Sheinbaum, prima presidente donna del Messico. L'analisi di Vanni Pettinà

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EneasMx, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

Nel 1993, lo storico Ruggiero Romano pubblicò Coyunturas opuestas. La crisis del siglo XVII en Europa e Hispanoamérica. Il libro, scritto in parte per polemizzare con le interpretazioni della teoria della dipendenza tra l'America e il mondo occidentale, rivelava che, mentre il XVII secolo aveva rappresentato per l'Europa una protratta congiuntura di crisi economica, la regione latinoamericana aveva invece vissuto durante quel periodo una fase di crescita e sviluppo. Il libro invitava, in altre parole, a riflettere sul fatto che le relazioni tra le due regioni non si basavano solamente su vincoli strutturali che condannavano l'America Latina a una posizione di subalternità, ma anche su fasi contingenti che potevano modificare il rapporto con l'Europa a seconda del momento.

Precisamente, le congiunture opposte hanno segnato gran parte della storia comparata delle due regioni. Basterebbe evidenziare che, mentre l'Europa veniva prima investita dai totalitarismi nazi-fascisti negli anni Trenta e poi distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale da questi propiziata, negli anni Quaranta l'America viveva invece un momento di importante espansione economica e, in non pochi casi, di ampliamento dei diritti sociali e politici.

La tesi sulle congiunture opposte di Romano torna a essere attuale analizzando i risultati delle ultime elezioni in Messico, nelle quali l'elettorato ha concesso alla candidata del movimento Morena, Claudia Sheinbaum, prima donna ad essere eletta alla massima carica del Paese, una straordinaria maggioranza di voti, il 60%, distanziandosi di 30 punti dalla sua concorrente più vicina, la conservatrice Xóchitl Gálvez.

Europa e Messico, se non tutta l'America Latina, si trovano almeno dal punto di vista politico in una di quelle congiunture opposte che hanno segnato le relazioni tra le due regioni nel corso dei secoli.

L'Europa si trova in questo momento in una situazione estremamente delicata. Da un lato, a livello internazionale, la guerra in Ucraina proietta sulla regione una formidabile minaccia per la sua stabilità e per il mantenimento della pace continentale, uno dei più importanti traguardi raggiunti da una regione dilaniata da due guerre mondiali, causa di milioni di morti e dell'olocausto del popolo ebraico. Dall'altro lato, l'ultima decade ha visto una forte consolidazione di partiti e movimenti appartenenti all’estrema destra che mettono in discussione i fondamenti democratici dei paesi in cui aspirano a governare o in cui già governano.

In Italia, Giorgia Meloni, 'il presidente' del governo — perché così ha scelto di essere chiamata, mettendo esplicitamente in discussione le richieste più moderate del femminismo — rivendica con orgoglio la sua appartenenza a un movimento politico che ha le sue radici nel Movimento Sociale Italiano, diretto erede del regime fascista di Benito Mussolini. In Spagna, il partito Vox, che è la quarta forza politica del paese e che partecipa indirettamente in vari governi regionali, emerge in continuità diretta con il franchismo. Quello che un tempo si presentava come un partito moderato, il Partido Popular, ha in parte assorbito l'agenda ultranazionalista e reazionaria di Vox su temi come l'immigrazione, i diritti civili e di genere e il problema della memoria storica della dittatura franchista. In Francia, è il Fronte Nazionale di Marine Le Pen che incarna ciò che Pablo Stefanoni definisce come la nuova ribellione delle destre. L'elenco potrebbe continuare includendo il partito tedesco Alternative für Deutschland e l'Ungheria del presidente Viktor Orbán.

Ciò che unisce questi movimenti che già governano o che aspirano — con buone possibilità di farlo in alcuni casi — a governare è, sebbene con sfumature, una messa in discussione delle norme basilari della democrazia liberale, un'agenda ultranazionalista con tratti espliciti di razzismo, misoginia, omofobia e un esplicito negazionismo sul cambiamento climatico che si nutre di posizioni molto vicine all'anti-scientismo. Inoltre, queste forze, in politica internazionale, prima dell'invasione dell'Ucraina — e l'Ungheria ancora oggi —, avevano mantenuto relazioni più che cordiali con l'autocrazia di Vladimir Putin di cui rivendicavano proprio l’impatto positivo delle sue scelte autoritarie in termini di capacità decisionale dell’esecutivo.

È di fronte a questo scenario che la vittoria di una candidata come Sheinbaum rafforza l'attuale congiuntura opposta tra Europa e Messico. Sebbene in Messico Sheinbaum sia stata fortemente contestata da analisti che si autodefiniscono liberali, la candidata di Morena rappresenta, rispetto al panorama europeo, un'opzione politica progressista, senza dubbio lontana dalle posizioni anti sistemiche delle destre del vecchio continente. Di fronte alle posizione spesso eversive della destra europea, il percorso di Sheinbaum è un monumento all'istituzionalità.

Dottoressa in fisica e ricercatrice della UNAM (Università Nazionale Autonoma del Messico), è stata segretaria dell'Ambiente durante il governo di Andrés Manuel López Obrador nel Distretto Federale (oggi Città del Messico), per poi diventarne sindaca. Di Sheinbaum si potranno contestare molti aspetti, ma non quello di rappresentare una forma di fare politica che ha lavorato all'interno del perimetro del sistema politico messicano nato dalla transizione democratica del 2000. In temi cruciali come la governabilità democratica, i diritti civili e di genere, l'uso della scienza per combattere il cambiamento climatico, ma anche nella difesa del diritto internazionale, Sheinbaum mantiene senza dubbio posizioni più ragionevoli e, torno a insistere, istituzionali rispetto alla maggior parte dei gruppi politici della destra europea.

Cioè, mentre in Europa si osserva una chiara svolta antiliberale, il percorso e le proposte di Sheinbaum rivendicano l'antica promessa socialdemocratica di conciliare un regime politico democratico con un'agenda di ampliamento dei diritti civili, sociali e in cui si inscrivono ora i diritti ambientali e di genere.

Bisognerà giudicare la nuova presidente dai fatti, tuttavia, in questo momento Vecchio e Nuovo Mondo tornano a collocarsi in una di quelle situazioni divergenti che, come segnalava Romano, hanno spesso caratterizzato la relazione tra i due continenti.

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Di Vanni Pettinà, professore associato di Storia delle Americhe presso il Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati

L'articolo del prof. Pettinà è stato pubblicato in versione integrale sul quotidiano spagnolo El País

A cura di Federica Scotellaro