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Goddess

Cina

Goddess è il film classico per eccellenza nella storia del muto cinese, noto soprattutto per l'interpretazione sublime di Ruan Lingyu, stella del cinema di fulgida bellezza e dal tragico destino.

GODDESS Shennü

Wu Yonggang
Cina, 1934, b/n, 77'
Con: Ruan Lingyu, Zhang Zhizhi, Li Keng, Li Junpan
 


Goddess è il film classico per eccellenza nella storia del muto cinese. È noto soprattutto per l'interpretazione sublime di Ruan Lingyu, stella del cinema di fulgida bellezza e dal tragico destino. Morta suicida all'età di 25 anni, Ruan ha ispirato il film Ruan Lingyu di Stanley Kwan, interpretato da Maggie Cheung.

Se la prova d'attrice di Ruan è magnifica e complessa, e riesce a dare spessore drammatico e realismo anche alle sequenze più drammatiche, la trama e l'andamento del film sono di chiara classicità. La storia: un prostituta fugge da una ronda di polizia, ma entra in casa di un grasso e viscido uomo di malaffare che la ricatta e la prende sotto la propria "protezione". La sequenza dell'incontro tra i due è entrata nella storia del cinema cinese: l'uomo chiede esplicitamente alla donna di restare la notte come ringraziamento per non averla denunciata; Ruan assume un'espressione indefinibile, ricchissima, che esprime al contempo disgusto, rassegnazione, e accettazione. Si siede allora con fare spavaldo sul tavolo, chiede una sigaretta all'uomo, la accende e inarca il corpo sinuoso per soffiare fuori il fumo. Ha un atteggiamento vittorioso e altero, ma sta subendo un'ennesima sconfitta. Una sconfitta che la porterà più lontano del previsto: l'uomo la segue, entra in casa sua, la sfrutta minacciando Ruan di rapirle il bambino. La giovane prostituta è infatti devota madre d'una piccola creatura. La donna fugge una volta, cambiando di nascosto residenza, ma l'uomo la ritrova. Divorato dai debiti di gioco, sfrutta la ragazza senza pietà: numerosi primi piani lo inquadrano mentre sogghigna, maligno; oppure la mdp dal basso riprende la sua espressione deformata dall'avarizia e dal gioco mentre getta le carte sul tavolo. Il lavoro della prostituta è rappresentato da scene che infrangono il rigore classico che alterna primi piani a piani medi: una volta si vedono i piedi di lei battere impaziente a terra, mentre altre gambe le sfilano di fianco. Poi delle calzature maschili si fermano accanto alle scarpe col tacco di lei, ed i due cominciano a camminare fianco a fianco seguiti da un lento travelling laterale. Ancora: la mdp in alto, sopra il lampione che illumina la scena notturna. La strada, i passanti, lei; e poi un uomo, la testa coperta da un cappello, le si avvicina ed i due si allontanano insieme.

La vita della donna è rischiarata solo dalla relazione col figlio, descritta con grazia e sensibilità. Il volto di Ruan Lingyu è letteralmente capace di illuminarsi di gioia quando fissa il suo bambino, e quando gioca con lui; sovente il regista gioca proprio con la straordinaria presenza scenica dell'attrice. Numerose sequenze infatti sono ambientate in casa, presenti il figlio e lo sfruttatore. Ruan passa dallo sguardo amoroso e tenero per il figlio, ad accigliarsi cupamente quando il mafioso le chiede dove trovi mai i soldi per fare studiare il piccolo (la ragazza li nasconde dietro un mattone, in un buco sul muro). Ancora: durante la recita scolastica, la donna è illuminata ascoltando il figlio cantare; ma accanto a lei le pettegole vicine parlano della sua condizione, e il volto della ragazza si rabbuia in un'espressione tragica.

Il film denuncia senza appello la condizione femminile desolante, denuncia la tragedia di chi, debole come la protagonista, deve sottostare alle umiliazioni più dure; così come è critico nei confronti della società subito pronta a giudicare anche i più infelici, nascondendosi dietro un moralismo posticcio. La prostituzione è poi uno dei grandi temi portanti del cinema cinese di sempre, in parte per il ruolo importante che il mestiere ebbe nella società poligama cinese, ma dall'inizio del secolo anche per rappresentare la debolezza della Cina e le umiliazioni che deve sopportare: essendo un paese occupato dalle potenze straniere e dal Giappone, esso può essere paragonato ad un corpo violato, in vendita. La prostituzione è dunque simbolo dell'umiliazione nazionale, e al contempo serve per illustrare il funzionamento perverso di una società che annienta le persone di buon cuore come la protagonista di questo film. Altro film su prostitute, tema classico della cinematografia cinese: Dawn.

La conclusione è tragica, ma con un barlume di speranza. Il film si fa più "parlato", ricco di didascalie, a riprova di come il cinema cinese, soprattutto la corrente di film "progressisti" che si vuole pedagogico e socialmente utile, necessiti delle parole per esprimere concetti, formulare teorie, tenere sermoni e lezioni.

Il direttore della scuola si reca a casa della giovane prostituta per indagare sulle voci che circolano sul suo conto. La ragazza ammette la sua condizione, ma difende strenuamente il diritto del figlio a ricevere un'educazione. Il direttore commosso le promette che il bambino potrà continuare a frequentare la scuola, ma nel corso di una lunga riunione incontra l'opposizione decisa dei suoi colleghi, che si preoccupano del buon nome della scuola. Il direttore rassegna le dimissioni, e non può impedire che il bambino sia espulso. Il direttore (così come in Plunder of Peach and Blossom) rappresenta l'impotenza e la buona volontà degli intellettuali dell'epoca.

La madre riceve la notizia, e decide di partire lontano dalle maldicenze, in un luogo dove nessuno la conosce (con un brivido, si rammenta il biglietto d'addio dell'attrice, che lamentava l'impossibilità di sottrarsi dalle chiacchiere della gente). Fa per cercare il suo tesoro, i soldi risparmiati in anni e anni di sacrifici, ma il suo malvagio sfruttatore li ha già trovati e portati via. La donna è disperata, si reca alla sala da gioco, domanda spiegazioni, "i soldi li ho già spesi", dice lui. Al che la donna, stretta in un angolo, a tentoni trova una bottiglia che afferra stretta e poi viene verso la telecamera e frantuma la bottiglia sulla testa del meschino giocatore (una sorta di soggettiva della nuca della vittima).

La divina finisce in prigione, dove riceve una visita dal direttore. (una scena simile è l'incipit di Plunder of Peach and Blossom, a riprova del fatto che il tema della società che schiaccia gli individui più nobili portandoli al crimine è frequente e sintomatico della situazione di grande incertezza sociale del periodo). L'uomo, dispiaciuto di non essere riuscito ad aiutare il piccolo, promette alla madre di accudirlo al posto suo per i dodici anni della pena. La madre, in un gesto estremo di sacrificio, chiede al direttore di dire al figlio che lei è morta, in modo da metterlo per sempre al riparo dalle maldicenze e dai pregiudizi della società.

L'ultima didascalia dice che gli anni che la donna passa in prigione sono gli anni più sereni della sua vita, rischiarati dalla speranza del futuro brillante del figlio. L'ultima immagine: la donna di profilo sulla sinistra fissa il muro spoglio della cella, sul quale appare l'immagine del figlio, sorridente. Poi questa immagine onirica scompare, Ruan Lingyu si volta e grazia gli ultimi secondi della pellicola del suo sorriso misterioso, pieno di grazia, che dice tanta sofferenza ma anche un accenno di speranza, in un'espressione dolcissima e toccante.

Si riforma così la famiglia tradizionale, in una conclusione tutto sommato conservatrice. Se il film ha l'indubbio merito di ritrarre in maniera agiografica una figura sociale condannata e disprezzata, pur tuttavia la conclusione denota un sogno maschile di ordine e continuità della famiglia e della società. La madre virtuosa resta infatti segregata, mentre il figlio può godere della figura di un padre, la più importante nella famiglia tradizionale e nella morale confuciana. E ancora, si ribadisce come il compito di una madre sia il benessere del figlio innanzi tutto, e, ancor più confucianamente, la sua educazione. La toccante prova d'attrice di Ruan Lingyu fa però, ora come all'epoca, sfumare le analisi sociologiche poiché sul suo volto stesso si possono leggere una varietà estrema di emozioni, di desideri, di passioni che ne fanno un personaggio a tutto tondo che si divincola da ogni interpretazione costrittiva per restare nella memoria come una forza tragica della natura.

Corrado Neri