Pochi piani bastano per introdurci nel cuore del film. Un travelling laterale sulle sponde di un fiume. Un vecchio barbone-filosofo che giace senza vita nella sua capanna blu. La testa di un uomo che spunta dalla tendina. Ricorda l'ultimo incontro con il saggio barbone: ricorda soprattutto la rivelazione di un segreto, il tesoro nascosto in un vaso, in una casa sulla costa giapponese, nei pressi di un ponte rosso dove scorre un canale che sfocia nel mare. Tutto quello che accadrà in seguito è da imputare alla rivelazione del filosofo: potremmo considerarla una sua precisa macchinazione. Meglio – e Imamura sembra apprezzare l'avvicinamento, tanto da proporcelo – l'azione del vecchio ricorda il lavorio di un ragno che tesse la sua tela.
IL FILO DELLA RAGNATELA
Una pozzanghera d'acqua,profonda un dito, accumulatasi nel selciato delle nostre strade, sembra aprire nelle viscere della terra prospettive la cui profondità uguaglia quella dell'abisso che si stende tra il cielo e la terra, tanto che si crede di scorgere sotto i piedi le nuvole,il cielo,e vedere,miracolosamente immersi sotto terra,i corpi che popolano il cielo. (Lucrezio) Pochi piani bastano per introdurci nel cuore del film. Un travelling laterale sulle sponde di un fiume. Un vecchio barbone-filosofo che giace senza vita nella sua capanna blu. La testa di un uomo che spunta dalla tendina. L'uomo è padre di famiglia: sfaccendato (ha perso il lavoro da poco... moglie assillante... mutuo da pagare). Egli ricorda l'ultimo incontro con il saggio barbone: ricorda soprattutto la rivelazione di un segreto, il tesoro nascosto in un vaso, in una casa sulla costa giapponese, nei pressi di un ponte rosso dove scorre un canale che sfocia nel mare. Tutto quello che accadrà in seguito è dunque da imputare alla rivelazione del filosofo: potremmo considerarla una sua precisa macchinazione. Meglio – e Imamura sembra apprezzare l'avvicinamento, tanto da proporcelo – l'azione del vecchio ricorda il lavorio di un ragno che tesse la sua tela. È ciò che ci mostra Imamura: il tempo di abbassare la macchina da presa tra l'uomo e la struttura di un ponte. Ecco apparire al suo fianco una meravigliosa ragnatela. È il vecchio Taro a tessere la tela su cui rimane impigliato il nostro protagonista. Che cosa si trova al centro della ragnatela (al centro di questa storia)? Una casa in legno, appunto. Una casa tra un ponte rosso e il mare aperto. Una stanza. Sullo sfondo: montagne. (...) La casa non somiglia a un labirinto (anche se la storia raccontata denuncia un alone mitico), ma è certo che al suo interno, in una stanza, si nasconde un mostro. Questo mostro per eccesso (per eccesso d'acqua al suo interno) – finiremo per scoprirlo – ha le sembianze di una simpatica e florida donna giapponese. Donna-geyser, vampiro succhia grasso, questa donna è un "prodigio". Possiamo affermare che l'acqua che fuoriesce dal suo organo sessuale sia un'apparizione inaspettata e inattesa, l'emersione di ciò che solitamente resta inespresso e inesplorato: l'orgasmo della donna? Chissà... Iniziazione sessuale: formaggi piccanti, dolci casalinghi. La vita scorre tra questa cucina erotica, reti da pesca, dispersione di fluidi: quotidianità del bucato... Che sapore ha l'acqua che esplode dall'origine della vita? Domanda che avrebbe interessato Aristotele. I pesci del canale sembrano apprezzare. Nondimeno, questo stato fluido ingloba l'intero film. Tanto da permetterci una deviazione. Per chi scrive il momento topico di Acqua tiepida sotto un ponte rosso è legato ad una sequenza in particolare: quella del primo segnale ottico che la donna destina al suo compagno grazie a uno specchio. Luccichio in lontananza. Un cannocchiale. Poi, due inquadrature della donna intenta a manovrare uno specchio. Il suo sguardo lascia emergere un intero mondo legato al desiderio. Che cos'è questo specchio? Una protesi e un canale . Lucrezio e il suo De rerum natura, Narciso che si specchia nella fonte d'acqua... Innumerevoli sono gli esempi di ciò che unisce la superficie riflettente dello specchio e l'acqua. «Chi è percorso dal veleno di un cane rabbioso dicono che veda rispecchiata sull'acqua una faccia di bestia; forse su di me Eros folle ha piantato il suo dente amaro, ha devastato con delirio la mia anima: mi riflettono la tua cara immagine il mare e le correnti dei fiumi e questa coppa di vino». Questo epigramma di Paolo Silenziario ci invita a considerare lo specchio (e di conseguenza l'acqua) come una forma simbolica in grado di evocare la ferita amorosa, la superficie che riflette un desiderio (un passo celebre di Aristotele, «Della divinazione nel sonno», sottolinea il rapporto tra i sogni e le immagini che si riflettono in una superficie liquida). Insomma: una donna sporge da una terrazza. Il suo sguardo si perde nel mare. Che cos'è dunque uno specchio che riflette improvviso un luccichio, un flash bianco. È un segnale. Di più: è la protesi, il canale di un desiderio che incalza, implora soddisfacimento. È volume d'acqua che, quasi solidificata, diventa riflesso e aspetta di disperdersi, di scendere lungo rivoli e canali. Dentro una stanza: nel cuore della tela tessuta dal ragno. Note Paolo Silenziario, «Antologia Palatina», V, 266. Riprendiamo la citazione da un bel saggio di Giulio Guidorizzi, Lo specchio e la mente: un sistema di intersezioni, comparso nel volume collettivo: «La maschera,il doppio e il ritratto», curato da M. Bettini per i tipi di Laterza, nel 1991. |
Rinaldo Censi