Quanto è digitale il settore AgriFood? Studio del Management&Innovation Lab
La pandemia e il conseguente lockdown hanno rappresentato anche per il made in Italy agroalimentare un percorso acceleratore d’innovazione, o almeno una significativa sollecitazione: nell’uso del digitale come strumento per rimanere vicini ai consumatori attraverso la comunicazione multicanale, nell’individuazione di nuove traiettorie e canali per arrivare al mercato, nell’adozione dell’ecommerce. Ma la spinta innovativa è di fatto risultata presente solo dove c’era già un progetto strategico avviato, mentre nei casi in cui mancava questa visione le aziende hanno continuato ─ e continuano ─ a muoversi a piccoli passi, talvolta maldestri.
È quanto emerge dall’indagine curata da AgriFood Management&Innovation Lab, il laboratorio di ricerca del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia nato poco meno di un anno fa con l’obiettivo di supportare le imprese del comparto e accompagnarle nell’affrontare le importanti e complesse sfide del presente. Ancor più alla luce del nuovo contesto imposto dalla pandemia, che ha sollecitato anche le imprese dell’agroalimentare ad attrezzarsi diversamente e a ridisegnare il proprio rapporto con i clienti, nonché a definire nuove strategie e nuovi canali di promozione come di commercializzazione. Molte in tal senso le sfide ancora aperte, che chiedono di dotarsi quanto prima di strategia, progettualità e competenze: perché se è aumentata la consapevolezza del potenziale del web, questa spesso non è ancora declinata in azione.
Lo studio
Questa prima indagine curata da Agrifood Management&Innovation Lab, e presentata durante un seminario online dedicato, è focalizzata sul “Digital marketing&food” e prende in considerazione le aziende agroalimentari di piccole e medie dimensioni del Triveneto. Lo studio ha infatti analizzato la presenza digitale di tutte le aziende tra i 10 e i 250 dipendenti presenti nel database Bureau Van Dijk’s AIDA con dati di bilancio disponibili appartenenti ai settori Ateco 10.1-10.8 (lavorazione e conservazione di carne, pesce, formaggi, frutta e ortaggi, granaglie, prodotti da forno e altri alimenti).
Obiettivo della ricerca è stato quello di ottenere una panoramica della presenza digitale di questa tipologia di aziende, che per risorse e organizzazione adottano strategie di marketing differenti rispetto alle grandi imprese solitamente oggetto di studio e divulgazione in termini di best practice. Oltre a fornire una fotografia della situazione attuale del settore, mira ad offrire alle aziende del comparto alcuni termini di confronto, prevedere le difficoltà, suggerire vie per superarle e per evitarle.
Dopo una prima raccolta dei dati disponibili pubblicamente (svoltasi nel periodo luglio-dicembre 2019), le aziende sono state invitate a rispondere a un questionario, da febbraio ad oggi, per indagare nello specifico obiettivi e gestione della loro presenza online. Infine, un campione di loro è stato intervistato per garantire una migliore comprensione e un consolidamento di quanto emerso nei due step precedenti.
I dati
Dai risultati emerge come, di fatto, siano ancora poche le aziende che investono in modo strutturato nel digitale. Delle 520 aziende indagate (di cui 385 localizzate in Veneto, 65 in Friuli Venezia Giulia, 70 in Trentino Alto Adige), 445 sono presenti in internet con un sito web. Quanto alla presenza sui social, Facebook risulta essere il più usato, seguito da Instagram. I profili Facebook associati alle aziende del campione sono 320, di cui 6 nati nel corso del 2020, ma quelli realmente attivi, ossia con contenuti pubblicati nel corso dei sei mesi considerati (luglio-dicembre 2019), sono solo 272. I profili Instagram sono 209 di cui 158 quelli attivi. Tra i comparti maggiormente presenti nel web troviamo quelli della lavorazione delle granaglie, produzione di amidi e di prodotti amidacei, rappresentati dai molini (Ateco 10.6), produzione di prodotti da forno e farinacei (10.7) e produzione di altri prodotti alimentari (10.8).
Nel dettaglio, per quanto riguarda il VENETO, emerge che il 78,4% delle 389 imprese indagate è online con un proprio sito. In generale sono più presenti nel web le aziende più grandi (la media è di 38,7 dipendenti tra le imprese che hanno un sito e di 27,7 dipendenti tra quelle che non ce l’hanno). Solo il 13% delle aziende, invece, usa l’ecommerce, con una distribuzione molto varia a seconda del settore: si va dallo 0% del settore della lavorazione e conservazione di pesce, crostacei e molluschi, al 30,8% del settore dei molini.
Le conclusioni
«Tra le sfide da superare» commenta Francesca Checchinato, responsabile della linea di ricerca sulla digitalizzazione del settore food del laboratorio «persiste l’assenza di un’ottica di marketing all’interno delle imprese, soprattutto quando il mercato in cui l’azienda opera è B2B: non viene percepita l’utilità di sviluppare un’immagine e un posizionamento che ne permetta la differenziazione rispetto ai concorrenti. In termini di percorso due sono i rischi: la visione del digitale come mondo/area a sé stante rispetto all’attività dell’impresa, da delegare completamente ad agenzie esterne, oppure una visione “fai-da-te” che induce le imprese ad occuparsene da sole anche in assenza di competenze e porta a risultati poco incoraggianti, nonché a un utilizzo quasi nullo dei dati. Le aziende che hanno dichiarato di essere soddisfatte dei risultati ottenuti, invece, mostrano un approccio che considera il digitale parte della loro strategia di marketing, anziché un canale a sé stante e una necessità di investirci ulteriormente».
«L’emergenza legata alla pandemia da Covid-19 – conclude Checchinato – ha fatto comprendere l’importanza dell’e-commerce quale nuovo canale distributivo, ma sembra che l’accelerazione verso investimenti dedicati riguardi prevalentemente aziende che già li avevano pianificati».