Asiamedia

Gozu

Giappone

Sceneggiato dallo stesso Sakichi Sato con cui aveva elaborato per lo schermo il manga di Hideo Yamamoto Ichi The Killer, Gozu è uno yakuza movie ancora una volta languido e grottesco.

GOZU di Miike Takashi

Immancabilmente spiazzati di fronte a un regista che, in media, non produce mai meno di due film e mezzo all'anno e del quale, puntualmente, nelle salette dei mercati si possono vedere altri due o tre lavori che sembrano/sono sempre più belli di quelli poi selezionati dai festival... Si chiama "effetto Takashi Miike", e ormai ci siamo abituati! Cannes — alla sua prima volta con questo incontenibile regista — non ha fatto eccezione, né poteva essere diversamente, in un anno come questo, in cui tutto appariva sbagliato ed era difficile dotarsi di coordinate efficaci. Gozu, presentato in prima mondiale dalla Quinzaine di Da Silva, ha convinto tiepidamente anche chi, come noi, è propenso a farsi travolgere dalla grottesca e stralunata poetica del regista: dolce e violenta, agghiacciante e carezzevole, crudele e ironica...

Sceneggiato dallo stesso Sakichi Sato con cui aveva elaborato per lo schermo il manga di Hideo Yamamoto Ichi The Killer, Gozu è uno yakuza movie ancora una volta languido e grottesco, in cui il giovane yakuza Minami riceve dal vecchio boss l'incarico di eliminare Ozaki, il suo ormai impazzito capo, al quale è però legato da una fedeltà quasi filiale. Il conflitto tra il dovere e i sentimenti fa da base al dramma assurdo del giovane yakuza, che si ritroverà ben presto sulla strada di una fuga dai contorni sempre più grotteschi, con il cadavere dell'amato capo (nel frattempo morto accidentalmente) che scompare come per incanto per poi riapparire trasformato in un'avvenente donna, e il vecchio boss sporcaccione (che risolve la sua impotenza con l'uso improprio — e infine per lui fatale... — di mestoli da cucina...) in attesa della morte di Ozaki.

Un tour de force che purtroppo non trova la giusta misura nelle due ore della sua durata, ma che tutto sommato premia con una parte finale visionaria, eccessiva e divertentissima, in grado di riscattare la scansione più faticosa del corpo centrale della pellicola. Intemperante a qualsiasi ordine logico, Gozu sta tutto nello slittamento di senso messo in atto dall'irregolarità del corpo/personaggio di Ozaki: con la sua follia (irresistibile l'incipit con l'uccisione del grazioso cagnolino da lui visto come un pericoloso "cane anti-yakuza"...), ma anche con la sua sparizione-trasformazione. Colpo di genio, quest'ultimo, che probabilmente porta soprattutto la firma di Sakichi Sato: non sarà un caso se è proprio lui ad interpretare l'eccentrico proprietario del caffé all'uscita del quale Minami non trova più il cadavere del suo capo...

Massimo Causo