Asiamedia

Antenna

Giappone

Una nuova prova per Kumakiri Kazuyoshi che ancora una volta riesce a trovare materia in grado di sommuovere qualcosa nelle coscienze. In bilico tra un vago thriller psicologico, in cerca di soluzione per un giallo tutto sommato prevedibile, e la riflessione su temi più intimi e profondi, Antenna mantiene comunque una certa capacità di toccare corde profonde dei personaggi disturbati di cui racconta e non rinuncia a esplorare temi come il ruolo del dolore e del potere di suggestione, confermando il valore "politico" di un cinema che, non avendo niente di ideologico ma molto di innato, risulta ancora una volta suggestivo.

ANTENNAdi Kumakiri Kazuyoshi

Lo ricordiamo ancora a Taormina '88, Kumakiri Kazuyoshi, autentica folgorazione con l'ingenuo e furente Kichiku, dramma politico a tinte splatter che conquistò la Giuria e rivelò un autore potentemente naif. Qualcosa però nel frattempo dev'essere andato perso, se ora questo Antenna (come del resto già il precedente Hole in The Sky) non lascia lo stesso segno di quell'esordio. Non che Kumakiri Kazuyoshi appaia ormai regista trascurabile: il suo sguardo riesce comunque a trovare materia in grado di sommuovere qualcosa nelle coscienze. Il fatto è che sembra esser venuta meno quella certa sporcizia estetica che in Kichiku si sposava a una virulenza rappresentativa capace di aggredire lo spettatore.

Tratto dal best seller della scrittrice Taguchi Randy, Antenna mantiene comunque una certa capacità di toccare corde profonde dei personaggi disturbati di cui racconta: la storia e quella di Yuichirō, un esile ragazzo che deve fare i conti col ricordo di Marie, la sorellina scomparsa misteriosamente durante l'infanzia, lasciando la madre in uno stato di folle disperazione. Il ritrovamento di una bambina rapita sembra sconvolgere la famiglia e costringe Yuichirō a ritrovare i ricordi rimossi, che riguardano segreti familiari e le morbose attenzioni per Marie di uno zio poi morto suicida.

L'intreccio resta in bilico tra un vago thriller psicologico, in cerca di soluzione per un giallo tutto sommato prevedibile, e la riflessione su temi più intimi e profondi. Ma Kumakiri non riesce a risolvere il gioco d'equilibrio e si perde su una messa in scena o troppo lucida per delirare davvero come vorrebbe (e come avremmo preferito anche noi) sub turbamenti del protagonista, o troppo confusa per affidarsi pienamente allo sviluppo della vicenda. Certo Kumakiri mostra coerenza nel tornare a riflettere invasivamente sul ruolo del dolore nella società (giapponese) e sulla elaborazione del potere di suggestione, confermando in questo un valore "politico" del suo cinema che, non avendo niente di ideologico ma molto di innato, risulta piuttosto suggestivo. Ma, così com'è, Antenna resta un'occasione forse non del tutto sprecata, ma quanto meno sciupata.

M.C.
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