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Bitter history of a servant

Cina

Maxu Weibang, regista di film horror, esprime qui due aspetti altrettanto inquietanti della cultura cinese dell'epoca: i segreti innominabili celati nel passato feudale della Cina, e la prossima ventura imposizione di modelli esterni che preannunciano la censura spietata del regime comunista.

BITTER HISTORY OF A SERVANTQionglou hen

 

Maxu Weibang
Cina, 1949, b/n, 108'
Con: Wang Dafeng, Gu Eryi, Gu Yelou, Hong Bo, Yan Bijun, Su Qin

Dopo l'enorme successo di Song at Midnight, il regista Maxu Weibang si afferma come il maestro dell'horror cinese. Le suggestioni del suo cinema sono influenzate dall'espressionismo tedesco e dai classici americani, ma qui la sua ispirazione affonda nelle tradizioni iconografiche cinesi. La data di produzione del film è emblematica: il 1949 obbliga il regista alla conclusione positiva impregnata di un posticcio messaggio rivoluzionario; ma è sintomatico come la sequenza finale sia simile a Song at Midnight, confermando i suoi temi di predilezione: il doppio, il simulacro, lo specchio, il sosia, l'aspetto circolare del tempo e della realtà, le bambole alla Hoffman. Nonché la rappresentazione (forse allegorica) di un modello che si impone ad un altro, sostituendosi a lui. Infatti qui, come nel film citato poc'anzi, il protagonista finisce per essere profondamente cambiato dalle esperienze che vive, al punto di accettare l'identità fittizia che gli si voleva imporre dall'inizio del film.

I titoli di testa sono inseriti in una sequenza che mostra una fanciulla terrorizzata inseguita da un'ombra in una stanza arredata tradizionalmente; l'inseguitore alla fine le porta le mani al collo per strangolarla. Poi il film inizia con l'arrivo di una fanciulla in un'antica casa di campagna. I servitori la guardano terrorizzati, l'atmosfera è carica di sospetto ed angoscia, resi grazie alle musiche tese e ai movimenti di telecamera fluidi, sovente dei carrelli in avanti, che danno l'impressione di penetrare in un luogo oscuro e misterioso. La ragazza, dopo una notte agitata di tempesta in cui riceve la visita misteriosa di un uomo che si aggira per la sua stanza (lei sta sotto le coperte, tremante), decide di partire. Ma scopre di essere la sosia della figlia del proprietario, impazzito in seguito alla misteriosa morte della ragazza; l'infermiera si fa convincere dai fedeli domestici a restare per prendersi cura dell'uomo malato. Il vecchio la prende per la figlia scomparsa, e la colma di opprimenti attenzioni; in un processo alla Donna che visse due volte la ragazza si trasforma gradualmente nell'immagine della defunta: si acconcia i capelli come lei, si disegna un neo all'angolo delle labbra, si mette i suoi vestiti. Era una ragazza moderna, e si trasforma in un'icona della perfetta figlia confuciana. Ma non sarà questo modello a prevalere nella conquista dell'identità (fluttuante e vaga) della donna. Pian piano infatti scopre la verità dietro la morte della ragazza che sostituisce: le vengono narrati frammenti di passato, e la somma dei flashback rende conto di un dramma d'amore. La ragazza era innamorata del suo giovane insegnante di musica, un idealista rivoluzionario che sogna la creazione di una scuola innovativa. Ma la coppia incontra il rifiuto della famiglia, tanto del padre, che la vuole maritare al cugino, tanto del cugino stesso che la concupisce non corrisposto. Fingendosi la defunta, e sfruttando l'animo pauroso del cugino, l'infermiera riesce a strappargli una mezza confessione: il malvagio ha tentato di stuprare la ragazza, che si è difesa, e l'uomo l'ha strangolata. Poi, consigliato da una serva malvagia (sua amante), ha finto il suicidio di lei. La situazione precipita infine: i due amanti criminali bruciano tra le fiamme della magione; il vecchio riprende il senno e si pente della sua miopia che ha sacrificato la felicità della figlia per servilismo nei confronti della vecchia morale confuciana; la coppia si riforma: l'insegnante di musica è riapparso e fa coppia con l'infermiera, sosia della sua ex-amata.

Questo finale è rivelatore: innanzi tutto delle ossessioni tematiche del regista, poiché esso ha similitudini impressionanti con Song at Midnight: una coppia posticcia si forma incastrando i meccanismi del destino e corrispondendo al ruolo che il caso ha scelto per loro, in maniera macchinale e spersonalizzata. Parimenti, ma qui in maniera ancor più chiara, posticcia e dogmatica, il finale mostra la caduta della vecchia società (la casa feudale brucia con dentro i malvagi e il padre pentito affranto piange sulla soglia) e la nascita della nuova (i ragazzi che guardano al futuro).

È piuttosto inquietante, retrospettivamente, che la coppia "nuova" sia una sorta di incubo partorito da Hoffman, con tendenze paranoiche hitcockiane. Il modello della nuova gioventù le è imposto dall'esterno, il loro amore non nasce dalla passione romantica ma dall'adeguarsi ad un ideale altrui, che potrebbe essere l'influenza occidentale (cui il marxismo fa indubbiamente parte) oppure l'idea astratta di rivoluzione, progresso, cambiamento. Idee sbandierate in tutte le pellicole dell'epoca, e che già dall'anno successivo saranno obbligatorie e condizioneranno ogni aspetto della produzione artistica. Maxu Weibang, regista di film horror, esprime qui due aspetti altrettanto inquietanti della cultura cinese dell'epoca: i segreti innominabili celati nel passato feudale della Cina, e la prossima ventura imposizione di modelli esterni che preannunciano la censura spietata del regime comunista.

Corrado Neri