Mentre il movimento nazionale attraversa i momenti più critici fino al raggiungimento dell'indipendenza, il cinema panindiano consolida la propria fisionomia perfezionando generi e forme. Nascono in questo periodo film destinati a influenzare l'intera produzione "popolare" successiva, come Devdas (1935), Duniya na mane (1937) e Aurat (1940), ma anche i precursori del cinema cosiddetto "impegnato", come Dharti ke lal (1946).
GUIDA PRATICA AL CINEMA (PAN)INDIANOSeconda puntata: Gli anni Trenta e Quaranta
Gli anni Trenta
Nell'India di questo decennio, il movimento nazionale per l'ottenimento dell'autogoverno dall'impero britannico, iniziato alla fine dell'Ottocento, aveva raggiunto una fase matura, ma anche molto critica. Nel 1930-34 c'era stata la seconda campagna di disobbedienza civile, con la marcia del sale di Gandhi, a cui erano seguiti arresti di massa e brutali repressioni dei nazionalisti. Successivamente, le elezioni per i rappresentanti indiani nei governi provinciali avevano avuto come risultato la spaccatura, nel 1937, tra le due principali organizzazioni politiche indigene: il Congresso, che pretendeva di rappresentare tutti gli indiani, e la Lega Musulmana, che pretendeva di rappresentare tutti i musulmani indiani. Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, l'India è nazione belligerante senza che la sua dirigenza politica venga consultata. Questo provoca la rottura del dialogo tra gli inglesi e il Congresso, che si dichiara contro l'appoggio in guerra.
In questo quadro, le potenzialità del cinema come mezzo per influenzare l'opinione pubblica non erano sfuggite al governo coloniale che aveva imposto una strettissima censura. Diversi film che, sotto mentite spoglie, sfidavano o sembravano sfidare il dominio britannico venivano sfrondati di tutto ciò che appariva sospetto prima di ottenere il visto per la circolazione. Due esempi tra tutti: il film Wrath (1931, re. R.S. Chaudhrī) affrontava temi sociali come l'intoccabilità, la miseria, l'ineguaglianza, perfino una storia d'amore tra una hindu e un musulmano e un quasi-incesto. Tra i personaggi, tuttavia, figurava un personaggio di nome Garībdās Sādhu (che si potrebbe tradurre come "l'asceta servo dei poveri"), interpretato da un attore che, appositamente truccato, aveva una fortissima rassomiglianza con Gandhi e ne incarnava i principi. Il film era stato pesantemente tagliato e reintitolato Khudā kī shān (La gloria di dio), ma ne era stata vietata la circolazione in Panjab e in Bengala, due zone in cui l'opposizione violenta al dominio coloniale si era intensificata. Il secondo caso riguarda Svarājyachā toran (La bandiera della libertà, 1930, re. V. Shāntārām) sulla figura di Shivaji (1627-1680), fondatore del regno maratha, uno dei più influenti "eroi nazionali" creati alla fine tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento per condensare il sentimento popolare intorno a concetti meno alieni ed astratti di quello di nazione. La lotta di Shivaji per fondare un proprio regno, ritagliandolo dalle zone confinanti sotto il controllo dell'impero mughal e del sultanato di Bijapur, retti da dinastie di religione islamica, diventa simbolo di una fantomatica resistenza "hindu" contro i conquistatori "musulmani", per essere usato come allegoria della lotta degli indiani contro il dominio straniero. Quanto male abbia fatto all'India l'adozione di questi "eroi" è sotto gli occhi di tutti. Comunque, il film era stato mutilato a dovere e messo in circolazione con un titolo meno pericoloso: Udaykāl (L'ora del sorgere del sole o Thunder of the Hills).
Achhūt kanyā (1936)
Molti cineasti "impegnati" - non potendo apertamente schierarsi a favore del movimento di indipendenza, ma consapevoli del loro medium e influenzati certamente dalle campagne gandhiane - si erano rivolti così ai socials, esponendo gli elementi negativi della società indiana. Fin dagli esordi, molti film hanno denunciato o per lo meno mostrato le iniquità sociali e religiose del paese. Negli anni Trenta questo si manifesta in modo singolarmente evidente con opere come Amritmantham (Il frullamento dell'ambrosia, 1934, re. Shāntārām), contro il fanatismo religioso; Achhūt kanyā (La intoccabile, 1936, Franz Osten per Himānshu Rāy), contro l'intoccabilità; Bālyoginī (L'asceta bambina, 1936, re. Subramanyam), contro l'oppressione delle vedove; e due pietre miliari della cinematografia indiana, Devdās (1935, re. P.C. Baruā) e Duniyā na māne (Il mondo non l'accetterà, 1937, re. Shāntārām), contro i matrimoni (mal)combinati. Continua imperturbata anche la produzione di film mitologico-devozionali e di racconti storico-fantastici, tanto cari al pubblico, ancora più cari dopo l'avvento del sonoro nel 1931 (Ālam Ārā, re. Ārdeshir Īrānī) e il dispiegarsi dell'elemento più appariscente del cinema indiano ovvero le canzoni. Nel 1935, nel film Dhūp-chhānv (Luce e ombra, o Bhāgyachakra, Il cerchio del destiono, re. Nitin Bos), il direttore musicale Rāychand Borāl (1903-81) introduce l'uso del playback, così che attori e attrici possono essere scelti in base all'aspetto fisico e al talento interpretativo, senza tener conto delle qualità canore.
Tra i film importanti del periodo, oltre a quelli citati:
Indrsabhā (La corte di Indr, 1932, re. J.J. Madan), adattamento di una commedia di argomento mitologico-popolare (storia d'amore tra una ninfa celeste e un umano) del 1853 di Āgha Hasan Amānat; per quanto riguarda la produzione settentrionale, è il film con il maggior numero di canzoni: oltre 70. Ma film contemporanei della cinematografia meridionale superano di gran lunga questo numero.
Mazdūr (Operai, 1934, Mohan Bhavnānī), sulla dura situazione degli operai tessili, basato su un soggetto originale di Premchand (1880-1936), il padre della letteratura hindi. Il film cade nelle maglie della censura e si rivela comunque un fiasco che trascina con sé anche l'Ajanta Cinetone che l'aveva prodotto.
Amar jyoti (Luce immortale, 1936, V. Shāntārām), film d'avventura con la grande attrice Durgā Khote (1905-91) nel ruolo memorabile di una regina dei pirati, diventata tale per il rigore delle leggi patriarcali che le negano la custodia del figlio.
Manmohan (Incantesimo, 1936, re. Mahbūb Khān), primo social (sulla società feudale e patriarcale) del grande regista che realizzerà le opere più importanti nel decennio successivo e oltre.
Sant Tukārām (1936, Dāmle-Fatahlāl), il più importante dei film devozionali, sulla vita del grande poeta marathi del XVII secolo.
Gangāvtaran (La discesa del Gange, 1937, D.G. Phālke), ultimo e unico film sonoro film del Primo Regista, all'epoca settantenne; l'opera, pur se ricca di molti effetti speciali (realizzati, pare, dal figlio di Phālke, Bābārāy) non incontra il favore del pubblico.
Kisān kanyā (La contadinella, 1937, Motī Gidvānī), primo esperimento di film a colori con il processo Cinecolour, che tuttavia al momento non ha seguito.
Mukti (Liberazione, 1937, P.C. Baruā)
Adhikār (Il diritto, 1938, P.C. Baruā)
Brahmchārī (Votato alla castità, 1958, Master Vināyak), primo della serie di film di satira politica, in doppia versione marathi e hindi, di Master Vināyak (1906-47), regista e attore, in collaborazione con lo scrittore e regista P.K. Atre (1898-1969). Oggetto dei loro strali è qui l'enfasi posta sulla disciplina e sul celibato dal Rāshtrīya Svayamsevak Sangh (Lega nazionale dei volontari) organizzazione nata nel 1925 e legata all'induismo militante.
Brāndīchī botlī (o, nella versione hindi, Brāndī kī botal, La bottiglia di brandy 1939, Master Vināyak), secondo film di satira politica del team Vināyak-Atre, contro il proibizionismo e il moralismo gandhiano.
Ek hī rāstā (L'unica strada, 1939, Mahbūb Khān), forse il primo film che si avventura a presentare un uomo e una donna che vivono insieme senza essere sposati.
Mānūs (o, nella versione hindi, Ādmī, L'uomo, 1939, V. Shāntārām), storia d'amore tra un poliziotto e una prostituta; quest'ultima, accusata dell'omicidio del malvagio zio, accetterà la condanna come espiazione della vita passata, rifiutando la salvezza che l'innamorato le offre.
Pukār (Il grido, 1939, Sohrāb Modī), primo dei grandi film storici realizzati da S. Modī: il tema è la leggendaria giustizia dell'imperatore mughal Jahangir (1569-1627), soggetto di numerosi film e di racconti.
Sikandar (1941)
Gli anni Quaranta
Le fondamenta di quello che viene chiamato cinema popolare e che fiorirà appieno negli anni Cinquanta e Sessanta si consolidano in questo decennio, come ben individua I. Masud (1987), sia per quanto riguarda le strutture finanziarie dell'industria cinematografica, sia per le forme e i contenuti delle opere prodotte, che evidentemente sono determinate o per lo meno influenzate dalle situazioni politiche, sociali e culturali del periodo. Periodo che è particolarmente drammatico per il subcontinente: sono gli anni della seconda guerra mondiale, i cui costi l'India sostiene pesantemente per conto degli inglesi, ricavandone anche una disastrosa carestia nel 1943, che colpisce soprattutto il Bengala con tre milioni di morti. Contemporaneamente si assiste alle fasi finali della lotta per l'indipendenza, che l'Inghilterra tenta di schiacciare nelle forme più dure e che si conclude con la Partizione, la sanguinosa separazione del paese tra India e Pakistan. Il periodo bellico, tuttavia, se da un lato causa l'impoverimento della popolazione rurale, dall'altro è fonte di grandi profitti, leciti e in gran parte illeciti, frutto di speculazione sui beni di prima necessità e di mercato nero.
È in questo periodo che comincia anche il flusso di denaro sporco da riciclare nell'industria cinematografica, i pagamenti in nero alle star, con un vertiginoso aumento dei costi di produzione e lo spostamento del potere decisionale nelle mani di distributori ed esercenti (diventati anticipatori di denaro) che premono sui produttori per film "sicuri". Già nei primi anni del decennio la scarsità di materia prima, pellicole, aveva costretto a ridurre la lunghezza e la quantità dei film. A questo si aggiunge una tassazione rovinosa, resa ancora più dura dalla politica del governo, che stringe le maglie della censura e delle licenze dei film, prendendo nota dell'indifferenza dell'industria verso lo sforzo bellico (veniva concesso un certo quantitativo di pellicola in cambio di film o documentari a sostegno della guerra). Il Congresso in questi anni è fuorilegge, per aver dichiarato la propria opposizione all'entrata in guerra dell'India. La situazione per il movimento nazionale si fa critica soprattutto dopo il 1942, data della risoluzione Quit India lanciato da Gandhi (una delle rivolte più serie fronteggiate dagli inglesi e più sanguinosamente represse).
Kalpnā (1949)
Il cinema si allinea con le posizioni del Congresso, "allineamento" che si traduce in una svolta marcata verso film di intrattenimento, d'azione, fantastici, mitologici, romantici, (che, d'altra parte, rappresentano anche la formula di successo richiesta da distributori ed esercenti), mentre continua di pari passo l'impegno di molti cineasti sul fronte dei socials. Si cerca, inoltre, di far passare anche dei "messaggi" patriottici, talora spacciandoli per messaggi a favore della guerra contro possibili minacce esterne, come nel thriller Kismat (Destino,1943), diretto da Gyān Mukharjī; altre volte adombrando inviti all'unità delle varie anime dell'India contro un "nemico" non sospetto, come Alessandro Magno, con film storici come Sikandar (1941, re. Sohrāb Modī); o affrontando il conflitto tra le comunità come frutto dell'intrusione di sistemi di vita non tradizionali, come in Parosī (I vicini, 1941, re. V. Shāntārām): nel 1940, a seguito dei difficili rapporti tra Congresso e Lega Musulmana, Muhammad Ali Jinnah (1876-1948) aveva presentato la risoluzione nota come "Teoria delle due nazioni", secondo la quale i musulmani in India costituivano una nazione a sé. Dalla seconda metà del decennio, con l'approssimarsi dell'indipendenza, cadono le restrizioni sulle materie prime e si assiste a un raddoppio delle produzioni. Proprio in questo frangente, nascono alcuni film degni di nota, in quanto precursori di un filone "realista" che piace ai critici ma non altrettanto al pubblico: Dharti ke lāl (I figli della terra, 1946, re. Khvājā Ahmad Abbās), sulla carestia del Bengala del 1943, prodotto dall'IPTA (Indian People's Theatre Association), movimento teatrale nato nello stesso anno ad opera di intellettuali ed artisti e vicino al partito comunista; e Nīchā nagar (La città bassa, 1946, re. Chetan Ānand), anche questo sostenuto dall'IPTA e ispirato al romanzo Bassifondi (1902) di Gor'kij.
Film importanti del periodo:
Achhūt (L'intoccabile, 1940, re. Chandūlāl Shāh), allineato con la campagna gandhiana contro l'intoccabilità e pubblicizzato come film nazionalista.
Aurat (Donna, 1940, Mahbūb Khān), l'opera con cui nasce l'archetipo della Madre cinematografica. Nel 1957 il regista ne realizza il remake a colori, Mother India, uno dei maggiori successi del cinema indiano.
Chitralekhā (1941, Kedār Sharmā), uno dei film con cui si impone il personaggio della cortigiana cinematografica (l' "altra faccia" della madre cinematografica). Anche questo film avrà un remake a colori ad opera dello stesso regista nel 1964, di maggior successo rispetto al primo.
Rāj nartkī (o Court Dancer, 1941, Madhu Bos), realizzato in tre versioni - hindi, bengalese e inglese - è il film più famoso del regista e della moglie Sādhnā, protagonista della vicenda e nota danzatrice classica (in questo caso dello stile Manipurī).
Rotī (Il pane, 1942, Mahbūb Khān), uno dei più noti socials del regista, che vede contrapporsi una coppia di avidi capitalisti e il mondo incorrotto dei tribali, mentre gli eventi vengono commentati e manipolati da una sorta di "direttore di scena".
Rāmrājya (Il regno di Rām, 1943, Vijay Bhatt), il film più famoso del regista della serie basata sul Rāmāyan; l'episodio riguarda l'esilio nella foresta di Sītā, sposa di Rām, re di Ayodhya, considerato incarnazione del dio Vishnu.
Tansen (1943, Jayant Desāī), sulla vita del leggendario cantante e musicista che visse alla corte dell'imperatore mughal Akbar (1542-1605), con l'altrettanto leggendario cantante Kundan Lāl Sahgal (1904-46) nel ruolo del protagonista.
Rāmshāstrī (1944, Gajānan Jāgirdār), sulla vita di Rāmshāstrī Prabhune (1720-89), famoso giudice del Maharashtra, è l'ultimo grande film della Prabhat Film Company.
Ratan (La gemma, 1944, Muhammad Sādiq), storia d'amore di grande successo, soprattutto per le musiche che consacrano la fama del compositore Naushād (n. 1919).
Udayer pathe (Sulla via della luce o, nella versione hindi, Hamrāhī, Compagni di viaggio, 1944, Bimal Rāy), prodotto dai New Theatres, dove Bimal Rāy, che esordisce così nella regia, lavorava come operatore.
Dr. Kotnis kī amar kahānī (La storia immortale del dottor Kotnis, 1946, V. Shāntārām), tratto dal libro And One Did Not Come Back, di K.A. Abbās e basato sulla storia vera di una squadra medica indiana mandata in Cina durante la II guerra mondiale.
Elān (L'annuncio, 1947, Mahbūb Khān), uno dei cosiddetti Muslim socials, e anche una delle opere meno conservatrici del regista che qui, attraverso il personaggio di un'europea sposata in una famiglia musulmana, critica la condizione di arretratezza della comunità.
Āg (Il fuoco, 1948, Rāj Kapūr), storia di un artista sfigurato e del suo rapporto con tre donne, segna il debutto nella regia di Rāj Kapūr (1924-88), cineasta destinato a diventare il massimo showman dell'industria.
Chandralekhā (1948, S.S. Vāsan), opera di straordinario successo sulle vicende di un malvagio principe che cerca di strappare il trono e la donna amata al fratello; segna anche l'ascesa della cinematografia tamil alla conquista del mercato panindiano con la doppia versione (tamil e hindi) dei film.
Kalpnā (Fantasia, 1949, Uday Shankar), film narrato attraverso la danza, diretto, interpretato e coreografato dall'allora più famoso danzatore indiano, fratello maggiore del musicista Ravi Shankar. I testi delle canzoni sono opera di uno dei massimi poeti hindi, Sumitrānandan Pant (1900-77), mentre l'autore dei dialoghi è il grande scrittore Amritlāl Nāgar (1916-90).
Andaz (o A Matter of Style, 1949, Mahbūb Khān), storia di Nītā, donna moderna e occidentalizzata, e del suo rapporto con Rajan, il marito, e con Dilīp, il quale scambia per amore quello che è solo amicizia. Per dimostrare la sua fedeltà al marito, Nītā finirà per uccidere Dilīp, con rifiuto finale dell'occidentalizzazione.
Barsāt (La stagione delle piogge, 1949, Rāj Kapūr), primo grande successo del cineasta (regista, produttore e interprete del film), che contrappone l'amore sublime alla passione sensuale.
Mahal (Il palazzo, 1949, Kamāl Amrohī), primo film del regista (anche scrittore di lingua hindi e urdu, soggettista e sceneggiatore), che narra una vicenda misteriosa di spiriti e di reincarnazioni.
(continua)
Consigli bibliografici
Barnouw, E.-Krishnaswamy, S., 1980, Indian Film, Oxford University Press, New York, II ed. ampliata, I ed. 1963.
Garga, B D, 1996, So Many Cinemas. The Motion Picture in India, Eminence Designs, Mumbai.
Masud, I., 1987, Genesis of the Indian Popular Cinema. The Early Period, in "Cinema in India", Vol. I, Inaugural Issue, January, pp. 10-17
Masud, I., 1987, Genesis of the Indian Popular Cinema. The Forties: Religion, Romance and Revolt, in “Cinema in India”, Vol. I, No. 2, April, pp. 18-23.
Rangoonwalla, F., 1983, Indian Cinema. Past & Present, Clarion Books, New Delhi.
Cecilia Cossio