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Boy's Choir

Giappone

Boy's Choir è un oggetto atipico persino all'interno del multiforme panorama nipponico. Da una parte non è assimilabile a nessuna opera,dall'altra sembra contenerle tutte.

BOY'S CHOIR di Ogata Akira

Boy's Choir è un oggetto atipico persino all'interno del multiforme panorama nipponico.Da una parte non è assimilabile a nessuna opera, dall'altra sembra contenerle tutte. È il tema del "dopo-vita" di After Life di Koreeda o di Secret di Takita è la figura dell'androgino di Shinya Tsukamoto; e lo sviluppo di un ambiente lontano dalla città tratteggiato dalla Kawase e la poetica umanitaria dell'ultimo Kitano; tutto sembra confluire in un film che conserva la freschezza dell'esordio. Sono almeno quattro gli intrecci essenziali. Per primo, la riflessione sulla morte (il giovane protagonista, colpito dal decesso del padre, ricerca l'istante del trapasso – quando l'uomo è ancora corpo, ma lo spirito inizia a parlare – come unico momento di verità); in secondo luogo, il mito dell'androgino (un compagno di collegio dai tratti femminili scompagina la concezione unitaria dell'essere del ragazzo); in terza istanza, il racconto di un'educazione (più che all'insegnamento del collegio si pensa alle forme totalitarie cui si sottopongono i giovani cantanti del coro); per ultimo,la ricostruzione tra lo storico e il fantastico del terrorismo rosso in Giappone.
 

Ad una materia così composita risponde una messa in scena che alterna riprese piuttosto anonime (il trattamento del collegio in cui arriva il giovane rischia di sfociare nella banalità di un racconto da «attimo fuggente») a improvvise variazioni (dopo un'ora e mezza di carrelli e panoramiche, il film "indossa" la mdp e inizia a farsi brusco e acido). Risulta difficile quindi riassumere l'operazione compiuta da Ogata. È certo che l'eterogeneità non danneggia il racconto che, anzi, acquista vigore proprio con l'intrecciarsi dei fili. In particolare, l'epilogo (con la rincorsa forsennata del giovane al compagno suicida e il successivo incontro con il corpo-fantasma dell'amico che prelude al ritornare della canzone leit-motiv) resta una delle sequenze più intense viste a Cannes. Proprio attorno all'emergere del tema musicale (la canzone che i ragazzi provano a più riprese e che ha il sapore di una marcia militare) Boy's Choir sembra trovare un certo equilibrio. La musica collega i vari spunti del racconto. In questo senso Boy's Choir può essere letto come una grande riflessione sul trascendente: dalle forme religiose (il fantasma e il suo corrispettivo visivo, il flash in bianco, sono oggetti ricorrenti) a quelle dell'agire politico (e il suo contraltare quotidiano nell'educazione dei collegiali). O più semplicemente come superamento di sé: nell'io che si rinchiude per vedere dove la sua persona termina (fino a esplorare i confini della morte in immersioni in un lago gelato) o nell'incontro con il prossimo (il bambino dalla voce celestiale e il professore dal passato di militante). È nel declinare le forme ambigue dell'altro sesso, inprecise e affascinanti come quelle di un fantasma, che Ogata convince maggiormente. In un film di soli uomini, la donna resta il vero oggetto del desiderio. Sia essa camuffata nel corpo del bambino o intravista nella figura della terrorista, la presenza femminile aleggia nel film. Sembra il contraltare, tutto concreto, alla figura del padre. E come il padre è destinata a ritornare nel regno delle ombre (elettriche).

Carlo Chatrian