Nobel per la Letteratura 2021 a Gurnah, ospite di 'Incroci' nel 2008
ll Premio Nobel per la Letteratura 2021 è stato assegnato a Abdulrazak Gurnah, scrittore di lingua inglese nato nel 1948 a Zanzibar. I media che si affrettano a raccogliere notizie su un autore che sicuramente non è un best seller lo definiscono per comodità scrittore tanzaniano, ed è proprio l’insufficienza di questa etichetta a spiegare l’importanza di questo riconoscimento.
Perché Gurnah è stato una delle milioni di persone nate all’interno di un Impero Britannico in via di disfacimento; perché Gurnah è stato un rifugiato costretto a lasciare la sua terra perché dopo l’indipendenza molte ex-colonie si sono trovate dilaniate da conflitti interni spesso determinati dal divide et impera inglese, perché Gurnah è stato uno dei tantissimi esuli che ha trovato una seconda casa proprio in Inghilterra, dove è diventato uno stimato accademico e un acclamato romanziere.
Della materia turbolenta che ha ridisegnato nella seconda parte del Novecento la geografia mondiale, e in particolare quella dell’Africa, Gurnah ha fatto arte, e l’Accademia di Svezia lo ha insignito del principale riconoscimento letterario mondiale "per la sua intransigente e profonda analisi degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti".
Gurnah, in termini accademici che proprio a Ca’ Foscari hanno trovato uno dei più importanti centri di ricerca italiani, è un quintessenziale autore postcoloniale, che vive e racconta a cavallo dei continenti, e che non può in alcun modo rientrare comodamente in alcuna categoria di letteratura nazionale, che purtroppo continua a essere la principale cornice di riferimento degli studi letterari a scuola e nelle università. Gurnah appartiene a quella generazione di sudditi che hanno ricevuto una classica educazione britannica che consisteva nell’imparare e riverire il canone letterario inglese, da Shakespeare a Dickens a Conrad, visti come portatori di una civiltà superiore a discapito delle culture africane locali.
E proprio questa generazione è quella che ha usato la stessa lingua letteraria dell’inglese per raccontare la propria storia, per rigettare l’idea della superiorità occidentale, per dare voce e dignità alle molte esperienze delle donne e degli uomini nati sotto l’Impero e cresciuti in stati indipendenti ma tutt’altro che pacificati e democratici.
E, per un paradosso che oramai non appare nemmeno più come tale, sono proprio questi scrittori – Gurnah si collega idealmente a un canone moderno di Nobel postcoloniali che comprende Derek Walcott, V.S. Naipaul, Doris Lessing, Nadine Gordimer – che ha radicalmente trasformato l’idea stessa di letteratura inglese. In questo senso a chi voglia avvicinarsi a Gurnah, si può consigliare il romanzo Paradiso, pubblicato originariamente nel 1994 ed edito in Italia nel 2007 da Garzanti (che ha pubblicato anche Sulla riva del mare nel 2002 e Il disertore nel 2006).
In questo appassionante romanzo l’autore riscrive uno dei classici europei, Cuore di tenebra di Joseph Conrad, raccontando la storia di un mercante arabo che viaggia all’interno del Congo come aveva fatto il Marlow conradiano.
Con questo premio sono istantaneamente partite sia le critiche di coloro che considerano questo un Nobel più politico che letterario (segue la litania di tutti gli scrittori occidentali più raffinati e meritevoli) sia quelle di coloro che facevano il tifo per autori postcoloniali più noti e influenti (ed è una grande ironia della sorte che Gurnah sia anche un importante studioso di Ngugi wa Thiong’o, il massimo scrittore kenyano che ora, con l’assegnazione del premio a un altro autore originario dell’Africa Orientale, sembra definitivamente fuori gioco, e che sottolineerebbe comunque che alla fine è stato premiato ancora una volta un autore africano che scrive in inglese pur essendo di madre lingua swahili).
Certo non si può non pensare che i giudici svedesi si divertano almeno un poco a sovvertire i pronostici con scelte poco ovvie e idiosincratiche e non ci sarebbe da stupirsi se Gurnah stesso non sia stato colto di sorpresa dal premio. Ma dopo una lunga serie di premi saldamente eurocentrici, una nuova apertura all’Africa è una boccata di ossigeno e un invito ad allargare i nostri orizzonti letterari.
Fa piacere concludere questo breve profilo ricordando che Abdulrazak Gurnah è stato ospite della primissima edizione del Festival di letteratura Incroci di Civiltà nel 2008, nella sua doppia veste di autore e studioso, a dimostrazione di come questa iniziativa cafoscarina, che a breve ritornerà in presenza, sia nata proprio per celebrare quegli scrittori che per visione del mondo e respiro letterario non è possibile racchiudere in alcun passaporto.
Shaul Bassi, Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati