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Eros e violenza: lo zoo umano di Kuri Yōji

Giappone

Kuri Yōji (Tokyo 1928) è stato senza dubbio uno degli animatori indipendenti giapponesi più noti e acclamati sia in patria che oltre confine. Simbolo di un'animazione per adulti, è stato efficace ambasciatore dell'animazione indipendente nipponica, molto spesso ignorata o sottovalutata.

EROS E VIOLENZA: LO ZOO UMANO DI KURI YŌJI

Kuri Yōji (Tōkyō 1928) è stato senza dubbio uno degli animatori indipendenti giapponesi più noti e acclamati sia in patria che oltre confine. Simbolo di un'animazione per adulti, Kuri, anche grazie a una costante e premiata presenza in tutti i festival internazionali dell'animazione, fu un efficace ambasciatore dell'animazione indipendente nipponica, molto spesso ignorata o sottovalutata.

Autore estremamente prolifico, la sua filmografia contiene più di trecentocinquanta lavori fra film e brevi animazioni preparate per l'industria pubblicitaria. Kuri fu a lungo anche un disegnatore per la Honda. Autore originale e molto personale, non mancò di suscitare controverse reazioni al suo apparire. La critica degli anni sessanta l'ha definito di volta in volta oltraggioso, originale, franco e brutale fino all'eccesso, autore di film che si sono spinti spesso oltre il limite di ciò che convenzionalmente è considerato accettabile in animazione. All'interno dell'animēshon sannin no kai, il gruppo dei tre animatori fondato nel 1958 con Yanagihara Ryōhei e Manabe Hiroshi, Kuri fu la voce più importante ed entusiastica del nuovo ruolo dell'animazione nipponica. Ruolo che auspicava il raggiungimento di un'autonomia stilistica e di ispirazione rispetto ai modelli internazionali affinché permettesse di attingere e rielaborare la ricchissima tradizione grafica autoctona, portando alla creazione di una "nuova immagine". La sua lezione fu ispiratrice per animatori quali Furukawa Taku e Aihara Nobuhiro, figure di spicco dagli anni settanta. Kuri creò piccoli capolavori squisitamente giapponesi nella loro essenza, ma perfettamente in grado non solo di confrontarsi, ma anche spesso di influenzare quelli internazionali.

Kurihara Hideo (il vero nome di Kuri Yōji), nasce come mangaka, passione che lo porta dalla provincia del Fukui, nel nord del Giappone, luogo natio, a Tōkyō, dove si iscrive alla scuola d'arte Bunka Gakuin. A Tōkyō fonda anche il suo Kuri jikken manga kōbō, il laboratorio di manga di Kuri, dal quale sono stati prodotti tutti i suoi film. Questo versatile artista, in nome della creazione di una nuova immagine, spazia quindi dalla cinematografia alle arti figurative, dalla scrittura alle arti plastiche, ma trova soprattutto nell'animazione l'alleato più leale e flessibile in grado di modellarsi e dare vita ai suoi desideri. Kuri è infatti meglio descritto come un cineasta personale: non realizza film per ottenere il consenso del pubblico, ma per esprimere i propri sentimenti e desideri. E ancora, può essere ben inteso come teorico delle tecniche dell'animazione. Il suo interesse per lo studio del movimento, per il suono e il colore, lo portano a girare molti film sperimentali. Nel corso del suo lavoro, ha utilizzato tecniche diverse dalla grafica, al cut-out, alla pixillation, oltre a diversi stili di montaggio alternato, ellittico, intellettuale. Le ragioni del suo successo sono varie: in Giappone ha aperto la strada all'animazione indipendente; il primo festival dell'animazione giapponese (1964), del quale egli è stato co-fondatore, gli ha offerto l'opportunità di discutere sui problemi di estetica dell'animazione, discussione alla quale Kuri ha contribuito con numerosi saggi. Inoltre, le sue strette relazioni con il mondo artistico contemporaneo hanno proiettato l'animazione al di fuori dai confini tradizionali. In occidente la sua fama è stata alimentata anche dalla sua eccentricità: "La stampa si divertiva a descrivermi come una specie di samurai che non parlava una parola di inglese e che girava distribuendo portacenere osceni, non è proprio vero, ma mi piace la pubblicità", ci ha detto durante un'intervista.

Artista satirico, la sua satira interessa soprattutto la sfera delle relazioni fra uomo e donna e la guerra; la violenza, la crudeltà e a volte la volgarità sono i mezzi che Kuri usa per satirizzare questi soggetti. E nessun altro animatore degli anni sessanta e settanta ha trattato questo tema in maniera così franca e brutale, spaziando spesso anche nella pornografia.

Caratterizzato da un grafismo estremamente elementare, il mondo di Kuri è spesso rappresentato da una stanza, come nel film Heya (La stanza,1967, Leone d'Oro a Venezia nel 1967) o da una gabbia come in Ningen dōbutsuen (Lo zoo umano, 1961), in cui l'artista imprigiona i suoi personaggi, tutti luoghi che pullulano di gigantesche matrone e di uomini lillipuziani. Kuri è un artista del paradosso e dell'esagerazione, i suoi personaggi sono vittime e carnefici allo stesso tempo, espressione del paradosso stesso della vita filtrato attraverso il sesso e l'amore. Le immense donne di Kuri sono un'efficace visualizzazione del nuovo ruolo della donna giapponese del dopoguerra, emancipata e rampante. Esse non hanno alcuna caratteristica femminile, sono crudeli, egoiste e sono accomunate dal piacere di umiliare l'uomo. Umiliazione, derisione e sopraffazione sono le armi di queste gigantesche matrone, padrone della vita o della morte dei loro compagni. Ma queste donne sono tali perché non combattono contro avversari degni: l'uomo di Kuri Yōji è un omuncolo vero e proprio, è l'antitesi di ciò che tradizionalmente viene considerato il maschio. Nel film Ningen dōbutsuen, l'azione si svolge all'interno di una gabbia .L'uomo viene tormentato e umiliato senza sosta, diventa il cane che la donna fa giocare, istruisce o porta a spasso. In questo mondo immaginario, la donna–oggetto della vita reale stravolge le posizioni e le certezze. La satira è indirizzata a entrambe le parti: da un lato all'universo femminile che, nella ricerca dell'emancipazione, ha spesso ignorato o addirittura cancellato valori che trascendono qualsiasi rivendicazione come l'amore o il rispetto; dall'altro all'universo maschile che, sordo a qualsiasi richiamo se non a quello della bottiglia di sake, ha concentrato l'interesse solo su se stesso dimenticando (o volendo dimenticare ) l'altra metà del suo universo.

La visione dei cambiamenti all'interno della relazione fra uomo e donna è ben illustrata nel film Ai (Amore,1963, premiato al festival di Venezia del 1963). L'azione del film è incentrata sul tema della caccia, la caccia per amore, per la soddisfazione sessuale, la caccia che ha come scopo la sopraffazione e il dominio assoluto. Anche in questo film, come in Ningen dōbutsuen, i ruoli sono invertiti, l'amore è un'esperienza tragica, l'uomo è l'oggetto della soddisfazione sessuale della donna, proprio come nella vita reale avviene per lei.

Le immense donne di Kuri Yōji diventano la proiezione delle paure dell'inconscio maschile, donne che, dal punto di vista esclusivamente virile dell'intero lavoro di questo artista, risultano completamente snaturate di qualsiasi connotazione femminile. Il loro ruolo nell'opera artistica dell'autore è puramente funzionale alla descrizione del disagio maschile. La nuova donna emancipata e "rampante" diventa indirettamente la responsabile in qualche modo delle incertezze e delle paure maschili, la sua responsabilità si estende al rapporto di coppia, alle relazioni d'amore o di sesso, dove il suo nuovo valore aggiunto provoca instabilità nei ruoli tradizionali. In Samurai, la donna è una statua enorme contesa da due minuscoli uomini. Se all'inizio lei lascia che i due uomini le facciano ciò che vogliono, presto si stanca del gioco e li mangia. All'inizio mostra delle qualità molto giapponesi, dice Kuri, ma gradualmente la sua vera natura viene fuori. Forse è veramente questa la natura delle donne? Kuri non odia certamente le donne, ma non ne rappresenta neppure la voce. Il suo uomo e la sua donna sono solo dei simboli di una categoria superiore all'essere umano, verso il quale Kuri si scaglia ferocemente.

La minaccia, per l'uomo, è rappresentata dall'uomo stesso, come nel film Satsujinkyō jidai, (Tempi di manie omicide, 1967, premiato ad Oberhausen nel 1967), film diviso in una serie di episodi, tutti riferiti a vari metodi di distruzione. O come avviene in Za botan (Il bottone), in cui il regista illustra come un'azione quotidiana come suonare un campanello potrebbe portare alla distruzione.

Satira sociale per Nihiki no sanma (Due pesci alla griglia): di contenuto ecologico e politico, l'opera è incentrata sulla contrapposizione fra sanma no kemuri (il fumo dei pesci, simbolo della pace) e genshiryō ku no kemuri (il fumo del nucleare). L'idea gli venne leggendo dei quotidiani: si tratta di uno dei rari film di Kuri in cui l'uomo e la donna lottano uniti contro la minaccia della guerra e dell'industrializzazione.

Aos (idem, premiato al festival di Oberhausen in Germania nel 1965) del 1964 è considerato uno dei suoi film più violenti e volgari. L'artista ne curò l'animazione, ma il soggetto originale è opera del mangaka Inoue Yōsuke, il quale ne curò anche la presentazione al festival dell'animazione al Sōgetsu Kaikan di Tōkyō nel 1964. Se la caratteristica naturale dell'animazione è quella di essere una forma d'arte solare e talvolta di intrattenimento, questo film sovverte tale concezione. Il mondo di Aos è costituito da incubi dove la natura umana è ridotta allo stato di degrado totale. Le sequenze non sono facilmente descrivibili, la struttura narrativa non è chiara e continua e le associazioni mentali (molto libere) non rimandano a chiari nessi logici. Ciò che questo film suggerisce, al di là del messaggio, sono le sensazioni, così da non far "capire", ma "sentire". Alla prima visione risulta claustrofobico; il commento sonoro fatto di gemiti e sospiri di piacere registrati da Ono Yōko, sottolineano l'atmosfera immaginifica del film. La grafica è ispirata a quella del pittore Hyeronimous Bosch la cui opera Kuri ebbe modo di ammirare al museo del Prado in Spagna. L'uomo, in questo film, è ridotto alla bestialità umana attraverso la violenza.

Anche nel film Kiseichō no ichiyoru (I parassiti della mezzanotte, premiato ad Oberhausen nel 1973), la denuncia della condizione umana viene trasmessa attraverso la violenza e la volgarità. L'atmosfera è altamente visionaria e surrealista. La donna che partorisce un uovo, dal quale nasce un figlio che mangerà il padre, gli uomini che, nudi e a carponi, girano attorno a un falso idolo defecando soldi, le larve che nascono dal corpo di una donna morta passando attraverso le fessure corporee e che a loro volta si trasformeranno in una sorta di esseri umani, sono la rappresentazione del mondo di Kuri Yōji, della società — vera o falsa che sia — contro cui il genio visionario di questo artista si scaglia senza compromessi.

Filmografia

1961
Nihiki no sanma (Due pesci alla griglia), 16mm, 20min
Kitte no gensō (Fantasia di francobolli), 16mm, 5min
Ningen dōbutsuen (Lo zoo umano), 35mm, 3min
1962
Acchi wa kocchi (Qui e là), 35mm, 20min
Furu furu (Fru Fru), 16mm, 3min
1963
Ai (Amore), 35mm, 5min
Ring ring boy (idem), 35mm, 3min
Kiseki (Locus), 35mm, 5min
Zero no hakken (La scoperta dello zero), 35mm, 20min
1964
Aos (idem), 35mm, 10min
Za botan (Il bottone), 35mm, 3min
Isu (La sedia), 35mm, 10min
Otoko to onna to inu (L'uomo la donna e il cane), 35mm, 5min
1965
Samurai (idem), 35mm, 10min
Mado (La finestra), 35mm,10min
Tonari no yarō (Il vicino ), 35mm, 10min
Piano no gensō (Fantasia di pianoforte), 35mm, 3min
Akatombo (Il drago rosso volante), 35mm,10min
Karakuri kaidō (La strada sbagliata), 35mm, 4min
Bakabakabakanasekai (Pazzo mondo), 35mm, 7min
1966
Sado no tamago (Le uova), 35mm,10min
Tawashi (Un pennello), 35mm, 2min
Sam Girl (idem), 35mm, 3min
Aru shachō no kakusareta hanashi (I discorsi bugiardi di un generale), 35mm, 3min
Okubyōna otoko (Un uomo codardo), 35mm, 3min
Atarashii kitte no gensō (Nuova fantasia di francobolli), 35mm, 7min
Chisana sasayaki (Un piccolo sospiro), 35mm, 10min
1967
Heya (La stanza), 35mm, 7min
Satsujinkyō jidai (Tempi di manie omicide), 35mm, 10min
Anata wa nani o kangaeteiruno..?( Che cosa ne pensi?), 35mm, 10min
Hana ( un fiore), 35mm, 50sec
1968
Atarashii nishiki no sanma (Nuovo due pesci alla griglia), 35mm,14min
Kemeko no love (L'amore di Kemeko), 35mm, 3min
1969
Sekai wa wagamono (Il mondo è una proprietà privata), 35mm, 10min
Gsenjō no higeki (Il dramma della linea superiore G), 35mm, 9min
1972
Bathroom (idem), 35mm,10min
Kiseichō no ichiyoru (I parassiti della mezzanotte), 35mm, 10min
1973
Imus (idem), 35mm, 7min
1974
Pop (idem), 35mm, 3min
Ki no ue no seikatsu (Vita su un albero), 35mm, 3min
1975
Parody of Bruegel (idem), 35mm, 5min
1976
Jinkō bakuhatsu (Esplosione di popolazione), 35mm, 4min
Shinka (evoluzione), 35mm,4min
1977
Manga (idem), 35mm,6min
1978
Shōmetsu (Vanità), 35mm,3min
1979
Jiyū no megami (La divinità della libertà), 16mm, 3min
Tsukue no naka no umi (Il mare dentro alla scrivania), 16mm, 3min
Kao (Viso), 16mm, 3min
Megane (Occhiali), 16mm, 3min
Kemu to kisha (Il fumo e il treno), 16mm, 3min
1981
Egoist (idem), 35mm, 10min
1984
Marathon race (La maratona), 35mm, 3min

Bibliografia
Monica Cavalieri, "Animēshon no mugen no sekai: Kuri Yōji's infinite world of animation", in Animation Journal, Savannah, Vol.10, 2002, pp. 32-54

Monica Cavalieri