Energia del domani? Alla ricerca della produzione più green
L’utilizzo della luce solare per la produzione di energia elettrica o di combustibili liquidi a basso impatto ambientale potrebbe muovere l’economia del futuro.
Il condizionale è d’obbligo. Oggi l’idrogeno viene prodotto soprattutto a partire da idrocarburi come il metano, quindi non è green e tantomeno rinnovabile. La produzione di energia elettrica con sistemi fotovoltaici non garantisce la continuità e la potenza richieste. Eppure, basterebbe assorbire efficacemente la luce del sole ed utilizzare quest’energia per produrre direttamente energia elettrica con alta efficienza, o per dividere l’acqua in idrogeno e ossigeno.
Trovare il materiale giusto per innescare la scissione, però, è tutt’altro che banale. Lo spiega Alberto Vomiero, fisico, professore di Ingegneria industriale a Ca’ Foscari, approdato a Venezia grazie alla legge per il cosiddetto “rientro dei cervelli”, dopo una fellowship Marie Curie in Canada, e un’esperienza pluriennale in Svezia, dove dirige un laboratorio di ricerca presso la Luleå University of Technology (LTU).
“E’ difficile ipotizzare quando potremo avere idrogeno a sufficienza per muovere l’economia del pianeta in modo più green – afferma – o ottenere sistemi fotovoltaici a basso costo, basso impatto ambientale, e concorrenziali rispetto ai pannelli al silicio. Siamo alla ricerca di materiali avanzati, possibilmente non rari e preziosi, in grado di rendere più efficienti, e quindi economiche, le numerose reazioni che regolano questi processi. Molti meccanismi non sono ancora chiari. Purtroppo, le caratteristiche necessarie spesso si escludono tra loro. Questi materiali, da assemblarsi in sistemi complessi, ad esempio, devono avere una buona conduzione elettrica, assorbire luce solare e avere superficie imperfetta”. “Chi trova la soluzione, vince il premio Nobel”, sorride.
Vomiero, esperto internazionalmente riconosciuto nello sviluppo di nanomateriali avanzati per applicazioni energetiche ed editore associato della prestigiosa rivista Nano Energy (Elsevier), che si occupa di nanomateriali per l’energia, è entrato recentemente nell’advisory board della rivista Small (Wiley) ed è coordinatore del dottorato internazionale in “Science and technology of bio- and nano-materials” presso il Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, oltre che fellow di numerose società scientifiche (tra le quali la britannica Royal Society of Chemistry).
Il team di Vomiero alla Luleå University of Technology, attualmente di 15 persone, sta testando composti a base di ossidi misti e disolfuri di molibdeno, insieme a cristalli di dimensioni nanometriche in grado di variare il colore della luce assorbita al variare delle dimensioni.
L’energia del sole, a seconda dei casi, può scindere direttamente le molecole d’acqua, oppure generare energia fotovoltaica per attivare la reazione. La sfida si gioca su dimensioni nanometriche. Sul materiale attivo, infatti, può essere applicato un film sottile qualche milionesimo di millimetro con il duplice scopo di proteggerlo, per rendere stabile nel tempo il funzionamento del materiale, e di selezionare le molecole con cui farlo interagire, per potenziare la produzione di idrogeno.
Questo processo, tra i più promettenti, si chiama “catalisi confinata” e rappresenta la nuova frontiera della ricerca nel settore.
“L’isolamento della reazione utilizzando rivestimenti nanometrici è un settore in forte crescita e con tante possibili applicazioni - spiega - dallo splitting dell’acqua per produrre idrogeno alla riduzione dell’anidride carbonica per produrre composti organici dall’alto valore aggiunto. Stiamo sperimentando se il confinamento dei materiali aumenti l’efficienza e la durata del catalizzatore”.
Nel campo dei nanocompositi strutturati per la produzione di energie rinnovabili attraverso sitemi fotovoltaici e produzione di idrogeno Vomiero ha descritto lo stato dell’arte in tre articoli apparsi negli ultimi tre anni nella rivista scientifica leader del settore Advanced Energy Materials (Wiley), due dei quali pubblicati come “cover story” per la loro importanza (gli articoli qui, qui e qui e le copertine qui sotto).
La ricerca nel settore è intrinsecamente multidisciplinare, richiedendo competenze di fisica dello stato solido, scienza dei materiali, chimica, ed elettrochimica. L’obiettivo principale, che coincide con la sfida più complicata, è la comprensione della correlazione tra la nanostruttura dei materiali prodotti e le loro caratteristiche funzionali.
Per raggiungere l’obiettivo sono indispensabili caratterizzazioni strutturali avanzate, quali quelle a breve possibili nel centro di microscopia del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, che sta acquisendo nuovi microscopi a forza atomica, un microscopio elettronico in trasmissione ed un diffrattometro a raggi X di ultima generazione.
“Con la nuova strumentazione – conclude Vomiero – il dipartimento si candida ad essere un attore importante a livello nazionale nella ricerca sui materiali avanzati per l’energetica. E’ questa una delle motivazioni che mi hanno convinto a rientrare in Italia per continuare lo sviluppo della mia ricerca”.