Economia del turismo: analisi del contributo d'accesso a Venezia

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foto di Claudia Manzo

Per 29 giornate da qui a fine anno e a partire dal 25 aprile, chi entrerà a Venezia dalle ore 8:30 alle ore 16 dovrà pagare il cosiddetto “contributo d'accesso”, pensato dagli amministratori della città con l’obiettivo di definire un nuovo sistema di gestione dei flussi turistici e di disincentivare il turismo giornaliero a Venezia in alcuni periodi, in linea con la delicatezza e unicità della Città.

Nel concreto, un contributo come quello di accesso a Venezia risulterà efficace oppure modificherà esclusivamente la disponibilità a pagare degli escursionisti?

Questa è la domanda che si sono posti gli studenti e le studentesse del corso di Economia del Turismo, guidati dal prof Jan Van der Borg che hanno analizzato la delibera approvata dal Comune di Venezia e hanno cercato di capire, anche attraverso alcune analisi comparate, come e quanto questo strumento possa contribuire a risolvere il sentito problema dell’overtourism.

Da settembre a novembre 2023 circa 40 studenti divisi in 9 gruppi hanno cercato di inquadrare il problema, studiando e approfondendo su alcuni importanti libri di testo e articoli internazionali e poi applicando queste nuove conoscenze al caso veneziano, partendo dai provvedimenti del Comune di Venezia.

La presentazione dei lavori si è tenuta venerdì 2 febbraio nell’Aula Magna di San Giobbe.

Tra questi quello di Chiara Rampazzo e di Filippo Schiavon che hanno somministrato un questionario a 261 persone dai 18 anni agli over 60 - con prevalenza della fascia 18-24 - provenienti da Comune, provincia, Veneto, resto d'Italia, Europa, nord America ed Asia. Il 53% degli intervistati si trovava a Venezia per una visita giornaliera, il 21, 2% per studio o lavoro, il 14,2% erano residenti e il 6,1% andava a fare visita a parenti.

Interessante la percezione sul contributo d’accesso: sono quasi in equilibrio i giudizi di chi si trova completamente d’accordo (20,7 %) e di chi è invece completamente in disaccordo (24,5 %), ma è molto ampia anche la fascia di chi non si è ancora fatto un’opinione e si dichiara né d’accordo né in disaccordo (25,3%).

Gli stranieri e i veneziani sono più favorevoli al contributo di accesso, probabilmente perché comprendono la fragilità della città. Per l’analisi della willingless to pay, la fascia 35-44 anni si dichiara disposta a pagare fino a 12,15 euro.

Ma il lavoro degli studenti non si ferma qui, fa anche delle proposte concrete: tra queste lo sviluppo di una carta che per un prezzo fisso di base potrebbe fare da contraltare al pagamento della tassa con l’accesso a servizi aggiuntivi, per es. bagni pubblici (a partire da una base di 5 euro) e con un incremento di prezzo (10/12 euro) anche spostamenti interni o addirittura musei.

Tommaso Pellacan ha portato l’esempio di Amsterdam in cui la modalità della carta sta dando dei risultati: si tratta di una city card con un chip incorporato che traccia gli spostamenti del turista, monitora i flussi e lo raggiunge sul cellulare con suggerimenti per le zone meno affollate.

Ma ci sono anche osservazioni su possibili criticità della delibera comunale a livello giuridico in riferimento all’art. 23 della Costituzione (Rachele Ferrante), oltre che sull’eticità del far pagare la fruizione di un bene culturale come Venezia (Paolo Braccioni) e dal punto di vista geografico si nota che i Veneti sono esenti, ma non gli abitanti del Friuli per cui comunque la città è raggiungibile con un’ora e mezzo di treno.

Altra osservazione del secondo gruppo di studenti, Francesca Serafini, è la mancanza nella delibera di un riferimento alla capacità di carico della città, cioè viene citata una soglia, ma non è esplicitata in una cifra precisa.

Federica Da Conto invece fa una riflessione su come puntare a portare a Venezia il turismo di qualità, a come difendere le attività artigianali magari attraverso un credito d’imposta applicato all’imu.

“L’enorme e crescente rilevanza del settore turistico non porta solo ricchezza e occupazione, ma anche ingenti costi per la collettività, - osserva Jan van der Borg - in particolare per le destinazioni colpite da quello che oggi viene chiamato ‘overtourism’. Tutto questo richiede un fondamentale ripensamento delle strategie di sviluppo del turismo. E questo a sua volta richiede amministratori e imprenditori con conoscenze e competenze assolutamente nuove e trasversali in grado di disegnare tali strategie ed implementarle”.

L’insegnamento in Sviluppo interculturale dei sistemi turistici affronta contenuti e dinamiche che riguardano il fenomeno turistico, in una prospettiva di attualità. “Ormai in quasi ogni angolo del pianeta il turismo si presenta come una pratica complessa e articolata, che ha un impatto decisivo sulla sfera sociale, economica ed ecologica dello sviluppo locale di una destinazione” spiega Van der Borg. Su questo diamo un contributo come ateneo, formando esperti in questo settore in continua evoluzione”. 

Federica Ferrarin