Orologiai molecolari
Il tempo gioca un ruolo chiave nel nostro rapporto con medicinali e cosmetici. Ogni compressa o crema, infatti, ha un’efficacia limitata, trascorsa la quale è necessario ingerire o spalmare ancora per mantenere i benefici. A Ca’ Foscari c’è un team di scienziati impegnati a regolare questo tempo e se possibile allungarlo, per sfruttare meglio i principi attivi e migliorare il comfort del paziente.
Questi “orologiai” molecolari, guidati dalla professoressa Michela Signoretto, hanno imparato il mestiere regolando il rilascio di beta-bloccanti e antinfiammatori destinati al trattamento di patologie cardiache e infiammatorie croniche, mentre oggi dedicano i loro esperimenti soprattutto, ma non solo, allo sviluppo o alla formulazione di cosmetici innovativi. Nel laboratorio, inoltre, si lavora alla trasformazione di rifiuti ed inquinanti, come ad esempio biomasse e anidride carbonica, in risorse ed energia.
“Siamo chimici industriali – spiega Michela Signoretto nel laboratorio di catalisi (CATMAT) del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi al Campus Scientifico – e come tali orientiamo la nostra ricerca a realizzare un prodotto utile, affrontando sfide che hanno a che fare con la nostra vita quotidiana. L’ambizione che ci guida è quella di riuscire a migliorare le condizioni di vita delle persone”.
Attualmente, il team segue diverse linee di ricerca che vanno dalla formulazione di farmaci e cosmetici alla progettazione di catalizzatori per la produzione di bioplastiche e green fuels.
L’attività attuale della professoressa Signoretto rappresenta però solo una tappa del suo percorso a Ca’ Foscari, caratterizzato fin dall'inizio dall'innovatività: “Ero la più giovane e quindi spettava a me sperimentare le novità - racconta - Così fui inviata a un corso di formulazione, per approfondire la realizzazione di specialità chimiche. Fu così che iniziai a interessarmi ai problemi riguardanti i farmaci e i tempi del loro rilascio nell’organismo”.
Tutti desideriamo che un antidolorifico agisca presto e bene, ma cosa succederebbe se trascorse appena poche ore dall’assunzione l’effetto svanisse? In laboratori di tutto il mondo si studiano sistemi per il rilascio controllato e prolungato del principio attivo. L’obiettivo degli studiosi è “confezionare” la molecola favorendone un rilascio controllato e prolungato nel tempo, massimizzandone l’efficacia terapeutica e riducendo eventuali effetti collaterali. Un formulato di questo tipo permette di ridurre il numero di somministrazioni favorendo una maggiore accettabilità della terapia da parte del paziente (pensiamo, ad esempio, ai bambini ed al loro rapporto con i medicinali) garantendo indiscutibili vantaggi dal punto di vista terapeutico ed economico. Prendere una compressa in meno al giorno potrebbe evitare effetti collaterali quali ad esempio problemi di accumulo o sovradosaggio, inoltre, ridurre il numero di applicazioni di una pomata su una ferita potrebbe migliorare sensibilmente il decorso clinico del paziente.
I sistemi a rilascio controllato “cafoscarini” si basano su uno studio incentrato soprattutto sulla scelta del “contenitore” (matrice) che deve essere in grado di accogliere, proteggere e veicolare (trasportare) il principio attivo interfacciandosi al meglio con la parte dell’organismo sulla quale il farmaco ed il cosmetico devono agire. Ad esempio l’abbinamento di un polimero naturale e di una sostanza inorganica, come la silice, permette di creare una matrice in grado di modulare l’interazione tra la molecola attiva e il suo “contenitore” sotto vari punti di vista. La sinergia tra questi due componenti, infatti, è in grado di proteggere il principio attivo dai numerosi “ostacoli” che incontra nell’organismo (ad esempio la presenza enzimi e pH molto diversi) garantendo al tempo stesso un rilascio graduale e prolungato. Nelle caso delle creme per la pelle, ad esempio, i primi test confermano l’efficacia fino a 24 ore dall’applicazione.
“Sfruttare meglio il principio attivo è un interesse sia dell’industria che del consumatore – fa notare Signoretto – perché significa rendere il prodotto più efficiente e efficace al tempo stesso, riducendo lo spreco di risorse e massimizzando il risultato”.
Il team, che oltre a ricercatori italiani coinvolge anche giovani ricercatori stranieri, sta testando in vitro ed ex-vivo i risultati più recenti. Il passaggio dal laboratorio alla produzione industriale richiederebbe ulteriori passaggi in altri laboratori specializzati e test in vivo. Il salto dalla ricerca sui farmaci a quella sui cosmetici è avvenuto proprio per ridurre costi e passaggi prima della commercializzazione delle scoperte.
Brevettare, tuttavia, non è il principale obiettivo del gruppo, che preferisce puntare alla massima condivisione scientifica dei propri risultati: ”Brevettare – conclude Signoretto - può significare tenere le ricerche nel cassetto per molto tempo. Noi invece preferiamo pubblicare i nostri risultati mettendoli a disposizione della comunità scientifica e continuare così a sperimentare applicazioni innovative dei nostri metodi, affrontando nuove sfide con grande passione”.
Enrico Costa