Mitico film rivoluzionario, diretto dal veterano Xie Jin (già autore di Girl Basketball Player n°5), incarna l'ideale politico marxista-cinese così come l'ideale filmico del partito.
RED DETACHMENT OF WOMANHongse nianzi jun
Xie Jin
Cina, 1960, col
Con: Zhu Xijuan, Wang Xin'gang, Cheng Qiang
Mitico film rivoluzionario, diretto dal veterano Xie Jin (già autore di Girl Basketball Player n°5), incarna l'ideale politico marxista-cinese così come l'ideale filmico del partito. Ne esiste uan versione balletto rivoluzionario: Red Detachment of Woman.
La vicenda è ambientata nell'isola tropicale di Hainan, dove i contadini sono sfruttati dal malvagio feudatario locale, Nan Baitian; quest'ultimo è interpretato efficacemente da Cheng Qiang, che si era specializzato nei ruoli di cattivo al punto da subire minacce da parte del pubblico; è l'avversario anche nell'altro, grande classico del cinema rivoluzionario, White-Haired Girl. Le prime sequenze mostrano la giovane Wu Qionghua che fugge per le strette vie della città, i vestiti a brandelli. Le scenografie sono, come i personaggi del film, manichee: a riprese dell'isola nella sua bellezza naturale e selvaggia si alternano rocce in cartongesso ed effetti luminosi economici ed espressionisti. La ragazza, nella fuga, incrocia Hong, che si finge nobiluomo facoltoso ma che è in realtà un generale dell'armata rossa in incognito. La ragazza viene catturata e riportata alla sua cella, dove, appesa al muro, subisce le frustate senza pietà del carnefice; il film non arretra di fronte alla cruda rappresentazione della violenza del nemico, anzi indulge nella rappresentazione dei martiri del comunismo; subito la fanciulla, e più tardi Hong finiscono legati e sottomessi al nemico, il corpo ferito e claudicante, ma lo sguardo vivo e deciso a non arrendersi.
Hong, con uno stratagemma, riesce a farsi regalare dal malvagio Nan Baitian la serva, e la libera sulle montagne, indicandole il sentiero che porta all'accampamento dell'esercito femminile. La ragazza, per via, incontra un'altra donna, il cui marito è morto prima delle nozze ed è ora costretta da dieci anni a dormire con il tronco di legno che lo rappresenta. Le due donne, simboli dell'oppressione feudale e patriarcale della società cinese, raggiungono l'accampamento dell'esercito rosso: bandiere, popolo esultante, corpi robusti e rosei. Mentre, infatti, il cattivo feudatario e i suoi lacchè sono ricoperti di un pesante trucco che ne rende la carnagione grigia e le occhiaie neropece, i comunisti, giovani e vecchi, sono tutti sani, forti e belli nonostante le angherie patite da generazioni. Le ragazze si fanno accettare grazie alla loro decisione e al loro coraggio: Qionghua, quando il comandante le chiede perché vuole unirsi alle truppe comuniste, si strappa la camicia davanti alle righe diligenti delle soldatesse, per rivelare le tracce ancora profonde delle frustate ricevute.
Il percorso che deve compiere la giovane non è finito: nonostante sia stata immediatamente accettata nell'esercito femminile rosso grazie alla sua sete di vendetta ed impulsivo coraggio, ora la ragazza deve imparare a obbedire agli ordini, a placare le sue ire per convogliarle verso il bene comune. Deve acquistare, insomma, coscienza di classe. Il partito è lontano, è un organismo senza volto che può garantire la benedizione dell'accettazione tra le sue file, ma anche punire con la scomunica. Il film si articola vivacemente in una serie di battaglie e di strategiche ritirate. Qionghua, durante una ricognizione, spara al feudatario, colpendolo solo alla spalla; tornata al campo base va agli arresti, ma accetta la punizione perché si rende conto che il bene comune deve venire prima del resto. "Sai cosa ha il comandante Hong più di noi? È membro del partito!", così con l'amica del cuore decidono di postulare per essere ammesse. La sua buona volontà è premiata: il comandante accetta la richiesta della protagonista di partecipare alla missione contro Nan Baitian. La telecamera segue con vigore e senza guizzi l'azione vittoriosa delle truppe, seguite dalle bandiere rose svolazzanti sulle teste di migliaia di soldati.
Rocambolesche avventure dopo, il malvagio è ancora libero, e sono giunte le truppe nazionaliste ad aiutarlo. Esse catturano Hong, che era rimasto indietro per permettere alle ragazze di fuggire. Legato, bastonato, il viso pesto, è davanti allo scrittoio con carta e pennello: deve scrivere, in presenza di Nan Baitian, le sue confessioni. Ma sul muro scorge delle tracce di vernice, una su tutte, lasciata dalle sue truppe: "viva il partito comunista!". Gli occhi gli si illuminano, e con mano decisa scrive un ultimo, coraggioso slogan rivoluzionario. Alla presenza sconvolta dei contadini locali gli spietati feudatari bruciano vivo l'eroe rivoluzionario, che grida "viva la rivoluzione!" proprio un attimo prima che le fiamme rosse lo avvolgano. Si definisce così la statuaria bellezza del martire rivoluzionario: un personaggio giovane, forte, bello, puro di spirito, totalmente devoto alla causa. La bella Qionghua è testimone impotente dell'evento. Il film ben esprime, al di là (o prima) della retorica ideologica, l'odio ed il rancore provato da generazioni di proletari sfruttati, schiavizzati e umiliati da un sistema totalitario e spietato. Ma ora, Hong ha capito la lezione: non si getta a capo chino nell'azione, ma ha imparato ad essere un buon capo e ad anteporre le esigenze tattiche del partito alle personali necessità di vendetta. Sarà comunque lei, al termine d'una eroica azione che coinvolge le truppe comuniste, il distaccamento femminile rosso e il popolo intero, a premere il grilletto che porrà fine alla vita di soprusi e malvagità di Baitian.
Le battaglie sono descritte con ampie panoramiche, un senso dell'inquadratura precisa e classica. Il cattivo è davvero senza speranza: dice "preferirei morire piuttosto che arrendermi", al che la ragazza gli dà un coltello perché possa esaudire il suo voto, ma l'uomo è talmente vile da non riuscire a usare il coltello contro se stesso; prova, quando oramai non ha più nessuna speranza, a raccoglierlo e lanciarlo contro la fanciulla, ma il suo grilletto è più veloce; così, tra l'altro, la protagonista ha davvero sparato per legittima difesa, senza valicare le regole che le avrebbero imposto di consegnare l'uomo al partito per essere giudicato (!). Un'altra sequenza degna di nota: Baitian ha radunato nel cortile gli abitanti del paese e si prepara a dare l'ordine di massacrarli; ma promette la libertà a chi griderà "abbasso il partito comunista!". Silenzio generale, occhi di fuoco, volti tesi. L'anziano contadino si avvicina al feudatario, lo guarda con disprezzo, e grida "abbasso i feudatari! Abbasso la vecchia società!" subito seguito dal coro entusiasta del popolo.
L'incipit del film mostrava tutti i personaggi soli, ed in particolare la ragazza braccata dagli sgherri del feudatario. Ora, Qionghua è alla testa del distaccamento femminile rosso, che marcia cantando verso il futuro (poche canzoni, in questo film, e diegeticamente inserite – pur nella surrealtà di ogni brano cantato – nel corpo del film, per esempio quando le soldatesse si devono confortare e infondere coraggio). Tutto il popolo esulta. C'è pure un bambino, frutto dell'amore di due soldati rossi (primo piano sul volto addormentato del futuro della Cina).
La conclusione: canti musica spirito rivoluzionario in tutta la sua carica; primo piano della protagonista che guida l'esercito; dissolvenza incrociata sulla bandiera rossa che sventola all'aria fresca della rivoluzione.
Corrado Neri