Venezia a prova di cambiamento climatico: le misure per affrontarlo
L'aumento degli impatti dei cambiamenti climatici sta mettendo a dura prova i sistemi costieri dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Tali pressioni legate al clima possono essere ulteriormente aggravate, tra le altre cose, dalle trasformazioni d’uso del suolo, dall'urbanizzazione, dal turismo eccessivo, dalle tensioni sociopolitiche e dalle innovazioni tecnologiche.
Il sistema urbano costiero della Città Metropolitana di Venezia e della sua laguna, lungo la costa adriatica, sta affrontando molteplici sfide legate, da una parte, a fenomeni di cambiamento globale e, dall’altra, a dinamiche socioeconomiche.
Con l'obiettivo di aumentare la resilienza complessiva del sistema di fronte ai disastri correlati a molteplici cause legate al clima e ai vari altri fattori di stress, i ricercatori di CMCC@Ca'Foscari, la partnership strategica tra la Fondazione CMCC e l'Università Ca' Foscari Venezia, hanno guidato uno studio per individuare le migliori iniziative di gestione del rischio per l’area.
Dato il contesto di alta incertezza indotta dal cambiamento climatico, l'obiettivo principale è stato quello di identificare misure di gestione del rischio che risultassero valide in una gamma di futuri plausibili.
Lo studio "Prioritization of Resilience Initiatives for Climate-Related Disasters in the Metropolitan City of Venice" è stato condotto nell’ambito del progetto di grande rilevanza per la cooperazione tra l’Italia e gli Stati Uniti ‘BRIDGE’, coordinato da Andrea Critto, professore all’Università Ca' Foscari Venezia e Senior Scientist al CMCC.
La ricerca conclude che, data tale situazione di incertezza, la strategia migliore è quella di utilizzare non una iniziativa, ma un portafoglio di misure di gestione del rischio per migliorare la resilienza dell’intero sistema.
Questo insieme di misure dovrebbe includere sia misure di tipo fisico - come l'adattamento delle strutture di difesa idraulica - per far fronte a eventi intensi e su larga scala, sia di tipo cognitivo e sociale - come l'aggiornamento e l'implementazione di piani e regolamenti - che possono essere abbastanza flessibili da essere efficaci contro un’ampia serie di pericoli climatici.
Lo studio integra informazioni qualitative, derivate dal coinvolgimento degli stakeholder attraverso un workshop e informazioni quantitative, ottenute da analisi climatiche (come le proiezioni sui cambiamenti climatici).
Inizialmente sono stati individuati, da parte di diversi gruppi di stakeholder locali - tra cui autorità locali, agenzie di protezione civile, istituti di ricerca, parchi e ONG - i target del sistema che è necessario proteggere (naturali, culturali, sociali ed economici). In secondo luogo, sono state identificate le possibili misure capaci di sostenerli, suddivise in: misure informative (sistemi di allerta rapida e produzione e condivisione di informazioni), misure fisiche (reti di infrastrutture verdi e blu, adattamento e ottimizzazione dell'approvvigionamento e della rete idrica, adattamento delle strutture di difesa idraulica e disposizioni per la risposta alle emergenze), misure cognitive (aggiornamento e attuazione di piani e regolamenti, pianificazione della protezione civile, piani e strategie per il restauro e il recupero delle aree storiche), misure sociali (educazione e consapevolezza ambientale e citizen science).
Successivamente, le misure di gestione del rischio di cui sopra sono state classificate, attraverso un metodo decisionale multicriterio (MCDA, MultiCriteria Decision Analysis), sulla base di quattro scenari che descrivono le principali minacce climatiche previste nell'area: tempeste e inondazioni, alluvioni, ondate di calore e siccità.
I risultati mostrano che considerando, uno ad uno, diversi scenari climatici, le possibili iniziative di gestione del rischio vengono priorizzate in modo diverso. Così come cambia la priorizzazione delle iniziative quando si considera il verificarsi congiuntamente di più scenari. Data la grande incertezza nel prevedere quali scenari possono verificarsi in futuro in questa particolare area, la strategia migliore risulta quella di costruire la resilienza complessiva dei sistemi costieri di fronte a una serie di eventi avversi.
Le alternative di gestione più strutturali e fisiche, nonostante siano ritenute prioritarie per l’area dagli stakeholder, generalmente migliorano la resilienza solo in alcuni degli scenari considerati. Questi risultati possono essere spiegati dal fatto che iniziative di questo tipo sono solitamente progettate e implementate per tipologie molto specifiche di eventi climatici estremi.
Ad esempio, la progettazione di strutture di difesa idraulica e l'implementazione di dispositivi di risposta all'emergenza che includono una serie di progetti infrastrutturali come il MOSE - (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) o soluzioni temporanee (ad esempio passerelle, pompe e paratie mobili su porte di edifici privati) sono specificamente progettati per la protezione della Città Metropolitana di Venezia da eventi di mareggiata e acqua alta, mentre mancano di qualsiasi capacità di aumentare la resilienza del sistema in relazione ad altri tipi di pericolo, come siccità e ondate di calore.
Al contrario, le misure cognitive, informative e sociali dimostrano di essere più stabili, confermando il loro posto in classifica in diversi scenari di cambiamento climatico. Poiché l'implementazione di iniziative fortemente orientate a far fronte a specifici pericoli potrebbe portare a un aumento del rischio verso altri tipi di pericoli (il cosiddetto maladattamento), lo studio raccomanda l’adozione di un portafoglio di misure di gestione del rischio per aumentare la resilienza del sistema, includendo sia misure fisiche per far fronte a eventi intensi e su larga scala, sia misure cognitive e sociali che possono essere abbastanza flessibili da essere efficaci contro una serie di pericoli.
"I rischi climatici sono interconnessi e non si verificano in modo isolato" afferma Silvia Torresan, co-direttrice della Divisione Risk Assessment and Adaptation Strategies alla Fondazione CMCC. "Se non impieghiamo un approccio multirischio nella valutazione e nella gestione del rischio, potremmo finire per adottare misure che affrontano un problema ma ne generano o amplificano altri".