Primi piani

Edoardo Siani
Lingue e letterature della cina e dell'asia sud-orientale

Che cosa insegna a Ca’ Foscari? Quali sono i Suoi principali interessi di ricerca? Qual è stato il suo percorso accademico?
A Ca’ Foscari insegno lingua tailandese, buddhismo, e religioni del Sudest Asiatico. I miei interessi di ricerca e gravitano attorno alla relazione tra religione e potere nella Thailandia contemporanea. Nello specifico, ho condotto ricerche di tipo etnografico sulla concezione attuale di monarchia buddhista, sull’uso dell’astrologia da parte di politici e attivisti, e su come individui marginalizzati assumano il ruolo di medium come veicolo di riscatto sociale. Mi sono formato in antropologia culturale alla School of Oriental and African Studies della University of London e in precedenza ho insegnato alla Thammasat University di Bangkok. Prima di trasferirmi a Venezia nel 2020 dopo quasi due decenni all’estero, sono stato ricercatore a Center for Southeast Asian Studies della Kyoto University.

Che cosa L’ha portata a intraprendere la strada della ricerca? Che cosa L’appassiona di più del Suo ambito di studi? 
Il mio primo incontro con la Thailandia, avvenuto all’inizio del nuovo millennio, e parecchi anni di vita trascorsi nel paese mi hanno portato a cercare nell’antropologia gli strumenti per comprendere una società tanto affascinante quanto segnata da enormi disparità economiche. Il trauma di una crisi politica scoppiata in modo improvviso e sfociata in violenza nel 2010 mi ha spinto poi a dedicarmi completamente alla ricerca. La rilevanza di questi temi continua oggi a motivarmi, e la religione, espressa nella quotidianità delle persone, è per me un luogo privilegiato per osservare nuove aspirazioni politiche ed economiche.

Che cosa significa, per Lei, insegnare all’università?
L’insegnamento universitario per me è occasione di condivisione e confronto. Condivido con le studentesse e gli studenti di Ca’ Foscari gli strumenti teorici e linguistici che formano la mia prospettiva sulle realtà del Sudest Asiatico. Allo stesso tempo rifiuto di imporre loro una narrazione predefinita, incoraggiando ogni persona a sviluppare una propria prospettiva tramite esercizi di carattere riflessivo e dibattiti. Mi adopero quindi affinché in aula ci sia sempre spazio per voci e punti di vista diversi, e affinché questi possano dialogare tra di loro. In tale contesto, il confronto diventa occasione per ampliare da un lato le proprie conoscenze e dall’altro sviluppare robuste capacità argomentative. 

Lei lavora in un dipartimento che si occupa di mondi extraeuropei: che cosa vuol dire, per Lei, occuparsi di diversità culturale in una realtà globale sempre più interconnessa?
Significa prestare attenzione sia a ciò che rende diversi, sia a ciò che unisce. Fuorviati forse dal concetto stesso di “cultura”, siamo soliti credere che esista una certa uniformità di pensiero nella società, quando invece all’interno di questa sono sempre presenti grandi diversità e ogni persona è tanto un prodotto dello spazio/tempo in cui vive quanto un attore creativo. Quando narro del Sudest Asiatico, quindi, identifico modi di pensare, credenze e pratiche particolarmente diffuse, ma allo stesso tempo mi soffermo su come ogni individuo possa sviluppare una propria identità anche grazie alle influenze cosmopolite presenti da sempre nella regione. Penso che sia dunque importante comprendere che l’Altro, per quanto diverso, abbia anche tanto in comune con noi, e che allo stesso tempo ognuno di noi è in qualche modo Altro all’interno della sua stessa società.

 

Last update: 17/04/2024