RCF
Groucho - Il cinema con i baffi Radio Ca' Foscari

Groucho

Groucho – Il cinema coi baffi è un format d’informazione e intrattenimento sul mondo della celluloide, con approfondimenti particolari dai festival dedicati.
Ogni giorno durante gli eventi più importanti, e a cadenza irregolare durante tutto l’anno, Groucho pubblicherà i suoi podcast con recensioni e novità sul cinema italiano e internazionale.

Abbiamo poi creato un format spinoff per quando parliamo con chi lavora nel cinema per davvero: Groucho: le interviste

A cura dello staff di Radio Ca’ Foscari
Frequenza di pubblicazione: irregolare
Categoria: Media & Tech

 

Scopri gli episodi

Venezia81, purtroppo, è finita anche quest'anno, ma noi abbiamo ancora dei Groucho freschi pronti per voi.
In questo episodio multivocale, trovate le recensioni dei film Il mio compleanno di Christian Filippi, Vermiglio di Maura Delpero (vincitore del Leone d'argento - Gran premio della giuria) e di L'attachement di Carine Tardieu.
Tre film che ci raccontano tre famiglie diverse e che ci raccontano anche le famiglie in modo diverso. Da quelle di sangue a quelle scelte, il denominatore comune, alla fine, è comunque sempre quello del volersi bene. 

Musiche: Swing di Dee Yan-Key da freemusicarchive.org

Chi dice che tre è il numero perfetto, è perché non si è concentrato abbastanza sul numero due. In questa puntata gli diamo quindi l'importanza che si merita, facendogli fare da fil rouge delle recensioni presenti e parlando di maestose coppie di attori sul grande schermo. 

Sono film attesissimi quelli di questo episodio, che va da Wolfs con Brad Pitt e George Clooney, passa per The Room Next Door di Almodovar con Tilda Swinton e Julianne Moore e finisce con Joker: Folie a Deux con Lady Gaga e Joaquin Phoenix. 

Musiche: Swing It di Crowander da freemusicarchive.org

Cosa che tornano in film diversi. Riprendiamo il gioco dei fili rossi da cercare nelle trame, che collegano involontariamente quel tal titolo a quell’altro - o forse non lo collegano affatto ma a noi piace pensare che sia così perché è un giochino che ci fa sentire intelligenti.

Già nelle due edizioni passate abbiamo notato il gran ritorno del fumo sullo schermo; se ascoltate le puntate di Venezia 80 e Venezia 79 sicuramente ritroverete qualche appunto sulla questione. Quest’anno non solo confermiamo la tendenza ma constatiamo il gran lavoro delle compagnie del tabacco: abbiamo visto finora quasi trenta film è in TUTTI almeno un personaggio è smaccatamente tabagista, e spessissimo è uno dei personaggi principali. E ovviamente si conferma anche che il fumo non è dipinto negativamente come la droga: nessuno parla di personaggi che lottano contro il cancro ai polmoni o contro l’enfisema, ci mancherebbe. Il fumo è bello, fumate che vi fa bene!

Notiamo poi una sorta di spostamento della barra nella rappresentazione dei corpi; se da sempre è soprattutto il corpo femminile a essere idealizzato, a Venezia 81 notiamo soprattutto, e con discreta frequenza, un’idealizzazione dei corpi maschili. C’è abbastanza nudità sulla schermo, ma poca normalità; non ricordiamo uomini con la pancetta o con fisici poco tonici; tutti i maschi sono in formissima, asciutti quando non palestrati, e anche i più vecchi come Adrien Brody, Daniel Craig e Antonio Banderas sfoggiano bicipiti, addominali e pettorali definiti. Ci direte: “Se voglio vedere un nudo, lo voglio vedere bello”, e in parte avete ragione; però la riflessione sulla rappresentazione dei nostri corpi è una questione apertissima, che non abbiamo tempo di approfondire nel dettaglio, ma che sarebbe anche ora di superare normalizzando la normalità.

Il terzo elemento che abbiamo visto spesso è la componente equina: in molti film ci sono cavalli; non è una cosa strana di per sé ma ci sembra di averne visti più del solito, anche se non abbiamo avuto il piacere di avere una proiezione de La fuga della cavalla morta, un grande capolavoro che meriterebbe di stare a Venezia Classici.

Nella sesta puntata di recensioni trovate i pareri non richiesti su:

  • Queer di Luca Guadagnino: un film che per un po' abbiamo pensato potesse essere bello;
  • Harvest di Athīna Rachīl Tsaggarī: ovvero come prendere uno spunto di riflessione interessante e farne un film sconclusionato;
  • The Quiet Son di Delphine and Muriel Coulin: Vincent London nel ruolo di Luca Zaia.

[Musiche: Rope Swing di Podignton Bear da freemusicarchive.org]

È tempo di parlare del muro del pianto.
I commenti in concorso per la coppa Ridateci i soldi da qualche hanno sono particolarmente deludenti, come se il pubblico dotato di spirito avesse improvvisamente smesso di frequentare la mostra del cinema. Amiche e amici che uscite dalle sale: fatevi venire in mente qualcosa di sagace e di salace, altrimenti vi preghiamo: evitate di scrivere.

Dei fogli con i vostri contatti su Letterboxd non ce ne frega un accidente, e neanche di quanto troviate sia bello quell’attore o bella quell’attrice: per quello ci sono Instagram e TikTok e per i più boomer magari Twitter. Del resto sappiamo benissimo anche quanto le linee actv siano insufficienti a gestire il carico di gente di questi giorni e quanto gli orari siano scelti su criteri poco chiari: è così da anni, non ce ne dobbiamo per forza rassegnare ma quelle lamentele dirigiamole verso altri canali.
Su quel muro che tanti sghigni ci ha regalato in anni passati, lasciamo le stoccate in punta di penna, le pasquinate, magari pure qualche recensione più lunga ma ficcante.
Passarci davanti oggi è diventata una noia ed è sinceramente un peccato.
Facciamoci un esame di coscienza e pensiamo bene se quello che vogliamo scrivere valga davvero la pena d’essere incollato a quella parete.
Ci sentiamo di dire che nella maggior parte dei casi probabilmente non lo è.

Per fortuna a regalarci gioia ci sono ancora le persone che lanciano improperi e bestemmie a caldo, appena uscite dalla sala, spesso parlando con chi le accompagna ma talvolta anche da sole, e sono i casi indubbiamente più divertenti.
E noi quanti improperi abbiamo proferito ad alta voce, magari senza accorgercene? Chissà. Non escludiamo che in questo istante qualcuno stiamo commentando noi, mentre noi commentiamo altri.

Tuttavia nella puntata di oggi gli improperi non ci sono, perché vi parleremo di tre film che ci sono piaciuti, a livelli e in modi diversi:

Nella quinta puntata di recensioni trovate i pareri non richiesti su:

  • The Order di Justi Kurzel: un ritorno alle vibes che dava Taylor Sheridan quando ancora scriveva bei film;
  • Campo di battaglia di Gianni Amelio: un bel film che però Borghi sei bravissimo ma smettila di fare il polentone;
  • The Brutalist di Brady Corbet: una roba che più che un film è un sequestro di persona.

[Musiche: Rope Swing di Podignton Bear da freemusicarchive.org]

All'alba del quarto giorno di Mostra, Marco è il film più bello che abbiamo visto - o almeno uno dei più belli. È in concorso in Orizzonti ma avrebbe meritato di stare nella selezione principale più di altre pellicole, come per esempio Trois Amies, che all'alba del quarto giorno di mostra è a nostro gusto il film più brutto visto finora.

Il top e il flop ve li piazziamo quindi nello stesso episodio, per darvi il brivido degli estremi. Non manchiamo ovviamente anche di farvi qualche commento acidello - ma in realtà divertito - sulla vita da festival, le persone in sala, i commenti, le lamentele, le evacuazioni del palazzo del casinò, gli odori delle ascelle arrogani.
Note di colore che fanno parte di ogni festival che si rispetti, come le persone che prendono appunti in sala (noi) o quelle che si lamentano di quelle che prendono appunti in sala (il signore di fianco a noi). Oppure le persone che ridono a volume smodato e ti trapanano i timpani, peraltro in momenti che boh onestamente non facevano ridere.

In questa puntata vi parliamo quindi di:

  • Marco di Aitor Arregi e Jon Garaño: in sintesi: una storia pazzesca!
  • Trois Amies di Emmanuel Mouret: il momento telenovela di Venezia 81, un film che ci ha provocato un certo imbarazzo;
  • Babygirl di Halina Reijn: un film bravo ma che non si applica.

[Musiche: Breakfast Bread di Till Paradiso da freemusicarchive.org]

Pablo Larraìn è il primo nome di grido ad essere proiettato nel concorso principale: inevitabile che i pareri sulla sua ultima opera siano già polarizzati. Il bello di ogni festival è anche questo; o forse il brutto: i gusti sono diversi da persona a persona è questa eterogeneità crea discussione, movimento, dinamica.
È anche vero però c'è chi ha già un suo giudizio prima ancora di entrare in sala, sia esso un giudizio positivo o negativo; e questo invece la discussione la affossa, crea staticità e polarizzazione.
Come riconoscere un giudizio sincero da uno prefabbricato? Difficile rispondere.

Anche noi ovviamente abbiamo i nostri giudizi e ve li propiniamo anche se non richiesti, e in questa puntata ve li diamo di altre tre opere, due in concorso nella sezione principale e una in Orizzonti: 

  • Maria di Pablo Larraìn: sì, un altro biopic di Larraìn con un famoso personaggio femminile in primo piano; ne abbiamo abbastanza? Forse sì. È comunque bello? Beh, sì!
  • El Jockey di Luis Ortega: il realismo magico sudamericano incontra l'estetica di Wes Anderson e piglia una deriva filosofica; un film a tratti spiazzante;
  • Pooja, Sir di Deepak Rauniyar: thriller poliziesco che viene dal Nepal e unisce scorci socio-politici di un certo peso a clamorose ingenuità.

[Musiche: Rope Swing di Podignton Bear da freemusicarchive.org]

La corsa ai biglietti per le proiezioni è iniziata ormai da giorni - per il pubblico ormai da un mese! Ce l'avremo fatta quest'anno a evitare le polemiche sulle prenotazioni? Ovviamente no, visto che quest'anno ci sono sia le prenotazioni che le file, per non scontentare nessuno (o per scontentare chiunque). Perché non si può più scegliere il posto in sala in fase di prenotazione? Per le persone alte e magari lievemente claustrofobiche rischia di essere una tragedia: non si deve stare stare per forza al centro, ma in un posto dove stendere le gambe, anche di lato, anche in fondo sala; e magari in un posto dove filarsela se il film è atroce ma non si ha abbastanza sonno per dormire. Tutte strategie che vanno a farsi benedire se la scelta del posto è casuale.
Panico. All’arrivo in sala ci rendiamo però conto che il posto non è assegnato, ma libero; insomma, un modo per mantenere le prenotazioni ma far sentire a proprio agio chi, masochisticamente, sentiva la mancanza delle lunghe code davanti alla sala. Noi preferivamo avere il nostro posto sicuro ma poco male, speriamo almeno aiuti a velocizzare le operazioni su sito.

Ma insomma Venezia 81 è iniziata al netto di tutto noi siamo felici: abbiamo partecipato alla pre-apertura e al primo giorno siamo già in full immersion cinematografica.
Ecco allora che per questa prima puntata del 2024 dal Lido vi parliamo di tre film:

  • da Beetlejuice Beetlejuice ci aspettavamo onestamente un disastro, ma possiamo dirvi che quel disastro per fortuna non è arrivato. Certo non è arrivato nemmeno un film all’altezza del suo predecessore, ma ve ne parliamo nella puntata;
  • Nonostante di Valerio Mastandrea è stato il primo film che abbiamo visto in concorso quest’anno e anche la prima bella sorpresa della Mostra;
  • L'oro di Napoli non ha certo bisogno di presentazioni, ma è stata un'occasione per vivere il momento della pre-apertura, quasi una cerimonia a parte che è la sera forse più popolare di tutta la Mostra.

[Musiche: Swing It di Crowander da freemusicarchive.org]

All'FMK di Pordenone capita che finisci di intervistare un* regista e il secondo dopo magari vai a prenderti una birra insieme, e il clima che si respira in questo festival è sicuramente un unicum nel suo genere.
In occasione dell'ultima serata, le nostre prodi inviate hanno visto e recensito i corti Il barbiere complottista, Desgosto de morrer no Inverno e PetroL.
Per scoprire quali lavori si sono aggiudicati il premio della giuria, degli studenti e del pubblico, non vi resta che ascoltare l'episodio fino alla fine. 

[Musiche: Rope Swing by Podington Bear, Friends Will Be Friends by Till Paradiso e Swing It by Crowander (da freemusicarchive.org)]

All'FMK di Pordenone non solo ci si diverte parecchio ma ci si spaventa anche abbastanza, soprattutto nella giornata dedicata all'horror.
Caso vuole, però, che nessuno dei cinque cortometraggi visti nella seconda serata di festival fosse davvero pauroso (per la fortuna delle nostre Ilaria e Sara).
Le nostre prodi inviate hanno quindi visto e recensito i corti statunitensi Gary Screams For You e See Saw e i lavori italiani Distanza, Glasses - Gli occhiali e Ostropek è vivo!

[Musiche: Rope Swing by Podington Bear, Friends Will Be Friends by Till Paradiso e Swing It by Crowander (da freemusicarchive.org)]

All'FMK di Pordenone il clima è ottimo e ci si diverte parecchio. Peccato, quindi, che durante la prima serata proprio il motivo per cui siamo qui - i cortometraggi -  non ci abba particolarmente soddisfatto.
Le nostre prodi Ilaria e Sara si sono immolate per voi recensendo sei lavori dai temi più disparati: Dive, Burraco, A Man Falling, Talking Cure, La mort de Robespierre e Antefatto (A Distant Spring).

[Musiche: “Rope Swing” by Podington Bear, “Friends Will Be Friends” by Till Paradiso e “Swing It by Crowander” (da freemusicarchive.org)]

L’amore è l’impulso che ispira la creatività poetica, ma è la morte ad essere il traguardo finale per la guarigione dai mali che affliggono l’essere umano. [...] La morte è il punto d’arrivo del viaggio della vita, capace di liberarci dalla costrizione del tempo per condurci ad un’eternità ideale di pace interiore.”

Il tragico abbraccio tra amore e morte ha trovato rappresentazione in ogni forma d’arte, ed il cinema non è da meno. Talvolta il medium del film offre nuovi spunti di riflessione su questo argomento ormai immortale.

Per l’ultimo episodio dedicato alla 74° edizione della Berlinale, abbiamo invitato ai nostri microfoni Nicolò Grasso, e con lui trattiamo ben quattro pellicole a tema: “My favorite cake", "Another End”, "Demba” e “Love Lies Bleeding". 

Non tutti i film sono amore a prima vista. Per quanto partecipare ai festival del cinema sia divertente, spesso costrizioni di tempo ci portano a fare scelte incredibilmente selettive su cosa andare a vedere e cosa scartare, basate sulla sola premessa delle pellicole — specie quando si tratta di eventi diffusi in varie sedi, come lo è la Berlinale. Ahimè, occasionalmente la natura di questa scelta ci porta a sua volta a vedere film che non sono esattamente nelle nostre corde!

È capitato proprio ai nostri sfortunati inviati alla 74° edizione della Berlinale. In questo secondo episodio dedicato al festival, parliamo di tre pellicole in ordine di gradimento: "Sieger sein" di Soleen Yusef, "Small Things Like This" di Tim Mielants e infine "Gloria!" di Margherita Vicario.

The Human Hibernation Project racconta una società utopica rurale, in cui le linee tra umanità, animali e natura si assottigliano creando un equilibrio più equo. Soggetti ai ritmi naturali dell’ibernazione durante i mesi più freddi dell’anno, gli esseri umani del cortometraggio di Anna Cornudella non hanno più controllo assoluto sull’ecosistema e sono dunque più che mai connessi sia con altre specie animali che con l’ambiente che li circonda: il tutto viene narrato verosimilmente, in pieno stile documentaristico.

In occasione della 74° edizione della Berlinale la nostra Ilaria ha avuto modo di parlare proprio con la regista, e con lei ha approfondito il processo creativo che ha portato alla sua creazione.

L’intervista è in lingua inglese.

Se la prima cosa che mi viene in mente quando diciamo Festival del cinema è la bella stagione estiva del Lido di Venezia, beh allora dimenticate tutto: dimenticate il ret carpet, dimenticate l'atmosfera esclusiva di biglietti introvabili e accreditati eletti, ma soprattutto dimenticate i cartellini al collo che mostrano a tutti una qualche appartenenza al Festival del cinema.

Al Torino Film Festival si respira tutt'altra aria. Qui potete imbacuccarvi per bene - viste anche le temperature - e arrivare in sala pronti a godervi i film senza spendere le ore a pensare all'outfit giusto, che tanto - fra il giaccone pesante e fuori e il buio della sala dentro - nessuno si accorgeranno niente. E allora si inizia, sempre con molta calma perché i cinema del festival sono tutti vicini tra loro e le proiezioni ti permetto - di solito - di muoverti senza correre, perché è un festival pensato per la cittadinanza di Torino: le sale scelte per ospitare il Festival non sono stravaganti, ma quelli dei cinema presenti in città che però ogni tanto mostrano gli acciacchi del tempo. Insomma, va bene architettura raffinata del Romano, ma non aspettiamoci l'esperienza della sala innovativa con poltrone dalla seduta larga e confortevole, perché in tal caso si potrebbe rimanere un pochino delusi. Concentriamoci più sul contenuto che sulla forma, perché può capitare che a causa di una pendenza poco pronunciata della sala, bisogna sporgersi verso la fila davanti e chiedere a chi è seduto di non muoversi troppo o di abbassarsi un po'.

Parliamo allora dei film che quest'anno ha visto la nostra Giulia, inviata speciale al TFF 41: di La Palisiada di Philip Sotnychenko, Earth Mama di Savanah Leaf, La Ermita di Carlota Pereda, Holy Shoes di Luigi di Capua.

Dopo aver sollevato i nostri dubbi sulla salute del cinema italiano, in questa puntata ci occupiamo finalmente di film nostrani che ci sono piaciuti.

Bianco rosso verde
Non solo però: le tre recensioni dell'episodio hanno in comune i colori della bandiera, ma il terzo incomodo è un film ungherese.
Cliccate play e sentite la nostra su Felicità, El Paraiso, Una spiegazione per tutto.

Ci sono film che costringono a fare i conti con sé stessi e col mondo in cui viviamo.
Tre di questi film li abbiamo visti a Venezia 80; tre film uniti tra loro da alcuni temi comuni, come i concetti di disumanizzazione e ingiustizia sociale.

Tre film che meritano un leone
Non sappiamo quale, non sappiamo se poi lo vinceranno, però Green Border, Origin e Io capitano sono tre film che a loro modo meritano un premio. O quanto meno un plauso.
In questa puntata tentiamo di dire la nostra e di spiegare perché.

Testi e voce di Nicolò.

Il biopic la fa da padrone a Venezia 80 e a noi 'sta cosa avrebbe onestamente un po' stufato.
Nessuno dei film in questione è davvero brutto, ma molto pochi possiamo definirli - se non belli - quantomeno rilevanti.
Quanti altri dovremo vederne, ancora?

Ma non tutti i biopic vengono per nuocere
I due film più chiacchierati del concorso - per quanto riguarda questo particolare filone - sono Priscilla di Sofia Coppola e Ferrari di Michael Mann: ne salviamo qualche spunto ma nessuno dei due ha convinto appieno.
Fuori dai riflettori, nella sezione Orizzonti, ce n'è però uno che ci ha stupito in positivo e che ha tutto un suo senso di esistere: The Featherwight, un moclumentary dedicato al campione della boxe Willie Pep.

Testi e voce di Nicolò e Laura.

Tempo di drammi alla mostra del cinema.
Un po' nel senso di film drammatici, un po' nel senso che sono successe cose brutte. Vabbè, non proprio brutte, però...

Di cinema e di sale
Le recensioni di oggi sono dedicate a tre drammoni in concorso nelle sezioni collaterali: El Rapto di Daniela Goggi, A cielo abierto di Mariana e Santiago Arriaga, The Hoard di Luna Carmoon.
Ma vogliamo spendere un minutino per parlare della nuova sala Perla, che ci ha lasciato con l'amaro in bocca.

Testi e voce di Virginia, Sara, Nicolò.

Attenzione, per favore: i film di cui parliamo oggi la meritano. Anzi, la necessitano: se ti distrai un attimo, è possibile che perdi quel qualcosa che non dovevi perdere - o magari t'addormenti.

Drammi e comfort food
The Wonderful Story of Henry Sugar è un altra fetta del tiramisù di Wes Anderson, quella cosa che se lo porti alla festa in fin dei conti va sempre bene. È un mediometraggio, ma nonostante la durata contenuta richiede un certo impegno per essere seguito; impegno che richiedono anche film drammatici come Yurt - sulla tensione tra laicità e religione in Turchia - o documentari come Hollywoodgate - una lavoro mastodontico di ricerca in Afghanistan - o Thank You Very Much - nuovo film dedicato ad Andy Kaufman, quasi un habitue postumo della Mostra del cinema.

Testi e voci di Ilaria, Laura, Nicolò.

Il bianco e nero torna prepotentemente di moda alla Mostra del cinema.
Non che sia mai mancato, va detto, ma quest'anno ci sembra una scelta stilistica di cui s'è fatto uso particolarmente, specialmente in concorso.

Senza colore ma non incolore
Non tutti i film di cui parliamo sono completamente in bianco e nero. Anzi, praticamente nessuno. Però per nessuno di questi la scelta del colore è un puro vezzo o una semplice formalità. C'è sempre un motivo preciso.
Quale?

Beh, proviamo a vederlo assieme.
I film nella fattispecie sono Poor Things, Die Theorie Von Allem e Maestro.

Testi di Virginia e Nicolò.
Voce di Nicolò.

Com'è lo stato dell'arte del cinema italiano?
Se dobbiamo giudicare dai film in concorso all Mostra del cinema di quest'anno - quelli che abbiamo visto finora, almeno - la situazione è sempre un po' deludente.

C'è chi gira, ma chi scrive?
E non è che il pubblico italiano è sempre troppo severo coi film italiani, come dice Orson Welles; e non è un problema nemmeno di regia: è un problema di scrittura.
Una volta avevamo le grandi firme, oggi le sceneggiature lasciano spesso un po' a desiderare.

È il caso - più o meno evidente - anche dei film di cui parliamo in questa puntata: Comandante, L'ordine del tempo, Finalmente l'alba, Adagio.

Testi e voci di Ilaria e Nicolò.