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"Film di manga" il fenomeno Tezuka

Giappone

"Io non realizzo film d'animazione, ma film di manga". Così scriveva Tezuka nel 1964 nella presentazione di due suoi cortometraggi al Festival dell'Animazione Giapponese del Sōgetsu Kaikan di Tōkyō.

"FILM DI MANGA", IL FENOMENO TEZUKA (1926-1989)

"Io non realizzo film d'animazione, ma film di manga". Così scriveva Tezuka nel 1964 nella presentazione di due suoi cortometraggi al Festival dell'Animazione Giapponese del Sōgetsu Kaikan di Tōkyō. Osamu Tezuka esordì come disegnatore di manga all'età di diciotto anni. Nonostante la laurea e la specializzazione in medicina, non esercitò mai la professione di medico, dedicandosi invece esclusivamente all'attività di disegnatore prima e di cineasta di animazione in seguito. Nel 1961, Tezuka fondò la propria casa di produzione, la Mushi Production, attiva fino al 1973, anno in cui cessò la sua attività per problemi finanziari, per rinascere, tuttavia, virtualmente nella successiva Tezuka Productions. Da queste case di produzione presero vita delle serie televisive, lungometraggi, cortometraggi, collaborazioni con altri studi indipendenti, collaborazioni con le major. In esse iniziarono a lavorare come animatori artisti che avrebbero poi riscosso successi internazionali, tra i quali Ōtomo Katsuhiro (Akira). In particolare, dalla Mushi Production ebbe origine l'animazione giapponese nella forma a noi oggi nota, a partire da Tetsuwan Atomu (Astro Boy), l'opera che inaugurò il boom delle serie televisive giapponesi.
 

In Giappone, Tezuka è popolare e "venerato" più come disegnatore di manga che come regista: è definito infatti un "manga no kamisama" (dio del manga). Poco prima della sua morte, alcuni importanti quotidiani nazionali sono stati promotori di una campagna per l'assegnazione al noto artista del premio Nobel per la letteratura. A livello internazionale, invece, sono proprio i lavori cinematografici che ne hanno decretato l'immensa popolarità (Astro Boy, Kimba il leone bianco, L'uccello di fuoco spaziale), mentre la sua attività di disegnatore è passata un po' in secondo piano. Ciò è dovuto alla relativa conoscenza della "cultura manga" giapponese all'estero; infatti, tranne che in paesi come gli Stati Uniti o la Francia dove il fumetto ha vissuto periodi di grande popolarità, in altre culture questo genere espressivo è sempre stato relegato in nicchie di mercato per non diventare mai un fenomeno di grandi proporzioni. In Giappone, il manga ha radici antiche che risalgono ai contesti degli emaki e degli ukiyoe, e i mangaka sono considerati degli autori alla stregua degli scrittori. È inevitabile, quindi, che al di fuori dell'arcipelago nipponico si sia inclini a considerare il lavoro cinematografico di questo artista come un corpus a parte, svincolato erroneamente dalle sue radici, classificato in categorie che non interpretano appieno la natura reale dei suoi lavori. Il suo lavoro da cineasta di "largo consumo" è da considerarsi comunque in stretta relazione con quello di disegnatore, non solo perché la maggior parte dei suoi film e delle serie televisive si basano su manga firmati dallo stesso autore, ma anche perché in realtà i primi sono un'evoluzione dei secondi. La rivoluzione stilistica apportata da Tezuka nel campo dell'animazione attraverso una maggiore drammaticità delle scene, l'uso di tecniche cinematografiche, la stereotipizzazione dei personaggi, erano novità già introdotte in precedenza nei suoi manga, grazie alle quali aveva avviato un vero e proprio sconvolgimento stilistico dei mezzi espressivi dei fumetti moderni.

Per dare il via alla sua rivoluzione, erano bastate le prime otto pagine dell'album Takarajima (L'isola del tesoro) del 1947, dove si descriveva il tragitto di una automobile nel suo avvicinarsi graduale verso il lettore, da un punto in lontananza fino ad una prospettiva di primo piano. Le inquadrature angolate, i primi piani, le chiusure a "tendina" su immagini fisse, crearono immediatamente nei lettori la sensazione di assistere più a uno spettacolo cinematografico che alla lettura di un manga. Nonostante questa rivoluzione stilistica fosse limitata alle prime otto pagine dell'opera, l'impressione fu tale che l'intero lavoro venne classificato come "cinematografico". Quando Tezuka sosteneva di non realizzare film d'animazione, ma film di manga, quindi, intendeva riproporre le reali radici dei suoi lavori, cioè quelle di manga narrativi -- una forma artistica in Giappone equiparata alla letteratura --, e allo stesso tempo si distanziava da buona parte dell'animazione a lui contemporanea.

Nonostante in Giappone Tezuka sia considerato un "dio del manga" e in Occidente uno dei "padri" dell'animazione moderna, è quasi del tutto ignorata la sua attività di cineasta di cortometraggi sperimentali. A questa forma espressiva non solo dedicò molte energie, per esempio sponsorizzando eventi di grande rilevanza, ma vi si impegnò a tempo pieno dopo il 1982, quando, per scelte personali, tralasciò le produzioni di largo consumo. Nell'area sperimentale, mostrò di essere un artista complesso e originale, molto più di quanto le sue produzioni di massa potessero far supporre. Il suo primo film del 1962 è Aru machikado no monogatari, prodotto dalla Mushi su disegni di Tezuka per la regia di Yamamoto Eiichi. Si tratta di un film senza dialoghi ambientato in un unico luogo, un angolo di strada, in cui i manifesti affissi al muro diventano protagonisti di particolari storie di vita, come quella di un pianista e una violinista che, pur vivendo in manifesti separati, si innamorano. Le varie storie narrate perdono il loro equilibrio quando uno degli elementi viene a mancare: è il caso, per esempio, di manifesti di guerra che si incollano al muro sovrapponendosi a quelli con simboli di pace, e dal cui interno fuoriescono bombe che distruggono gli edifici circostanti, finché il vento non li strapperà dal muro e il germoglio di pace e di vita che avevano nascosto non riprenderà a fiorire.

Jumping (id,1983), vincitore al Festival dell'Animazione di Zagabria, è un film in cui lo sguardo dello spettatore coincide con quello di una creatura (uomo-donna-essere umano-animale, non è dato sapere) che spicca balzi sempre più in alto sorvolando città, foreste e oceani. Giunta al di sopra di una zona di guerra, un'esplosione la catapulterà all'inferno, da dove verrà reinviata all'inizio del film per essere poi pronta a saltare ancora. È quindi una metafora dell'essere umano e della sua incontrollabile pulsione nello spingersi oltre i propri limiti, anche quando ciò lo conduce a una catastrofe, e che pure non impara dai propri errori (la creatura buttata fuori dall'inferno che ricomincia a saltare).

Tenrakai no e (1966), infine, consiste in una serie di dieci brevi storie satiriche (su un soldato, una star della televisione, eccetera) ambientate in un museo di prototipi umani. A questi, l'autore rivolge il proprio sguardo ironico.

Nell'ambito dei cortometraggi, Tezuka ha dimostrato anche un notevole interesse per le sperimentazioni tecniche: oltre a Osu del 1962 (film con immagini deformate in Cinemascope), ha realizzato Onboro firumu nel 1985, premiato al Festival di Hiroshima, una divertente parodia in cui l'autore finge di mostrare un presunto vecchio e raro film western, in condizioni talmente brutte da renderne difficile persino la visione. Attraverso rotture e graffi della pellicola, segno dell'usura del tempo, Tezuka simula infatti errori di montaggio e crea dei fuori-quadro della pellicola che impediscono ai protagonisti di vedersi l'un l'altro. Con il successivo Mori no densetsu del 1987, l'autore basa la propria sperimentazione sul materiale filmico in sé: a partire dall'immagine di alcuni fotogrammi che gradualmente si arricchiscono di toni monocromi, poi di colori, poi ancora di semplici animazioni, fino ad altre più complesse in stile Disney, l'artista rende omaggio alla storia del cinema d'animazione raccontandone in pochi minuti l'evoluzione.

L'ultimo film di Tezuka, Jigazō (Autoritratto) è del 1988, un anno prima della sua scomparsa. Nonostante l'autore l'abbia realizzato con la consapevolezza di essere gravemente ammalato, non si respira nel film un'atmosfera funebre o di autocelebrazione, ma solo una velata malinconia scherzosa trasmessa visivamente attraverso una slot machine che serve a ricostruire in modo corretto il proprio volto. Un gioco fino alla fine: la convinzione che ciascuno di noi è tale per una serie di coincidenze fortunate, per una sorta di gioco, appunto, del destino, che decreta così cosa debba essere di noi.

 

NB - La letteratura su Osamu Tezuka è vasta e articolata, ricca di interessanti contributi oltre che di interventi da fan-club. Qui di seguito si indica la filmografia relativa ai soli cortometraggi. Invitiamo per le serie televisive e per i lungometraggi commerciali a visitare la home page di Tezuka, strumento ufficiale ricco di notizie e di informazioni interessanti per gli amanti di questo autore.

Per i manga di Osamu Tezuka è disponibile online sito della casa editrice Hazard di Milano che ha pubblicato in Italia numerosi titoli del nostro autore.

Filmografia
1962 Aru machi kado no monogatari (Una storia dell'angolo della strada, 35 mm, 38 min)
1962 Osu (Maschio, 35 mm, 2.53 min)
1964 Memory (id, 35 mm, C, 5 min)
1964 Ningyō (La Sirena, 35 mm, C, 4 min)
1965 Shizuku (Una goccia, 35 mm, C, 4.17 min)
1966 Tenrankai no e (Quadri di un'esposizione, 35 mm, C, 32 min)
1968 Genesis (id, 35 mm, 3, 42 min)
1983 Jumping (id, 35 mm, 6.20 min)
1985 Onboro firumu (Film rotto, 35 mm, 5.37 min)
1987 Mori no densetsu (La leggenda della foresta, 35 mm, 23 min)
1987 Push (id, 35 mm, 4, 18 min)
1988 Jigazō (Autoritratto, 35 mm, 13 min)

Bibliografia
Bendazzi Giannalberto, Cartoons-Il cinema d'animazione dal 1888-1988, Venezia, Marsilio Editori, (1°ed.1988), 2°ed.1992
Sac Journal, Catalogo del festival, Sōgetsu Kaikan, Tokyo, 1964

Monica Cavalieri