Il termine "opere modello" si riferisce alle opere teatrali prodotte durante il decennio della Rivoluzione Culturale, che rappresentano il culmine del processo di riforma e popolarizzazione delle arti performative intrapreso dal Partito Comunista Cinese (PCC) sin dagli anni quaranta.
IL TEATRO RIVOLUZIONARIO E LE OPERE MODELLOGEMING YANGBAN XI
Il termine "opere modello" si riferisce alle opere teatrali prodotte durante il decennio della Rivoluzione Culturale, che rappresentano il culmine del processo di riforma e popolarizzazione delle arti performative intrapreso dal Partito Comunista Cinese (PCC) sin dagli anni quaranta. La riforma del teatro tradizionale, in realtà, non inizia con l'avvento del Comunismo. Sin dall'epoca tardo-Qing e dalla fondazione della Repubblica nel 1911, e soprattutto dopo il Movimento del Quattro Maggio 1919 con l'introduzione della prosa occidentale (huaju), numerosi intellettuali e artisti, tra cui Wang Xiaonong, Mei Lanfang e Qi Rushan, iniziano a promuovere un processo di riforma volto alla modernizzazione del repertorio classico (gailiang yundong). La riforma riguarda sia aspetti formali che contenutistici: vengono abolite alcune tecniche tradizionali e introdotti nuovi strumenti musicali, costumi e scenografie. Dal punto di vista contenutistico, invece, le opere di nuova composizione si concentrano su temi sociali e patriottici ed eventi contemporanei. Dopo l'insediamento del PCC a Yan'an nel 1936, questo processo si intensifica ulteriormente, specialmente dopo il 1942, l'anno dei discorsi di Mao sull'arte e la letteratura, e la fondazione dell'Accademia Artistica "Lu Xun" (Lu Xun yishu xueyuan). Le arti visive e dello spettacolo (teatro, danza, canti) sono infatti considerate sin dagli inizi uno dei più efficaci mezzi di diffusione di idee rivoluzionarie e di educazione delle masse, in maggioranza analfabete. Un'attenzione particolare è rivolta alla riforma delle forme tradizionali popolari, ritenute più familiari e comprensibili alla popolazione rispetto al teatro di prosa di importazione occidentale. Uno dei primi stili popolari ad essere "epurato" da ogni contenuto "feudale" e rinnovato in chiave propagandistica è lo yangge, una serie di canti collettivi e danze propiziatorie per la semina del riso originarie dello Shaanxi, che risalgono probabilmente alla dinastia Song. Allo stesso tempo, si sviluppa un tipo di teatro collettivo e amatoriale con contenuti rivoluzionari ed anti-imperialisti creato, secondo i principi di Mao, da e per le masse. Dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (RPC) nel 1949, le riforme vengono intensificate attraverso numerosi festival e forum sulla produzione teatrale. L'intero repertorio tradizionale viene revisionato ed epurato da ogni contenuto o forma di tipo reazionario, feudale, supersizioso o decadente, ad esempio la tecnica del qiao, l'imitazione dell'andatura delle donne coi piedi fasciati, le scene di violenza, le apparizioni di fantasmi ed entità sorannaturali, le storie amorose di imperatori e concubine, ecc. Le opere censurate sono presto rimpiazzate da nuove versioni "rettificate", o da testi di nuova composizione a tema contemporaneo e con eroi popolari. L'inasprimento della riforma del teatro classico porta ad un progressivo declino in termini di qualità artistica, con l'eccezione di un breve revival di vecchie opere durante la Campagna dei Cento Fiori (1957). Al fine di elevare gli standard e attirare spettatori, nel 1959/60 il Ministero della Cultura, con lo slogan "Camminare su due gambe", propone una combinazione di opere di nuova composizione e opere storiche appartenenti al repertorio tradizionale. Negli anni immediatamente successivi, inoltre, la leadership allenta il proprio controllo sulle arti. Nel 1961 Wu Han scrive La destituzione di Hai Rui (Hai Rui baguan), e nel 1962 il Partito inizia ad enfatizzare la centralità del principio della lotta di classe, mentre le teorie artistiche e letterarie della Sinistra radicale cominciano gradualmente a prevalere. Nel 1963 Jiang Qing, moglie di Mao Zedong ed ex attrice col nome d'arte di Lan Ping, pubblica una circolare sul Wenhui bao in cui denuncia tutte le "opere fantasma" (guixi) e le "erbe velenose" (ducao) che infestano il campo della produzione culturale proletaria. Con questi termini, in realtà, Madame Mao si riferisce a tutte le opere composte prima del 1949 che trattano tematiche relative al passato, o comunque non strettamente politiche. Nel 1964 viene organizzato il "Festival delle Opere di Pechino a Tema Contemporaneo", durante il quale vengono rappresentate opere di nuova composizione riguardanti le lotte rivoluzionarie precedenti al 1949. Alcune di esse saranno in seguito canonizzate come modelli. In un discorso estremamente provocatorio e radicale intitolato Sulla Rivoluzione dell'Opera di Pechino (pubblicato nel 1967), Jiang Qing denuncia la mancanza, sulle scene cinesi, di eroi proletari, "i veri creatori della storia e i veri padroni del nostro paese", e propone la sopressione di tutto il repertorio tradizionale. La proposta suscita inizialmente forti opposizioni tra i professionisti del mondo teatrale, ma un paio d'anni dopo il progetto viene implementato. Di conseguenza, dal 1966 al 1976 sarà autorizzata soltanto la rappresentazione di opere a temi moderni e contemporanei, tutte riguardanti solo ed esclusivamente la storia del Partito Comunista. Nel novembre 1965 Yao Wenyuan, membro della futura "Banda dei Quattro", pubblica un intervento sul Wenhui bao in cui denuncia La destituzione di Hai Rui di Wu Han come un tentativo di attacco alla sacra icona di Mao Zedong. Yao legge infatti nel personaggio di Hai Rui, un consigliere imperiale della dinastia Ming noto per la propria integrità, un'allusione all'ex Ministro della Difesa Peng Dehuai, sollevato dal proprio incarico in seguito al Plenum di Lushan del 1959 a causa delle sue critiche al Grande Balzo in Avanti. Poco tempo dopo la Sinistra radicale inizia ad attaccare altre forme d'arte, come il cinema, il teatro di prosa e la letteratura. Nel febbraio del 1966 Jiang Qing, appoggiata dal "delfino" di Mao Lin Biao, organizza a Shanghai il "Forum sul Lavoro nella Letteratura e nelle Arti delle Forze Armate". Basandosi su una rigida interpretazione dei Discorsi di Yan'an, Jiang si oppone non solo alle opere precedenti il 1949, ma anche a tutto il teatro prodotto dopo il 1949 e alle teorie importante dall'Occidente, incluso il sistema Stanislavskij, che fino a quel momento aveva rappresentato il dogma unico e assoluto. In quest'occasione, inoltre, Jiang introduce il concetto di "opera modello".
Nel dicembre 1966, otto lavori sono selezionati e proposti come modelli per le compagnie di tutta la nazione, e vengono rappresentati nel maggio dell'anno successivo in occasione del venticinquesimo anniversario del Forum di Yan'an. Le versioni definitive dei libretti compaiono tra il 1969 e il 1971, quando sono finalmente ritenuti abbastanza "proletari" per essere rappresentate in pubblico. Questi modelli diventano l'unica forma di spettacolo permessa in Cina durante l'intera decade ("otto opere per ottocento milioni di persone"). Negli anni successivi, inoltre, le opere modello sono diffuse tra le masse analfabete con ogni mezzo: versioni regionali, filmati, trasmissioni radiofoniche, dischi, stampe, poster, fumetti, francobolli, ecc. Elenco delle otto opere modello 5 Opere di Pechino moderne (Xiandai jingju) 1963/1964 2 Balletti o "drammi danzati" (baleiwuju) 1 Suite sinfonica Integrazioni posteriori al repertorio originario:
Principali Caratteristiche La caratterizzazione dei personaggi segue la teoria del "compito di base" (genben renwu), ovvero la creazione di icone proletarie ed eroi tipici (operai, contadini, soldati), e soprattutto la teoria delle "tre prominenze" (santuchu): tra i personaggi si deve dare risalto a quelli positivi, tra i positivi, a quelli eroici, tra gli eroici, all'eroe principale. I ruoli, inoltre, sono caratterizzati da un'estrema polarizzazione di bontà e malvagità, eroismo e viltà (in base, ovviamente, a stereotipi di classe), e tale dicotomia è immediatamente riconoscibile dall'apparenza, dal trucco e dalla gestualità. I "villain" hanno nomi simbolici e derogatori come "Vipera", "Avvoltoio", "Tiranno del Sud", vestono abiti occidentali o cinesi tradizionali (capitalismo e feudalesimo, quindi), e hanno un'apparenza repellente, spesso troppo magri o troppo grassi. Secondo questa logica, dunque, la contrapposizione tra corpo perfetto ed imperfetto diviene in sè un soggetto discorsivo e significante. I cosiddetti "personaggi mediani" (zhongjian renwu) sono totalmente aboliti, e sostituiti dai "personaggi mutevoli" (zhuanbian renwu), il cui status morale e politico è suscettibile al cambiamento grazie all'intervento redentore dell'eroe principale, ovviamente infallibile, forte e bellissimo, un essere di proporzioni quasi superumane, mitiche, moralmente e fisicamente alto, grande e perfetto (gao da quan). Nel teatro rivoluzionario si assiste, inoltre, ad un'aumento nel numero di ruoli principali di sesso femminile. Nonostante la perfezione fisica, tuttavia, i corpi sono totalmente asessuati, ogni riferimento alla carnalità è censurato in nome di un puritanesimo assoluto, sia fisico, sia spirituale, che concentra ogni energia nella causa rivoluzionaria. Lo scopo principale di questo tipo di teatro, pertanto, è essenzialmente la creazione di un'epica nazionale, di un pantheon eroico, l'idealizzazione del mondo socialista come il migliore dei mondi possibili. Tale mitologia, tuttavia, non si delinea come un mito di creazione, che enfatizza il passato e l'origine, ma un mito utopico concentrato sul futuro, che non rappresenta un'attualità, ma una possibilità. Rispetto al teatro tradizionale, le opere rivoluzionarie presentano alcune innovazioni sostanziali: a parte l'introduzione di temi contemporanei e rivoluzionari e di eroi proletari, vengono utilizzati nuovi costumi "quotidiani" (ma allo stesso tempo irrealistici, sempre puliti, colorati e perfettamente ordinati), nuovi accessori di scena (bandiere rosse, armi o attezzi di lavoro al posto dei tradizionali ombrellini e ventagli), effetti luminosi, scenari elaborati e una nuova gestualità: il tradizionale simbolismo delle mani è sostituito dai cosiddetti "gesti proletari", ad esempio il pugno chiuso. I libretti, inoltre, sono ora estrememente dettagliati sia nella partitura che nella descrizione dei costumi e delle azioni.
In conclusione, un paradosso: nonostante l'acuta xenofobia del periodo, infatti, le opere modello tradiscono numerose influenze occidentali da punto di vista della coreografia, della musica, e della scenografia. Per quanto riguarda quest'ultima, si puó evidenziare la presenza di scenari elaborati, accessori, luci ed effetti speciali (tuoni, tempeste di neve) del tutto estranei al palcoscenico vuoto ed essenziale della tradizione autoctona. Dal punto di vista coreografico, si assiste ad una curiosa mescolanza di movimenti derivati dall'Opera di Pechino, dalle danze popolari tradizionali e dal balletto classico. Poichè Jiang Qing giudica il balletto russo ed occidentale decadente, pregno di malato romanticismo e incentrato su una morbosa rappresentazione della fragilità femminile, viene introdotta una nuova forma di "balletto proletario": pose energetiche, movimenti vigorosi, scarpette ai piedi, fucili in mano e pugno chiuso. Per quanto concerne la musica, infine, si utilizzano forme (suite, sinfonia, concerto) e strumenti (violino, piano, orchestra) occidentali in supporto a quelli tradizionali, per ottenere effetti piú vigorosi e creare un'atmosfera maggiormente eroica. Bibliografia |
Rossella Ferrari