Sulle rotte dell'età bizantina: 'scavo' 3D in Croazia

Archeologi marini ed esperti di ricostruzioni 3D sono al lavoro sui resti e sul carico di una nave bizantina ritrovata sui fondali dell’isola di Mljet, in Croazia.

Archeologi marini ed esperti di ricostruzioni 3D sono al lavoro sui resti e sul carico di una nave bizantina ritrovata sui fondali dell’isola di Mljet, in Croazia. Nei giorni scorsi gli studiosi hanno documentato il relitto e raccolto reperti dai quali si attendono nuove scoperte sui traffici commerciali del Mediterraneo in età bizantina.

Si tratta di una nave bizantina del X-XI secolo affondata su un fondale tra i 22 e i 30 metri presso Cape Stoba. Il progetto  di ricerca archeologica è del dipartimento di archeologia subacquea del Croatian Conservation Institute di Zagabria. Dal 2012 vi partecipano gli studiosi del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Ca' Foscari Venezia. Lo scavo, quest'anno finanziato da Università Ca' Foscari Venezia, Regione del Veneto, Ministero degli Affari Esteri e dall'azienda Idra, ha visto la partecipazione alle attività subacquee di un'equipe di sei operatori coordinata da Carlo Beltrame, docente di Archeologia marittima, composta da studenti di Ca' Foscari e dalla dottoranda dell’Università IUAV di Architettura e di Ca' Foscari Elisa Costa.


Le immagini video girate dai ricercatori

Il relitto è composto da un carico di oltre 150 anfore prodotte nell'area del Mar di Marmara, contenenti probabilmente vino, e da un carico secondario di vasi in vetro di produzione siro-palestinese. Della nave si conservano solo due ancore in ferro con la classica forma a T e le pietre di zavorra. Molte delle anfore riportano sul collo bolli e graffiti incisi dopo la cottura di non chiara interpretazione. Si tratta di uno dei pochissimi contesti ben conservati di questo periodo nel Mediterraneo e di una testimonianza eccezionale per conoscere i traffici tra Mediterraneo orientale e Adriatico in età bizantina, nel periodo in cui Venezia iniziava ad assumere il controllo militare e commerciale di questo mare.

Vista la profondità, per allungare i tempi di permanenza sul fondo e aumentare i margini di sicurezza riducendo i rischi di malattia da decompressione, gli studiosi hanno lavorato con miscele nitrox, ossia iperossigenate e quindi povere di azoto (la causa della malattia da decompressione o MDD), e ossigeno puro in fase decompressiva.

Le operazioni, condotte assieme all'equipe di archeologi e tecnici croati, sono consistite nello scavo di parte del giacimento, nella documentazione tramite fotogrammetria e nel recupero del materiale. La fotogrammetria subacquea, che l'equipe diretta da Carlo Beltrame sta sviluppando grazie anche alla collaborazione con Francesco Guerra, docente dell’Università IUAV, permette, in poche decine di minuti di immersione, di ottenere un modello 3D del sito di alta precisione e fedeltà.

Si tratta della seconda esperienza dell'equipe cafoscarina nell'isola di Mljet. La prima si era svolta sul relitto, posto ad oltre quaranta metri di profondità, di una nave veneziana della fine del XVI secolo.

Ca' Foscari è l'unico ateneo italiano ad offrire occasioni di formazione per studenti di archeologia su cantieri di ricerca completi e operando anche con miscele. Questa condizione è possibile grazie alla collaborazione con il Croatian Conservation Institute che garantisce il supporto tecnico per immersioni in miscela, decompressione in ossigeno puro e operazioni di scavo e recupero.