Tra antropologia e ’human dimension’: la percezione dell’orso in Trentino

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Rufus46, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Lo scorso luglio il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha dato l’ordine di abbattere l’orso che aveva ferito un turista francese. Ma è da anni anni che il dibattito su orsi e sicurezza nelle valli trentine è fortemente polarizzato, toccando forse il livello più alto nell' aprile 2023, in seguito all’aggressione mortale al giovane Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4.

Aldilà di attacchi e ordinanze, quali sono i processi politici, sociali e culturali legati alla presenza dell’orso bruno (Ursus arctos) in Provincia di Trento? Quali conoscenze dei grandi carnivori – orsi, lupi e linci - si stanno formando in Trentino e, allargando la prospettiva, cosa sappiamo di come si vive oggi in montagna?

Per definire, scientificamente, la percezione dei grandi carnivori tra gli abitanti del territorio, il Parco Naturale Adamello Brenta ha chiesto aiuto all’Università Ca’ Foscari Venezia e all’Università di Sassari. La collaborazione ha preso, tra le altre, la forma di un questionario che, indirizzato a residenti e stakeholder - come allevatori, albergatori, cacciatori e persone che vivono il territorio in maniera ricreativa - ha già superato le duemila risposte

Il questionario è anonimo e punta a raccogliere e dare peso alle esperienze, alle percezioni e alle opinioni degli abitanti della Provincia di Trento rispetto alla presenza di orsi e lupi. Non misura chi è a favore o contrario a questi animali e non deve essere inteso come un “referendum” sui grandi carnivori, ma vuole invece analizzare e comprendere il motivo di ciascuna posizione.

Il questionario, ci spiegano i ricercatori Nicola Martellozzo e Gabriele Orlandi, che conducono la ricerca sul campo con il coordinamento della prof.ssa Roberta Raffaetà, è solo una delle metodologie utilizzate. Il questionario è stato preparato da un anno di ricerca etnografica e comparativa sulle forme di coabitazione tra comunità umane, fauna domestica e animali selvatici negli ambienti montani. Uno studio pionieristico, a livello nazionale e internazionale, dato che le ricerche di questo tipo sono poche e non prevedono quasi mai un utilizzo sistematico dell’antropologia. La convenzione di ricerca con il Parco è stata poi affiancata in maniera sinergica dal progetto PRIN “WilDebate : Coexistences, Bio-cultural Frictions and Pastoralism in Protected Areas”, in partnership con l'università del Molise (capofila) e l’Università di Torino. Il progetto, del quale Ca’ Foscari è partner, si concluderà nell’ottobre 2025 e offre l’occasione di aggiungere l'aspetto comparativo.

L’etnografia prevede il ricorso all'osservazione partecipante, ai focus group e ad interviste in profondità  a chi vive e lavora in Trentino occidentale (Val Rendena, Val di Sole, Val di Non). I ricercatori cafoscarini analizzano il tessuto sociale, stimolano il dialogo e il confronto tra i partecipanti, osservano le paure più diffuse e si interrogano sugli strumenti a disposizione per condividerle. L'orso, nell’indagine, non è necessariamente al centro della scena ma assume un ruolo di detonatore, di innesco per storiche tensioni sociali e vulnerabilità socio-economiche che spesso non trovano rappresentazione a livello politico. 

“Nei focus group abbiamo parlato di demografia, aggregazione dei comuni, servizi sanitari carenti - spiega Nicola Martellozzo. -  Si tratta di problemi e fragilità che riguardano il territorio e che hanno bisogno di emergere. L’orso, in particolare negli ultimi anni, ha spostato l’attenzione da questi temi, diventando una questione politica. E’ uno dei problemi, ma le persone che incontriamo chiedono di gestirlo in maniera effettiva e non estemporanea, tenendo conto della più ampia dimensione sociale.” 

“Non è solo una ricerca pionieristica, ma sta innescando un importante cambio di prospettiva tra gli stakeholder, facendo emergere la necessità di interpretare in maniera più ampia a quella che nei progetti di conservazione ambientale viene definita ‘human dimension’, integrando in maniera organica un approccio antropologico - spiega Roberta Raffaetà, docente cafoscarina di Antropologia. - Un altro grande risultato è stato quello di riuscire ad attenuare gli estremi ideologici. Fino a che negli spazi pubblici e digitali il dibattito sulla presenza degli orsi rimane fortemente polarizzato, si perde di vista quella ‘zona grigia’ centrale nella quale l’orso è la punta dell’iceberg, ma che comprende tutte le difficoltà – e le potenziali soluzioni - di vivere un territorio montano. Fino a che non si affrontano questi temi, sarà difficile gestire in maniera efficace anche la convivenza con i grandi carnivori. Il questionario, per esempio, è stato compilato ed apprezzato anche da chi ha posizioni completamente opposte, testimoniando che il progetto sta riusciendo a dialogare con tutti. Lo valuto come un grande risultato”.

Accanto all’attività etnografica, non manca quella netnografica, che analizza le interazioni tra persone all’interno delle comunità online. Gabriele Orlandi racconta che “dicotomie geografiche e appiattimento della memoria politica sono i due elementi che emergono con forza dall’analisi dei discorsi sul web. Da una parte quindi si osserva una fortissima contrapposizione tra Trentino e resto d’Italia, accompagnata dalla critica al fatto che chi non vive il territorio si possa legittimamente esprimere su queste questioni. Dall’altra ci confrontiamo spesso con una rimozione della storia politica, e con la tendenza a considerare solo le più recenti disposizioni di legge”.   

 

Striscione esposto a Pinzolo, provincia di Trento, alta Val Rendena

Il questionario

Il questionario ha già ricevuto oltre 2.300 risposte, in particolare da chi si definisce ‘appassionato di outdoor’, e quindi fruisce la montagna in maniera ricreativa. L’indagine è ancora in corso, ma i ricercatori hanno già evidenziato alcune tendenze: “Libertà, paura e casa sono i tre macro temi che emergono quando si parla di orsi. Bosco, montagna e valli sono percepiti come un’estensione dell’ambito domestico. Ad esempio, la Val Rendena è un territorio fortemente antropizzato, con un importante turismo invernale. Il bosco è percepito come ‘casa mia’ prima di essere bosco, o alpeggio. Di conseguenza emerge la percezione che  ‘l’orso è a casa mia’, invade il territorio e ‘ruba’ il terreno, fino ad arrivare a posizioni estreme, quasi complottiste, sul reintegro dell’orso in Trentino.

Dalle risposte libere emerge inoltre che nel territorio c’è una forte richiesta di ascolto – che le nostre attività di ricerca accolgono -  e un desiderio di conoscenza profonda sul tema, anche se tutto ciò avviene principalmente in modo informale. Gli stakeholders propongono idee, modalità e pratiche di gestione che vengono elaborate e discusse all’interno di singoli gruppi. Vogliamo soprattutto capire perché esistono certe posizioni, e il questionario rimane complementare a una ricerca qualitativa ad ampio raggio”.

Gli obiettivi del progetto e la ‘Human Community’

A fine anni ‘90 il Parco Naturale Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (oggi ISPRA), ha dato avvio al progetto europeo Life Ursus, reintroducendo l’orso nelle Alpi Centrali. All’epoca più del 70% dei Trentini era favorevole all’operazione, mentre oggi la situazione è ben diversa.

Per capire cosa è cambiato da allora, e in che modo il tema dell’orso è stato affrontato da politica e società, serve la presenza ‘sul campo’ e l’utilizzo delle tecniche etnografiche. “Ci rapportiamo con categorie diverse, dagli amministratori provinciali, politici, tecnici, alle pro loco, ai pastori, agli allevatori, fino ai gruppi animalisti e antispecisti. Nella prima fase abbiamo mappato gli stakeholder, ora stiamo approfondendo le dimensioni politiche più marcate, attraverso il questionario ma anche con l’attività sul campo, passando il tempo con le persone, in alpeggio, nelle stalle, per capire cosa possa davvero significare coesistenza o convivenza”. 

Il progetto PRIN termina a ottobre 2025, ma l’obiettivo è quello di restituire al territorio un metodo di lunga durata che favorisca un ‘monitoraggio sociale’ costante da parte del Parco. Il Parco Naturale Adamello Brenta utilizzerà i risultati per costruire un sistema di comunicazione efficace per vivere il territorio in maniera responsabile e sicura, mentre il gruppo di ricerca prevede incontri di restituzione con le comunità, pubblicazioni scientifiche e un convegno a fine progetto che sia anche l’occasione per fare rete con realtà nazionali e internazionali che vivono situazioni problematiche con la fauna selvatica. In previsione, insieme al Parco, l’attivazione di un osservatorio permanente sui grandi carnivori. 

Federica Scotellaro