Gran parte della ‘memoria’ del mondo e tutte le nostre attività digitali si basano su supporti, dischi rigidi, codificati grazie al magnetismo, ovvero orientando in un verso o nell’opposto lo spin degli elettroni.
Un team internazionale di scienziati guidato dal fisico italiano Stefano Bonetti, professore all’Università Ca’ Foscari Venezia e all’Università di Stoccolma, è riuscito per la prima volta a osservare la ‘nutazione’ di questi spin in materiali magnetici, ovvero le oscillazioni del loro asse durante la precessione.
Il periodo di nutazione che è stato misurato è dell’ordine di un picosecondo: un millesimo di miliardesimo di secondo. La scoperta è stata pubblicata oggi da Nature Physics.
L’asse di uno spin compie nutazione e precessione, come per ogni oggetto che ruota su sé stesso, dalle trottole ai pianeti. In questa ricerca, i fisici hanno osservato sperimentalmente che la nutazione dell’asse dello spin magnetico è 1000 volte più veloce della precessione, un rapporto curiosamente simile proprio a quello della Terra.
Questa nuova scoperta su caratteristiche fisiche degli spin finora sconosciute è fondamentale nell’ambito della ricerca per rendere sempre più veloci, compatte ed energicamente efficienti le tecnologie digitali.
Per manipolare a scale temporali di millesimi di miliardesimi di secondo questi fenomeni, però, è prima necessario conoscerne le dinamiche anche inerziali.
“Questa è la prima evidenza diretta e sperimentale dei movimenti inerziali degli spin magnetici - spiega Stefano Bonetti, che coordina un progetto ERC proprio sul magnetismo ultraveloce - con implicazioni che interessano ad esempio i data center che immagazzinano quasi tutta l’informazione digitale dell’umanità in bit con il polo nord verso l’alto o verso il basso, codificando così gli 0 e 1 informatici. Quando questi spin vengono orientati entrano in gioco anche precessione e nutazione. Conoscere il periodo della nutazione diventa fondamentale all’aumentare della velocità di rotazione. Questa prima osservazione di tali movimenti apre la strada a nuove tecnologie per rendere più efficienti le nostre attività digitali, che, tra tutte le attività umane, stanno registrando il più alto incremento in consumo energetico”.
L’esperimento L’esperimento ha richiesto una collaborazione con diversi laboratori scientifici europei in Germania (Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf, Chemnitz University of Technology, University of Duisburg-Essen, German Aerospace Center (DLR), TU Berlin) Francia (École Polytechnique) e Italia (Università di Napoli Federico II e Università di Napoli ‘Parthenope’), con la misura chiave fatta nel centro di ricerca Helmholtz a Dresda-Rossendorf, in Germania.
In questo centro, il laboratorio TELBE è in grado di generare l’intensa radiazione terahertz (zona di frequenze tra le microonde e gli infrarossi), necessaria per l’esperimento. Il gruppo guidato da Stefano Bonetti è stato tra i primi gruppi di utenti del laboratorio ed ha contribuito allo sviluppo della macchina stessa.
“I primi esperimenti sono stati faticosi - afferma il fisico cafoscarino - ma già dopo un paio di anni la macchina era molto performante. Queste misure sono state fatte nell’arco di un anno, in tre occasioni diverse, per controllare la riproducibilità di questo effetto mai osservato prima”.
Le attività di Stefano Bonetti si inseriscono in un contesto più ampio di investimento da parte dell’ateneo veneziano nella ricerca scientifica e nella didattica del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi. Lo stesso dipartimento lancia a partire da quest'anno accademico il corso di laurea in Ingegneria Fisica, coordinato proprio da Bonetti, lui stesso ingegnere fisico: “La scienza evolve sempre, e chissà che cosa esploreremo tra dieci anni, ma l’idea del nuovo corso di laurea è proprio quella di preparare una nuova generazione di scienziati e scienziate che saranno pronti alle sfide del futuro”.