Nobel per l'Economia 2023, Claudia Goldin e la ricerca sul 'gender gap'

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Ill. Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach

Il Premio Nobel per le scienze economiche 2023, premio della Banca di Svezia in memoria di Alfred Nobel, è stato assegnato a Claudia Goldin (Harvard University), per la sua ricerca sull’occupazione femminile, che ha contribuito a identificare le maggiori determinanti delle differenze di genere che si osservano ancora oggi nel mercato del lavoro di tutti i paesi del mondo.

Il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, cioè la percentuale di donne che lavorano, è sistematicamente minore di quello degli uomini: in media, a livello mondiale, il tasso di partecipazione femminile è 50%, mentre quello degli uomini è 80%. Quando le donne lavorano, guadagnano di meno: nei paesi OECD, il differenziale salariale tra uomini e donne è pari al 13%. Questa differenza nei salari rimane anche se confrontiamo uomini e donne simili, per esempio con la stessa età o lo stesso livello di istruzione. Un’altra importante forma di differenza tra uomini e donne è quella che si osserva nella probabilità di raggiungere posizioni lavorative apicali all’interno delle aziende (sia pubbliche che private): questo fenomeno, definito come “soffitto di cristallo”, implica che per le donne sia più difficile avere una promozione o raggiungere posizioni lavorative maggiormente remunerate.

Claudia Goldin, nella sua ricerca, ha analizzato la partecipazione delle donne al mercato del lavoro a partire dal XIX secolo negli Stati Uniti, ed ha identificato quali siano le motivazioni principali dei differenziali osservati in passato, e di quelli che rimangono ancora oggi. La ricerca di Claudia Goldin unisce due ambiti importanti della ricerca economica: l’economia del lavoro, appunto finalizzata a spiegare le scelte di lavoro degli individui, e la storia economica. Nella Richard T. Ely Lecture “The Quiet Revolution That Transformed Women's Employment, Education, and Family”, tenuta presso la conferenza della American Economic Association nel 2002, Claudia Goldin sottolinea come l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro abbia rappresentato il cambiamento più significativo dell’ultimo secolo, e sostiene che le scelte lavorative delle donne abbiano giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’economia del lavoro: proprio lo studio e l’analisi dei comportamenti delle donne lungo il ciclo di vita e con un approccio storico ha permesso di sviluppare le teorie di offerta di lavoro che si insegnano ancora oggi nei corsi universitari.

Prima dell’uscita del libro “Understanding the Gender Gap: An Economic History of American Women” (1990), i dati censuari esistenti permettevano di osservare la partecipazione femminile e i salari delle donne nel XX secolo, e avevano portato i ricercatori a concludere che ci fosse una relazione positiva tra sviluppo economico e partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Facendo riferimento ad altri archivi storici, Claudia Goldin è riuscita a reperire informazioni sulla condizione lavorativa delle donne fin dal XIX secolo. Questo le ha permesso di osservare che la relazione tra partecipazione femminile e sviluppo economico non è positiva ma ha la forma di una U, cioè non esiste un’associazione positiva consistente tra la partecipazione lavorativa delle donne e la crescita economica. Questo tipo di relazione oggi è stato identificato in molti altri paesi sviluppati oltre agli Stati Uniti.

La ricchezza dei dati reperiti dalla Goldin ha permesso di identificare le maggiori variabili che hanno influito sulla partecipazione femminile nel corso del XX secolo. Un importante fattore che ha frenato la convergenza dei tassi di occupazione tra donne e uomini riguarda le aspettative delle donne per le loro carriere future. Confrontando coorti diverse di donne, che necessariamente sono entrate nel mercato del lavoro in momenti diversi, l’autrice ha mostrato che le donne di inizio secolo, che lavoravano soltanto per pochi anni e cessavano di lavorare una volta sposate, non avevano nessun incentivo a investire nella loro istruzione. A partire dalla seconda metà del XX secolo, le norme sociali erano cambiate e le donne sposate i cui figli erano ormai diventati grandi potevano rientrare nel mercato del lavoro, ma con opportunità lavorative scarse dovute agli scarsi investimenti in istruzione che avevano effettuato da giovani, plausibilmente basando le loro aspettative di carriera sull’esempio delle loro madri, spesso non occupate. Queste coorti erano caratterizzate da un disallineamento tra le loro aspettative di carriera da giovani, al momento di decidere se continuare gli studi o meno, e i risultati di carriera poi ottenuti. Claudia Goldin mostra che tale disallineamento persiste per quasi tutto il secolo scorso, per cui le donne hanno sistematicamente sottovalutato le loro potenzialità di lavoro e carriera fino a tempi molto recenti (fino alla coorte del 1980).

Sicuramente l’aumento della percentuale di donne con un’istruzione universitaria ha contribuito non soltanto a favorire la partecipazione al mercato del lavoro, ma anche e soprattutto a modificare l’orizzonte temporale dell’attività lavorativa: se all’inizio del ‘900 le donne lavoravano principalmente in occupazioni scarsamente qualificate, a partire dalla metà del secolo la percentuale di donne con un livello di istruzione terziaria è aumentata notevolmente, e le donne hanno iniziato a lavorare anche in professioni più qualificate. Ad oggi, in molti paesi ad alto reddito, compresi gli Stati Uniti, la percentuale di donne con un titolo universitario è maggiore di quella degli uomini. Nonostante questo, ancora oggi si osservano sostanziali differenze di genere sia nella partecipazione al mercato del lavoro che nei salari. Altri due fattori sono stati trattati da Claudia Goldin nella sua ricerca: la genitorialità, e la discriminazione di genere

Nel lavoro svolto con Marianne Bertrand and Lawrence Katz (“Dynamics of the Gender Gap for Young Professionals in the Financial and Corporate Sectors”), pubblicato nel 2010 su American Economic Journal: Applied Economics, l’autrice analizza l’andamento dei salari di laureati da una università elitaria americana, e mostra come all’inizio della carriera il gap salariale è piccolo, ma aumenta con le interruzioni di carriera dovute alla nascita dei figli. Seguenti studi su altri paesi hanno poi confermato che la maternità spieghi quasi interamente le differenze remunerative tra uomini e donne nei paesi ad alto reddito, principalmente a causa del maggiore coinvolgimento delle donne nella cura dei figli. In tutti i paesi ad alto reddito, infatti, si osserva che le donne hanno una probabilità maggiore degli uomini di lavorare part-time e di avere carriere lavorative intermittenti, cosa che incide negativamente sul loro reddito.

Infine, un ultimo aspetto potrebbe spiegare le differenze salariali osservate tra uomini e donne: la discriminazione di genere indica un trattamento diverso tra uomini e donne che non sia motivato da caratteristiche legate alla loro produttività. Chiaramente, una semplice differenza salariale tra uomini e donne, pur con caratteristiche simili, non indica l’esistenza di un atteggiamento discriminatorio: potrebbero esistere altri fattori non osservabili che implicano una maggior produttività dell’uomo rispetto alla donna, come motivazione, o intraprendenza. Claudia Goldin, insieme a Cecilia Rouse, ha scritto uno dei pochi articoli empirici che riesce a quantificare questo fenomeno: “Orchestrating impartiality: The impact of “blind” auditions on female musicians”, pubblicato su American Economic Review nel 2000. Il lavoro considera l'assunzione di musicisti professionisti nelle orchestre sinfoniche americane, e sfrutta una variazione nelle procedure di selezione delle/i candidate/i: se inizialmente le selezioni venivano svolte di fronte ad una giuria, a partire dagli anni ’70, le orchestre hanno introdotto audizioni “al buio”, in cui le/i candidate/i suonavano dietro un paravento. I risultati mostrano che, con questa procedura, le donne hanno una probabilità maggiore di essere selezionate, confermando che in precedenza lo svantaggio femminile era dovuto ad un atteggiamento discriminatorio.

I lavori di Claudia Goldin hanno permesso di identificare le determinanti principali del miglioramento della condizione femminile nel mercato del lavoro nell’ultimo secolo, non solo negli Stati Uniti, e di capire cosa ancora impedisca una piena parità occupazionale e salariale tra uomini e donne. La sua ricerca ha arricchito la teoria economica in modo che potesse spiegare la scelta delle donne tra lavoro e cura della famiglia, e ha mostrato come il contesto istituzionale e le opportunità educative e di carriera possano influire su questa scelta. Una importante implicazione dei suoi studi è che, in un contesto in cui il livello di istruzione delle donne è già elevato, come in Italia o in altri paesi ad alto reddito, politiche educative non possono influire molto sulle scelte occupazionali delle donne, mentre potrebbero farlo politiche che riequilibrino i carichi di cura all’interno della famiglia.

Ylenia Brilli, ricercatrice in Economia politica del Dipartimento di Economia