Corso di Laurea Magistrale in
Antropologia culturale, etnologia, etnolinguistica (interateneo)

Opinioni sul corso e occupazione

Indagine Almalaurea 2023

AlmaLaurea è un Consorzio interuniversitario a cui oggi aderiscono 80 Atenei Italiani. Ha tra i propri obiettivi principali quello di facilitare e migliorare l’ingresso e la collocazione nel mondo del lavoro nonché quello di agevolare le aziende nella ricerca del personale qualificato. Il Consorzio raccoglie inoltre dai laureati e dalle laureate informazioni sulla loro condizione occupazionale e valutazioni sul percorso di studi svolto.

Valutazione del corso

Leggi come valutano il corso gli studenti e le studentesse che lo frequentano; puoi trovare le loro opinioni sull'attivita' didattica e sulla docenza e sul docente ma anche sui servizi, l'organizzazione del corso, le attrezzature didattiche dell'Ateneo; le valutazioni vengono raccolte in un questionario on line che ciascun iscritto e iscritta compila al termine di ogni insegnamento.

Perché Ca' Foscari

Le motivazioni degli immatricolati e delle immatricolate alle lauree triennali e magistrali di Ca' Foscari raccolte in una indagine in cui gli studenti spiegano i motivi per cui hanno scelto l'Ateneo veneziano.

Lo stage valutato dagli studenti e dalle studentesse e dalle aziende

Leggi le opinioni delle aziende e degli studenti e delle studentesse cafoscarini al termine dello stage. Puoi trovare informazioni e consigli interessanti su come affrontare questa esperienza.


I nostri laureati nel mondo

Le testimonianze che seguono e le liste nei seguenti documenti allegati sono una chiara dimostrazione dell’impegno, della curiosità intellettuale e soprattutto delle capacità accademiche di molti studenti che si sono laureati in Antropologia Culturale Etnologia e Etnolinguistica a Ca’ Foscari.

Approfondimenti

Matteo Benussi

Dopo essermi iscritto all’indirizzo storico-artistico di Conservazione, durante il mio primo anno di triennale sono capitato un po’ per caso un po’ per curiosità in un’aula dove si teneva una lezione di antropologia culturale. Quell’incontro è stato un colpo di fulmine che ha rivoluzionato la mia vita. Dopo una fase di salutare stordimento, ho capito che l’antropologia era la mia strada e ho optato per l’indirizzo demo-etno-antropologico. In seguito, mi sono iscritto alla magistrale ACEL. Non ho mai rimpianto la mia scelta.

L’antropologia è una scienza sociale fondata su rigorosi metodi di ricerca, ma è anche un certo modo divedere il mondo – attento alla complessità, cauto nel giudicare, e intento a trovare l’insolito nel familiare e il ragionevole nell’(apparentemente) bizzarro. I miei anni a Ca’ Foscari mi hanno permesso, grazie a una vivace comunità accademica, di apprendere i metodi e le basi teoriche della ricerca antropologica, ma anche di crescere intellettualmente e umanamente tramite il confronto con l’ethos della disciplina (l’“umanesimo etnografico”).

Il dipartimento di antropologia di Venezia incoraggia progetti di ricerca ambiziosi sin dalle prime fasi del percorso accademico. Nel mio caso, ho deciso di occuparmi degli aspetti socio-antropologici del disastro di Chernobyl: un progetto che mi ha portato a studiare la lingua russa e intraprendere la ricerca sul campo in Ucraina e Russia per periodi relativamente lunghi. L’approccio pratico di Ca’ Foscari alla ricerca etnografica è tornato molto utile in fasi successive del mio percorso accademico ed è risultato essere un fattore decisivo per la mia ammissione al PhD in antropologia sociale presso l’Università di Cambridge, dove oggi sto ultimando la stesura della mia tesi dottorale. Molte università, almeno nel mondo anglofono, non strutturano i programmi triennali e magistrali di antropologia in modo da agevolare l’esperienza del lavoro sul campo e l’apprendimento delle lingue. Il mio consiglio per le nuove leve è quindi quello di sfruttare al massimo la flessibilità del sistema italiano.

Il mio progetto dottorale presso l'Università di Cambridge, conclusosi nel 2018, mi ha condotto in Russia per uno studio etnografico del revival islamico nello spazio post-socialista. L'Islam è la seconda religione più praticata in paese eurasiatico, le cui antiche comunità musulmane (concentrate nelle regioni del Volga-Ural e Caucaso) sono diventate molto visibili dopo la fine del periodo sovietico. Il PhD mi ha portato a misurarmi con appassionanti questioni pratiche e teoretiche, come il rapporto tra movimenti religiosi e cambiamento socio-economico, lo sviluppo di nuove forme di soggettività nel mondo islamico, e il rapporto fra vita etica e vita politica. Al termine del dottorato, ho lavorato come affiliated lecturer a Cambridge, dove ho curato l'insegnamento di antropologia della religione. Nel 2019 ho ricevuto una Marie Curie fellowship. Durante questa fellowship, mi dividerò tra le università di Princeton (USA) e Venezia lavorando a un progetto di ricerca sulla memoria storica delle comunità islamiche della Russia centrale.

Monia Chies

Dopo la laurea triennale in lingua cinese nel 2006 (LISAO – Ca' Foscari, Venezia) ho lavorato nel commerciale estero per un'azienda. Alla fine del primo anno di apprendistato, la passione per il viaggio e l'Oriente mi ha riportato in Cina dove ho ripreso gli studi linguistici e insegnato italiano per circa un anno. Qui, entrando in contatto con diverse organizzazioni internazionali e cinesi, ho maturato interesse per il settore umanitario e per gli scambi culturali, così ho deciso di iscrivermi al Master di Antropologia (ACEL) a Venezia. 

Nel 2010, durante il mio primo fieldwork partecipavo ad un progetto di volontariato in un orfanotrofio nella zona tibetana di Yushu (provincia del Qinghai) quando, venti giorni dopo il mio arrivo, un terremoto di magnitudo 7.1 ha distrutto l'intera area urbana provocando migliaia di vittime. Questa esperienza allo stesso tempo traumatica e formativa, aggiunta al percorso accademico intrapreso e alla guida dei miei supervisori, ha ri-orientato i miei interessi e le mie prospettive future sfociando in un progetto di ricerca, che è stato supportato da una fondazione tedesca. Con un totale di 21 mesi spesi sul campo, dal 2013-14 sto concludendo il dottorato alla Humboldt Universität di Berlino (Istituto per l'Asia Centrale) dove studio la lingua tibetana e mi occupo di rivitalizzazione culturale post-disastro presso il Gyanak Mani, un noto sito di pellegrinaggio buddista tibetano di Yushu. 

Se da un lato, il “mestiere solitario” dell'antropologo, così come è stato definito dal Prof. Fabietti, è per me uno dei più interessanti incontri con sé stessi e con gli altri, dall'altro lato, trattandosi di un approccio di ricerca profondamente interdisciplinare, porta ad un constante rinnovamento intellettuale e personale. Nel 2019, ho ottenuto una Marie Sklodowska-Curie EU Fellowship con un nuovo progetto che svilupperò sempre nella zona tibetana di Yushu, sede del grande bacino idrografico delle "Tre Sorgenti" (fiume Giallo, Yangtze e Mekong).  Questa volta esplorerò aspetti di idro-socialità, conservazione fluviale e sviluppo eco-turistico unendo lo studio di elementi socio-culturali a quelli più bio-fisici del paesaggio "fluido" del plateau tibetano. Per fare questo, svolgerò un training con esperti di scienze fluviali alla School of Environment dell'università di Auckland (Nuova Zelanda). Successivamente, a Ca' Foscari collaborerò con il Prof. Vallerani e il suo team del Global Network of Water Museums (UNESCO International Hydrological Programme),  esperti in patrimonio delle acque.

Elisa Lanari

Durante il mio primo anno come studentessa di filosofia a Ca’ Foscari, rimasi letteralmente “folgorata” dall’antropologia. Da tempo sapevo che non mi interessava soltanto studiare i fondamenti del pensiero moderno e contemporaneo: volevo capire come le persone vivessero quei principi e quelle contraddizioni nelle loro vite quotidiane. Il programma di antropologia di Ca’ Foscari si rivelò essere il posto ideale per esplorare queste passioni senza per forza abbandonare i miei studi filosofici, ma anzi fornendomi le basi necessarie per reinterpretare in chiave antropologica ogni aspetto della ricerca svolta per la laurea triennale.

Essendo cresciuta in una piccola cittadina di montagna, sono sempre stata affascinata dall’apparente complessità delle metropoli. A differenza di altri dipartimenti di antropologia in Italia, che vantano una tradizione di studi specializzati in determinate aree geografiche, a Ca’Foscari gli studenti vengono incoraggiati ad esplorare anche contesti e tematiche di ricerca meno “tradizionali,” come il Nord America, l’Artico, o l’Europa. Fu questo uno dei motivi che mi spinse a continuare con la laurea magistrale ACEL, e da lì a sviluppare un progetto di ricerca in antropologia urbana incentrato sul caso di un sobborgo privatizzato nella periferia di Atlanta, negli Stati Uniti. A renderlo possibile, tra le altre cose, fu il programma di scambio tra Ca’ Foscari e la Georgia State University dove, nel 2010, trascorsi quattro mesi come visiting student.

Dopo oltre un anno impiegato a cercare lavoro in Italia, vinsi una borsa di dottorato in antropologia alla Northwestern University (comprensiva di visto, tasse universitarie, stipendio, ed assicurazione medica). Ho dunque potuto continuare la mia formazione e specializzarmi nelle tematiche di razza, genere, diseguaglianza sociale, immigrazione, attivismo e “diritto alla città”. Una volta lì, sono riuscita ad ottenere due ulteriori borse di ricerca (dalla National Science Foundation e dalla Fondazione Wenner-Gren) per finanziare altri quindici mesi di ricerca ad Atlanta, su cui si basa la mia attuale tesi di dottorato.  Per quanto impegnativo sia il programma di dottorato statunitense mi sento di dire che la solida preparazione antropologica e interdisciplinare offerta da ACEL—a cavallo tra le scienze sociali e umanistiche, e le lingue straniere – rende i suoi studenti preparati ad intraprendere una carriera universitaria (o un breve periodo di formazione) negli Stati Uniti.   

Deborah Nadal

Mi sono avvicinata all’antropologia culturale in maniera graduale. Nel 2004 ho iniziato il mio percorso universitario studiando cinese ma, qualche mese dopo, l’ho abbandonato per seguire la mia passione di sempre: l’India. Mi sono iscritta al corso triennale in lingua e cultura hindi. Il terzo anno, mentre sfogliavo un libro fotografico prestatomi da un mio professore, ho fatto il mio primo passo verso l’antropologia. Ho infatti scelto, come argomento per la tesi triennale, una piccola popolazione di cacciatori e raccoglitori semi-nomadi che vive a cavallo tra le foreste e i villaggi dell’India centro-orientale, i Birhor.

Per la magistrale, nel settembre del 2007 ho optato per il corso ACEL, recuperando alcuni esami della triennale e inserendo lingua hindi in sovrannumero. Per la tesi ho proseguito il lavoro iniziato due anni prima con una ricerca sul campo volta ad analizzare come la sedentarizzazione, le restrizioni legali sulla caccia e l’uso intensivo della foresta stessero influenzando la riorganizzazione, da parte dei Birhor, dei loro spazi abitativi.

Conseguita la laurea specialistica nell’autunno del 2009, mi sono presa del tempo per pensare al mio futuro, lavorando nel frattempo come insegnante di inglese. Pur non avendo mai considerato seriamente questa possibilità negli anni precedenti, ho deciso di proseguire con un dottorato. Nell’autunno del 2010 ho sostenuto l’esame di ammissione presso l’Università degli Studi di Verona presentando un progetto di ricerca che voleva indagare il rapporto tra l’ultima generazione di Birhor, nata sedentaria e educata dal sistema scolastico indiano, e gli animali che i loro antenati nomadi avevano imparato a conoscere, cacciare, temere, e venerare nella foresta. Aggiudicatami il dottorato con la borsa di studio, qualche mese dopo ero pronta per partire per un anno di campo quando, per motivi politici, l’area della mia ricerca è diventata troppo pericolosa nonché legalmente inaccessibile.

Di fronte alla scelta tra abbandonare il dottorato e preparare un altro progetto di ricerca, ho deciso di partire ugualmente per l’India e di cercare ispirazione lì. Fortunatamente, un incontro inatteso con un toro ha sbloccato la situazione e mi ha permesso di iniziare il mio progetto di ricerca sulla convivenza, negli spazi pubblici di Delhi e Jaipur, tra persone, animali di strada e il virus della rabbia.

Nel 2014 ho finito il dottorato e ho iniziato a guardarmi intorno nuovamente, lavorando ancora come insegnante di inglese nel frattempo. Nel 2016 mi sono aggiudicata la Hunt Postdoctoral Fellowship della Wenner Gren Foundation di New York per lavorare alla pubblicazione della mia tesi. Nel 2017 ho vinto una borsa Marie Sklodowska-Curie erogata dalla Commissione Europea, che per tre anni mi permetterà di studiare la rabbia canina in India rurale in collaborazione con esperti di salute pubblica alla University of Washington (Seattle, USA) e con epidemiologi e veterinari alla University of Glasgow (UK).

Andrea Pia

A distanza di dieci anni, conservo ancora un ricordo vivissimo della mia prima lezione di Antropologia a Ca’ Foscari. ll tenutario del corso, un uomo longilineo pose con piglio accigliato il seguente interrogativo: “I Bororo del Mato Grosso credono di essere arara, ovvero pappagalli rossi. Perché?”.

Quell’interrogativo divenne lo sparti-acqua cognitivo della mia vita interiore. E dire che all’antropologia ci sono arrivato quasi per sbaglio. Dopo la triennale a Ca’Foscari in Lingue e Culture dell’Asia Orientale e un periodo di studi a Pechino sentivo che quella curiosità che mi aveva spinto a dedicarmi ad una lingua tonale e ideografica e a viaggiare in luoghi lontani non si fosse ancora del tutto esaurita in quei pochi anni di università. Per la mia tesi magistrale in antropologia decisi trascorrere sei mesi in uno sperduto villaggio rurale nelle montagne ad ovest di Pechino. Quella prima esperienza di campo – che oggi ho l’opportunità di far rivivere ai miei studenti di master qui a Londra attraverso l’uso in classe di una etnografia digitale da me ideata – mi fece per la prima volta render conto del preoccupante processo di degradamento ecologico e delle relative conseguenze sociali come spopolamento e migrazioni forzate di cui leggiamo spesso quanto sentiamo parlare di inquinamento in Cina e di crisi Idrica globale.

Dopo la laurea magistrale, ho condotto un periodo di tirocinio in Ambasciata a Pechino e successivamente lavorato come traduttore in Cina (lavoro collegiale che ci ha orgogliosamente portati a poter pubblicare per la prima volta in Italia la gloriosa storia dell’Antropologia Cinese). Dopo qualche tempo, mi sono trasferito a Londra dove ho ottenuto un master e un dottorato di ricerca alla London School of Economics (LSE), istituto dove ora mi trovo and insegnare e fare ricerca come antropologo. Il dottorato in Antropologia mi ha permesso di tornare in Cina per un periodo relativamente lungo di tempo e di lavorare sugli stessi problemi idrici che avevo studiato per tesi magistrale a Ca’ Foscari.

Le domande che il mio lavoro si pone oggi ereditano l’attitudine inquisitiva, comparativa e riflessiva di quelle che aleggiavano a San Trovaso una decade fa. Oggi, le ostensive con cui mi arrovello non hanno più la forma di uomini che si dichiarano pappagalli ma quella di politici o ingegneri cinesi che reputano di poter salvare il proprio paese da una crisi idrica globale con un colpo di penna. L’Antropologia, da Ca’Foscari a LSE, insegna che solo sfidando la nostra immaginazione attraverso domande e contesti insoliti saremo in grado di affrontare le sfide ambientali, migratorie, energetiche e politiche del nuovo millennio. Come antropologo scrivo oggi di Cina, stato, società civile e acqua su riveste specialistiche e non, e per un pubblico variegato. Il sito Chinoiresie.info è uno dei luoghi dove potete leggere di questi temi.

Stefania Renda

Mi sono laureata al corso di laurea ACEL nel febbraio del 2015. Avendo conseguito la laurea triennale in lingua e cultura cinese, quando mi sono ritrovata a scegliere quale argomento trattare nella tesi di laurea magistrale ho deciso di iniziare ad occuparmi di minoranze etniche cinesi, in particolare dei Mosuo del sud-ovest della Cina, e di focalizzarmi sullo sviluppo turistico in quest’ area di ricerca. Come da manuale, sono partita per la mia prima ricerca sul campo, che è durata tre mesi. Non era la prima volta in Cina per me, ma era la prima volta che visitavo un’area rurale cinese e, soprattutto, la prima volta “sul campo”. Per quanto un aspirante antropologo/a possa studiare sui manuali ed immaginare l’agognato ingresso sul campo, non si arriverà mai pronti a quel momento.

Dopo la laurea magistrale, ho subito iniziato a dare alcune lezioni individuali di lingua cinese in un’associazione del territorio Veneziano, e sono tornata in Cina per una breve ricerca indipendente nei villaggi Mosuo per documentare una festa locale. Nel frattempo però, avevo fatto domanda per il Servizio Civile presso il Servizio Immigrazione del Comune di Venezia. Sono stata selezionata e, a novembre dello stesso anno, ho iniziato questa avventura che mi ha permesso di mettere a frutto sia le mie competenze linguistiche, che quelle in campo antropologico. Con una equipe multidisciplinare di antropologi, psicologi, medici e dipendenti del servizio immigrazione del Comune di Venezia, ho collaborato infatti, ad una ricerca sull’allattamento al seno e sulle pratiche neonatali rivolta a donne immigrate provenienti da Cina, Bangladesh, e Paesi dell’Africa occidentale. Attraverso le interviste, abbiamo cercato di comprendere e indagare come, e se, le pratiche di accudimento del bambino cambino all’interno del processo migratorio.

Tuttavia, il desiderio di continuare le ricerche iniziate durante la laurea magistrale non mi aveva abbandonata, così ho deciso di fare domanda per la borsa di studio del Governo cinese al fine di accedere al corso di dottorato in Etnologia presso la Yunnan Minzu University di Kunming. Ho scelto questa università perché il corso di Dottorato è uno dei migliori in Cina, è un’università “indigena” (il 70% degli studenti sono minoranze etniche), e si trova non lontana dalla mia area di ricerca. Sono stata selezionata, e da settembre 2016 ho iniziato questo nuovo percorso con un progetto di ricerca sullo sviluppo turistico dell’area paesaggistica dei villaggi Mosuo del lago Lugu. A Kunming, ho avuto anche la grande opportunità di esporre alcune foto della mia ricerca etnografica, durante una mostra multidisciplinare dedicata all’area di ricerca di cui mi occupo.

Dalla laurea magistrale in poi, ho come l’impressione di non essermi mai fermata veramente, ma sono stata trasportata dal vortice di eventi, occasioni ed esperienze che si sono succedute. Mi piacerebbe continuare a lavorare nel campo della ricerca anche dopo il conseguimento del Dottorato ma, per il momento, coltivando le mie passioni, rimango concentrata sul presente.