Nobel per la Chimica 2023: quantum dots alla base di moltissime tecnologie

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Da sinistra Moungi Bawendi, Louis Brus e Alexei Ekimov - Ill. Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach

Quest’anno il premio Nobel per la Chimica è stato assegnato a Moungi G. Bawendi, Louis E. Brus e Alexei I. Ekimov per la scoperta e la sintesi dei quantum dots, i punti quantici. 

Abbiamo chiesto a Pietro Riello, professore ordinario di Chimica Fisica del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi, di spiegarci cosa sono i punti quantici e il lavoro dei ricercatori premiati.

I punti quantici sono strutture costituite da particelle di materiali semiconduttori con dimensioni comprese tra 2 e 10 nanometri. Un nanometro è una lunghezza corrispondente ad un miliardesimo di metro, un milionesimo di millimetro, una misura difficile da immaginare molto vicina alle dimensioni di un atomo che varia tra 1÷2 decimi di nanometro: un quantum dot è un piccolo pezzo di materia costituito al massimo da poche migliaia di atomi.

In generale, le proprietà fisiche della materia che normalmente osserviamo emergono dal comportamento collettivo di miliardi di miliardi di atomi e sono indipendenti dalla quantità di materiale che si va a studiare: un bullone di ferro e una sbarra dello stesso materiale hanno le medesime proprietà fisiche. Però, quando la materia viene finemente suddivisa e si va a studiare il comportamento di poche migliaia di atomi, si scopre che le dimensioni sono importanti e che alcune proprietà (il colore per esempio o la temperatura di fusione) non sono più solo caratteristiche dipendenti dal materiale di cui è fatta la particella ma dipendono fortemente dalle sue dimensioni.
Queste proprietà possono essere comprese e descritte solo utilizzando la meccanica quantistica, la scienza che nell’ultimo secolo ha completamente sconvolto la nostra comprensione del mondo fisico e determinato l’imponente sviluppo tecnologico legato soprattutto all’industria elettronica.

Le proprietà dei quantum dots sono in un certo senso intermedie tra le proprietà dei materiali semiconduttori che li costituiscono e quelle degli atomi stessi. Variando le loro dimensioni e la loro composizione possiamo controllare il comportamento degli elettroni che si muovono intrappolati al loro interno e di conseguenza le loro proprietà. I quantum dots, o per meglio dire, gli elettroni intrappolati al loro interno, sono in grado di interagire in modo molto particolare con la luce determinando un fenomeno di fluorescenza molto intenso il cui colore è appunto fortemente dipendente dalle dimensioni delle particelle.

Alexei Antipov, Quantum Dots with emission maxima in a 10-nm step are being produced at PlasmaChem in a kg scale (CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons)

Il premio è stato assegnato sia ai ricercatori Alexei Ekimov e Louis Brus che hanno avuto un ruolo importante nella scoperta dei quantum dots e nella spiegazione del loro particolare comportamento ma anche a Moungi Bawendi per aver messo a punto metodi di sintesi particolarmente efficaci per ottenere, in modo controllato e riproducibile, particelle tutte identiche con caratteristiche ben definite. Questo passaggio è fondamentale per ottenere materiali impiegabili nello sviluppo di dispositivi e spesso è uno dei punti critici nell’applicazione industriale delle nanotecnologie. 

Oggi i quantum dots sono già largamente impiegati in prodotti commerciali come monitor dei computer e gli schermi televisivi basati sulla tecnologia QLED ma trovano anche applicazione nelle tecnologie legate ai LED e come marcatori nella ricerca biomedica. Altri prodotti commerciali basati su questa tecnologia stanno arrivando sul mercato come le finestre solari dove quantum dots intrappolati all’interno dei vetri catturano parte della luce solare per riemettere radiazione che sarà poi trasformata in elettricità da celle solari opportunamente assemblate al bordo dei vetri stessi. L’utilizzo dei punti quantici è anche stato suggerito anche per lo sviluppo dei computer quantistici, celle solari flessibili, elettronica flessibile, nano sensori ecc. e nei prossimi anni, senza che ce ne accorgiamo, saranno presenti in moltissimi dispositivi di uso comune.

Pietro Riello, professore ordinario di Chimica Fisica