Little Toys è uno dei più grandi capolavori di Sun Yu e del cinema progressista degli anni trenta. I contenuti progressisti, derivanti da un elementare marxismo, sono saldamente innestati in una struttura melodrammatica tradizionale.
LITTLE TOYSXiao Wanyi
Sun Yu
Cina, 1933, b/n, 114'
Con: Ruan Lingyu, Yuan Congmei, Li Lili, Luo Peng, Han Langen
Successivo di un anno a Wild Rose, Little Toys è uno dei più grandi capolavori di Sun Yu e del cinema progressista degli anni trenta. I contenuti progressisti, derivanti da un elementare marxismo, sono saldamente innestati in una struttura melodrammatica tradizionale, il che implica sentimenti espressi con passione, l'ambito familiare come teatro degli eventi e specchio della storia, eroismo e figure esemplari, retorica dell'eccesso e forti semplificazioni, nonché un appello evidente ad un grande pubblico attraverso moduli narrativi ben oliati. Il film vede insieme le due attrici feticcio di Sun, Ruan Lingyu e Li Lili, che interpretano, nonostante abbiano due anni di differenza, rispettivamente madre e figlia. (le due saranno sorelle in National Style)
1921, un villaggio nel sud della Cina. Una famiglia vive serenamente, producendo giocattoli. La bella Ye (Ruan Lingyu), madre di due figli, viene presentata da Sun Yu con una certa ambiguità, ed è il dolce languore che ammanta le sue figure ad avergli dato la notorietà, insieme alla capacità di tessere opere dal forte messaggio nazionalista senza per questo rinunciare all'approfondimento psicologico dei suoi personaggi. Qui, per esempio, Ye si alza sempre tardi, ama poltrire a letto, o forse è un'ombra di malinconia che le impedisce di affrontare la giornata di petto? Presto, l'armonia familiare è messa in dubbio dall'arrivo di un cittadino, che si dimostra molto affettuoso con lei. L'estate precedente si sono conosciuti, ed è nata la passione. Ma la donna, forte e coraggiosa, non può abbandonare la famiglia né il villaggio, che dipendono dal suo lavoro e dalla sua capacità di creare giocattoli. La donna è così forte, e il suo discorso così appassionato (le didascalie di questo film sono particolarmente numerose e verbose) che convince l'uomo a seguire il suo progetto originario di partire per la Germania ed imparare le tecniche che permetteranno alla Cina di modernizzarsi. In più occasioni la bottega della famiglia Ye, con la sua coorte di caratteristi (Han Langen che fa l'Idiota, il vecchio confuciano, i bambini) è luogo di concioni politiche-nazionaliste in cui viene espresso il manifesto degli artigiani del periodo: i giocattoli sono simboli di prodotti moderni, in primis le armi. Gli occidentali posseggono mezzi e denaro per fabbricarne in fretta ed in gran quantità, così che la concorrenza cinese è schiacciata. Tanto più che già le città sono invase da giocattoli (prodotti) occidentali. Si tratta di rimostranze dell'epoca, ma che ancora oggi hanno un valore: l'invasione consumistica occidentale, interrotta dalla rivoluzione culturale, è oggi in piena espansione.
La vita del villaggio è certo descritta con un certo idealismo: bambini che giocano felici, giovani virgulti che portano a spalla cesti di raccolti, vecchi saggi che lamentano il triste matrimonio di Ye, da tutti rispettata ed amata. I travelling sono la figura retorica maggiormente utilizzata, quasi un'eco di Naruse: i personaggi raccontano se stessi e le loro relazioni quando passeggiano uno accanto all'altro, e attorno a loro sfila il contesto ed il paesaggio. Il film è poi punteggiato da dei lampi: i primi piani dl volto delle attrici, che incarnano l'ideale di spontaneità perseguito da Sun Yu. Tanto Li quanto Ruan avevano pochissima esperienza davanti alla macchina da presa, ma Sun riesce ad estrarre dai loro volti l'espressione giusta, la risata più spontanea, il sorriso più splendente. Lontanissima dall'immagine ingessata e fatale che Gong Li ha veicolato negli ultimi anni in occidente, la donna cinese di Sun Yu è spontanea, forte pur restando estremamente femminile – e infantile, perché le sue protagoniste sono sensuali proprio perché più vicine al mondo spontaneo e generoso dei bambini che a quello calcolatore e meschino degli adulti (tranne quando le ragazze dovranno diventare mascoline sotto la guida del partito, come avviene in Avec le vent en poupe).
La tragedia è in agguato: prima muore il marito di Ye, stroncato dalla tisi. Mentre Ye piange sul corpo dell'uomo riverso al suolo, suo figlio si perde nella folla, e viene rapito da un uomo che lo venderà ad una famiglia benestante di Shanghai (Sun mostra il primissimo piano dell'occhio dell'uomo che segue il bambino perduto nella folla con malvagia intensità).
Subito dopo la guerra civile menata dai signori della guerra devasta la regione, ed il villaggio è costretto a rifugiarsi a Shanghai. È sempre Ye che incoraggia gli altri a riprendere a vivere. Passano dieci anni. Prima un primo piano della bambina, Chu Er, e poi un primo piano della ragazza che è diventata, l'esplosiva Li Lili. È il 1931.
Il parallelo giochi/armi si fa esplicito, poiché il regista li filma con montaggio alternato. I giapponesi (di cui non si fa mai il nome, sono semplicemente "gli stranieri") hanno invaso la Cina e bisogna resistere. Il vecchio spasimante di Ye è tornato: viene ripreso da solo, nella sua ricca stanza, e una carrellata lo avvicina all'obiettivo, ma poi si sposta dapprima sulla sua mano che regge una sigaretta, e poi nel vuoto che gli sta accanto; il vuoto verrà presto riempito da ricordi, le immagini idilliache di felicità vissute nel villaggio di Ye. Una soggettiva mostra ciò che l'uomo vede quando va al villaggio per cercare l'antica fiamma: un contadino gli parla con aria triste, e una panoramica rivela solo fango e miseria. Poi il flashback termina e si torna alla ricca stanza dell'imprenditore, sul cui volto cola una lacrima.
La telecamera di Sun Yu cerca la realtà e la spontaneità nei volti così come nei luoghi: predilige la folla, le feste popolari, la massa brulicante di vita che è soggetto altamente cinematografico. Nella folla, scoppia la guerra. Ye e la figlia, Che Er, aiutano le retrovie, descritte con ampie carrellate avanti e indietro. Chu Er prende in mano un fucile ed esclama: "com'è che questo giocattolo è così pesante?". La risposta è che, tragicamente, non si tratta di un giocattolo. I ragazzi seguono i soldati al fronte, mentre le donne restano nelle retrovie per portare il proprio aiuto. Ma la tragedia è in agguato su entrambi i fronti. Nel corso di un'azione eroica perde la vita il ragazzo di Chu Er, e la ragazza poco dopo viene colpita dai bombardamenti. Alla madre non resta che cullarla un'ultima volta. La sequenza della morte della giovane è lancinante, e contiene un passaggio di un lirismo straziante (già visto in Song of a Fisherman). La ragazza è riversa su un banco, la madre la accudisce, la ragazza dice: "non ti preoccupare, mamma, non è doloroso", e le asciuga le lacrime dal volto, come la madre usava fare con lei da bambina, e le dice: "solo gli stupidi piangono". Il primo piano delle mani di Chu Er che asciugano gli occhi di Ye è giustamente entrato nella storia del cinema cinese.
Passa un anno ancora. La guerra è finita, per ora. Le persone sono tornate alle loro preoccupazioni, e Sun Yu denuncia soprattutto la borghesia di Shanghai che si dedica ai balli e ai divertimenti come se fosse a Chicago. Ye, ridotta in povertà, mendica per le strade vendendo i suoi ormai anacronistici giocattoli in legno. Compare, dal lato opposto della strada, suo figlio. Che pur non riconoscendola, è attratto da lei. Le va accanto. Non si riconoscono, ma il bambino si informa se i giocattoli della donna sono made in China, perché lui indossa l'uniforme dei boyscout e salverà la Cina, un giorno. I due si sorridono, in una sequenza toccante. Ma poi, la follia: è giorno di festa, vengono fatti scoppiare i petardi tradizionali. Ma Ye li scambia per bombe, e comincia gridare all'allarme. Dapprima scatena il panico, ma pian paino la gente si rende conto che si tratta del delirio di una matta e le si fa attorno. Lei, però, non smette, e chiama uno per uno gli astanti incitandoli ad agire. Poi, con gesto sorprendente, si rivolge direttamente alla macchina e puntando il dito contro l'obiettivo, grida: "Tu!". Direttamente al pubblico. L'immagine con cui si chiude il film è uno shock visivo adesso, e deve esserlo stato ancor più nel cinema di Shanghai degli anni trenta dove la donna si rivolgeva precisamente alle persone che avrebbero dovuto essere in guerra contro il nemico invasore imperialista, e non lo erano.
Sun Yu dimostra una violenza inusitata, con questo carrello avanti e questo gesto diretto di coinvolgimento allo spettatore infrange le barriere della rappresentazione lanciando un appello forte ai suoi spettatori dell'epoca. Il tutto usando abbondantemente le didascalie, ma anche e soprattutto gli strumenti del cinema, quali carrellate rapide in avanti, mobilità estrema della macchina, montaggio espressivo e ideologico, ed infine questo sorprendente sguardo in macchina, che contribuisce tra l'altro a scolpire la leggenda di Ruan Lingyu.
Corrado Neri
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