere, durante la conversazione effettuata a Torino durante le giornate di Cinema Giovani 1994, che negli ultimi dieci anni non ha praticamente fatto cinema. O se ha fatto, come ha fatto, delle cose, sono state cose "senza importanza". Sarebbe utile vederle, conoscerle, perché nei brevi cenni di Ishii esse promettono sorprese e brividi. Prima di Tenshi no kuzu, un thriller che si espande nei territori del controllo della mente, mettendo in scena, in una Tokyo ultramoderna, un duello fra un serial killer e una psicanalista, ci sono incursioni con formati e durate differenti in altre zone culturali e in altri fenomeni sociali o in contesti più personali. Ishii ha esplorato la fantascienza, il cyberpunk ma anche (nel cortometraggio Shiatsu Oja) i massaggi shiatsu. Cose "senza importanza", dice Ishii. Ma anche argomenti rintracciabili in Tenshi no kuzu, che elabora percorsi nei quali si intrecciano culture e spazi dell'immagine.

Tenshi no kuzu esplora il vuoto, rende visibile lo stress, espone a rilassatezze e tensioni improvvise i nervi e gli occhi, è un lungo massaggio sulle superfici, sui corpi sospesi e segnati, con precisione, dal tempo. Sui monitor che rimandano corpi imprigionati, torturati, ingabbiati, si visualizza il tempo, il giorno e l'ora della registrazione di quegli esperimenti, compiuti in una clinica isolata, raggiungibile solo attraversando, proprio con la sensazione di un tuffo, lo spazio che divide quel luogo dagli altri, affollati, della metropoli. È un tempo che si riavvolge, avanti/indietro, si sgancia e riequilibra. Un tempo nel quale le superfici e i corpi vengono sezionate non più da martelli pneumatici, ma da protuberanze silenziose come gli aghi delle siringhe. Come loro, i flash di luce penetrano gli occhi, sono taglienti come rasoi, evocano altre immagini, creano cortocircuiti mentali. Le immagini producono senso e si riflettono sulle superfici. C'è una calma di inquietante sensualità in Tenshi no kuzu, fra quelle luci multiformi che rendono impazzito/immobile il corpo della città, in una ricchezza inconsueta di citazioni e rimandi a film di questo finesecolo. Si potrebbero elencare titoli, riferimenti, sguardi rubati/amati altrove. Ma non crediamo farebbe piacere a Ishii. Uno dei motivi per cui Tenshi no kuzu è un capolavoro (e per cui l'opera di Ishii costituisce un fondamentale punto di riferimento per le arti visive contemporanee) è proprio perché espone ai sensi la contaminazione massima, la citazione più diffusa. E la supera, la rende sguardo nuovo. E lascia in chi guarda il piacere del ritrovamento. Alla ricerca di un'immagine primaria. Dell'anima.

Giuseppe Gariazzo e Giona A. Nazzaro