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Song of a fisherman

Cina

Sono frammenti incompleti quelli che ci restano di questo capolavoro, ma sufficienti per valutarne la potenza espressiva, la denuncia implacabile alla società che richiede delle vittime per poter progredire, così come il lirismo di fondo del nascente cinema cinese, il passaggio ormai preannunciato e obbligato dal muto al parlato ed infine gli esperimenti, timidi ma presenti, con il linguaggio cinematografico.

 

 

Song of a Fisherman

Yu gung qu

 

Cai Chusheng
Cina, 1934, b/n
Con: Wang Renmei, Luo Peng, Yuan Congmei, Han Langen, Tang Tianxiu
 

Film capitale della storia cinese, enorme successo in patria, mutilo di numerosi capitoli: le pellicole originali sono manchevoli, difettose, rovinate in più punti e mancanti di intere sequenze.

Nonostante ciò, è possibile capire perché l'opera fosse considerata un capolavoro drammatico. Film muto, ma sonorizzato con un procedimento utilizzato anche per Big Road: restano le didascalie, ma sono aggiunti in sonoro i rumori come le onde ed il mare, o gli oggetti che si rompono, nonché e soprattutto la canzone che dà il titolo al film.

La pellicola è un esempio limpido del cinema "di sinistra" militante di quegli anni: porta avanti una denuncia dello sfruttamento dei pescatori e, con qualche ingenuità ma con forza inesausta, la dicotomia sempre più netta tra la classe dirigente di Shanghai e i poveri pescatori schiacciati dalle nuove imbarcazioni tecnologiche (una tecnologia importata), di cui non sono in grado di subire la concorrenza.

I protagonisti sono due gemelli: lei, Wang Renmei, celebre attrice e cantante (protagonista di Wild Rose); lui, Han Langen, famoso caratterista comico (presente nella maggior parte dei film muti) che assume a volte i tratti di una sorta di Chaplin cinese, per la grande espressività del volto e la morbidezza dei movimenti.

I due gemelli nascono in una povera famiglia di pescatori, ed il padre per mantenerli deve andare a cercare lavoro a Shanghai. I due crescono, la madre fa da badante in un ricca famiglia; i loro nomi: Xiao Hou lui (piccola scimmia), Xiao Mao lei (gattina). Sono in buoni rapporti con il figlio della ricca famiglia: una scena esemplare vede il ragazzino tornare a casa da scuola, e chiamare i due gemelli (lo schermo si ritaglia un cerchio, per indicare la soggettiva che sembra un binocolo). Essi vogliono che lui insegni loro cosa ha imparato a scuola, mentre lui vuole in cambio che cantino la Canzone dei pescatori. La bambina canta, e il regista filma un vero e proprio video musicale ante-litteram, con immagini extradiegetiche (rarissime nel cinema cinese dell'epoca, al contrario di quanto accade nel cinema russo coevo) pesci e uccelli, scene naturali in parallelo con il testo della canzone (altrimenti tutto il film è ossessivamente accompagnato dalla musica dell'ave Maria di Shubert). Poi le cose cambiano, prese in un ingranaggio inarrestabile: la nonna si ammala, la madre lo viene a sapere in casa della ricca famiglia e sviene di conseguenza, mandano in pezzi una preziosissima scultura (numerosi primi piani con relativo effetto sonoro della statua raffigurante un funzionario Tang che si spezza; in seguito sarà un bicchiere a rompersi; il sonoro è concupito dai cineasti cinesi, è già lì quando non dovrebbe esserci; lo spirito da insegnanti, il logocentrismo cinese richiede senza appello il passaggio al parlato). E la discesa da Malavoglia non si arresta; la madre perde la vista, i due figli devono cercare lavoro perché la pesca non è più ricca come un tempo. Questa è una sequenza ricorrente nella cinematografia dell'epoca (v. Plunder of Peach and Blossom): le lunghe file d'attesa davanti agli uffici, alle fabbriche, al collocamento per poter ottenere un posto. Nonostante qualche gag (i due ragazzi che cercano di inserirsi nella fila, e si fanno cacciare), il film è qui decisamente realista, muove un atto d'accusa senza appello alla società del tempo descrivendo le umilissime condizioni di sussistenza delle fasce più deboli della popolazione. Che sono poi anche quelle di buon cuore: i gemelli tornano a casa e non rivelano alla madre d'essere senza lavoro, ma le fanno credere ci averlo trovato. Il cieco è ingannato a fin di bene (come in Happy Times di Zhang Yimou), ma questo porta a una consapevolezza se possibile ancor maggiore delle misere condizioni in cui si trovano i due ragazzi. Al contrario, la famiglia di Shanghai è descritta come vivente in uno splendore artefatto: la moglie si lustra il viso imbellettandosi di cerone bianco, ruba al marito un bicchiere di vino per gioco, etc. Scimmiottano gli occidentali in case di lusso con riproduzioni di statue greche e baffetti all'occidentale: i baffi, solitamente, evocano il cinese occidentalizzato, rappresentato negativamente, oppure il nemico giapponese.

Cai Chusheng non risparmia nella sua critica amara nemmeno il corrotto mondo delle imprese shanghaiesi. Il giovane ingegnere scopre le malversazioni che avvengono nel suo ufficio, e le denuncia, ma troppo tardi; il malfattore è già fuggito, e tutto ricadrà sulla testa di un quadro dirigente. Anche qui, quando l'uomo viene informato della cosa per telefono, un primo piano sul bicchiere che si infrange a terra segna l'avvenuta rottura dell'equilibrio. E poi, lo schermo si divide in due: nella parte inferiore lui al telefono, in quella superiore immagini della moglie, delle feste, dell'ufficio, i segni tangibili del suo benessere e della sua rispettabilità si affollano in sovrimpressione sulla sua testa.

Poi il film procede a scatti, purtroppo, a causa della mancanza di parecchi metri di pellicola. Il regista alterna alcune intuizioni di regia (dissolvenze, messe a fuoco e fuori fuoco per indicare l'instabilità e la confusione, gli effetti sonori aggiunti che irrompono nel testo del film) ad un realismo documentario che riprende le vite sempre più miserevoli dei due fratelli, che si trovano pure a dover fare i menestrelli. Il montaggio crea dei contrasti e delle similitudini: prima il montaggio alternato mostrava la ricca coppia litigare per scherzo attorno ad una bottiglia di vino, e i giovani fratelli giocare nel fango; in seguito viene inquadrata una scimmietta, costretta da un domatore a sorridere, e subito dopo Xiao Hou travestito da clown che si sforza di recitare la sua parte, con risultati catastrofici: cade a terra, la folla si disperde, arriva la polizia, si fa arrestare...

Il giovane padroncino tenta pure di portarli a casa propria, ma la differenza di status è invalicabile: con mdp fissa, lui si lancia su per le scale per cercare il padre ed informarlo. Già i due si trovano in imbarazzo sul divano troppo morbido e si siedono per terra, in una sequenza che per l'utilizzo ironico dello spazio ricorda le comiche di Chaplin. Poi il padre entra di colpo e li scaccia via, umiliandoli.

E poi di colpo, la morte, parallela. La madre dei gemelli muore in un incendio. I due sono accolti nuovamente dal loro facoltoso amico, ma anche i ricchi piangono: il padre del ragazzo riceve una telefonata: l'amante è fuggita rovinando la sua fortuna. L'uomo si guarda allo specchio con recitazione da film muto, un sublime portarsi le mani al volto e sgranare gli occhi nell'orrore della consapevolezza del suo onore macchiato. Rompe lo specchio, che va in frantumi. Poi apre il cassetto e ne estrae una pistola. La scena passa al piano di sotto, dove il giovane discute con i due poveri orfanelli. Un rumore li scuote, corrono su, ma per l'imprenditore è troppo tardi.

Il film è, si è detto, mutilo, e così le sequenze che seguono, oltre ad essere rovinate in più punti, mancano di coerenza narrativa. Ma la fine è rimasta, ed è tragica e lirica al tempo stesso. Su una grande imbarcazione (un bastimento costruito dal giovin signore, che non ha dimenticato gli amici di gioventù e li ha assunti, pur se rappresenta la modernità che schiaccia forzatamente la vita tradizionale dei piccoli villaggi). Xiao Hou ha un mancamento, si accascia, e piange. La sua ora è giunta. È una sequenza toccante: la sorella e l'amico piangono, non il morente, ed è lui ad asciugare loro le lacrime (come nella sublime sequenza di Little Toys). Segue una sequenza davvero emblematica: tutti i marinai accorrono per vedere che succede: in tutti i film cinesi è facile notare questo aspetto caratteristico della cultura: il vicinato, i passanti, tutti si accalcano come un coro del teatro greco e come spettatori del dramma della vita altrui nei cortili interni, per strada, sulle scale dei palazzi di Shanghai per assistere al fatto e commentarlo. La Cina qui ritratta è un luogo dove non esiste la vita privata, dove la collettività è obbligata, dove ogni azione è commentata e giudicata dagli astanti, una enorme famiglia allargata. Ebbene, mentre solitamente è dall'"esterno" che si assiste all'adunanza, qui c'è una soggettiva di Xiao Hou (che sarà ripresa da Jia Zhangke in Xiao Wu): una panoramica percorre il semicerchio degli astanti, e riprende frontalmente un gruppo di perone che fissano il protagonista; gli spettatori guardano in macchina. Al punto che Xiao Hou ne è infastidito, e chiede loro di spostarsi, perché ha paura. Poi domanda alla sorella di cantare ancora una volta il canto dei pescatori. Lei canta, e lui chiude gli occhi e muore. L'ultima sequenza è un carrello da destra a sinistra: dapprima inquadra i pescatori che svuotano la rete, gonfia di pesci, sul punte dell'imbarcazione. Poi la mdp si sposta sulla sinistra e riprende il giovane coltivato che si alza lentamente, mentre la sorella è ancora accovacciata sul corpo senza vita del fratello.

La produttività del moderno peschereccio costa delle vite umane, richiede un prezzo esorbitante.

Cai firma qui uno dei lavori più celebri di tutta la filmografia cinese pre-49.
Forza di carattere, violenza di denuncia che però non resta solo a livello di dicotomia tra ricchi e poveri, in quanto anche tra i ricchi ci sono i virtuosi (ma impotenti) e i ladri; della tecnologia è in qualche modo glorificato l'aspetto di progresso sociale e l'evidente convenienza, ma allo stesso tempo ne è denunciata l'inevitabile selettiva crudeltà. Ancora: realismo di denuncia che rispecchia le tendenze culturali e letterarie dell'epoca, la necessità cioè di dare voce e corpo alle classi emarginate, mescolata con un lirismo di fondo (melodrammatico) e con la tentazione musicale che punteggia il film, nei momenti cardine, di canzoni che diverranno immensamente popolari.

Sono dunque frammenti incompleti quelli che ci restano di questo capolavoro, ma sufficienti per valutarne la potenza espressiva, la denuncia implacabile alla società che richiede delle vittime per poter progredire, così come il lirismo di fondo del nascente cinema cinese, il passaggio ormai preannunciato e obbligato dal muto al parlato ed infine gli esperimenti, timidi ma presenti, con il linguaggio cinematografico: le carrellate, le sovrimpressioni espressioniste, i primi piani improvvisi (come sulle labbra di un industriale che manda un messaggio silenzioso durante un ricevimento alla sua amante) che interrompono la sintassi ed il ritmo e rimangono come bagliori nella memoria.

Fu il primo film cinese a ricevere un importante riconoscimento all'estero, il premio d'onore al festival di Mosca del 1935.

Corrado Neri