L’era dei manager-artisti: ricercatori e aziende studiano nuove contaminazioni

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Il contributo dei manager nel mondo culturale è esplorato da tempo, ma ora la prospettiva si inverte. Gli studiosi, infatti, accanto alla managerializzazione dell’arte notano una “artificazione del management” e l’emergere di nuove forme di contaminazione.

A Ca’ Foscari se ne occupano i ricercatori del Laboratorio di Management delle Arti e della Cultura (m.a.c.lab) del Dipartimento di Management immergendosi nelle realtà aziendali più innovative per documentare questi fenomeni e individuare le potenzialità legate alle interazioni tra processi, prodotti e creatività.

A prima vista, arte e management sembrano incompatibili tra loro. “Le ideologie sono contrastanti - conferma la ricercatrice Paola Trevisan - da una parte c’è la visione dell’artista libero e autonomo da pressioni di tipo economico, dall’altra il management che si occupa della mano invisibile del mercato per l’allocazione efficiente delle risorse. Ciononostante, abbiamo visto all’opera l’approccio manageriale nelle strategie degli enti culturali, nel marketing, nel controllo di gestione”.

Caso di studio è la Fenice: figure provenienti dal mondo della musica, del teatro e della comunicazione hanno applicato l’approccio manageriale riuscendo nell’impresa raddoppiare gli spettacoli, incrementare del 56% gli incassi dai biglietti e raggiungere il pareggio di bilancio nel giro di un decennio. “Questo cambiamento porta con sé criticità dettate dalla necessità di creare economie di scala, quindi standardizzazione e ricerca dei gusti di un vasto pubblico - fa notare la ricercatrice - però il rischio più alto, quello di erodere il capitale creativo, sarà scongiurato finché sarà possibile tenere attiva l’ispirazione e riuscire a innovare opere come la Traviata”.

La nuova frontiera è scoprire il processo inverso, l’artificazione del management, dettata, tra l’altro, dal diffondersi di nuovi stili di consumo orientati alla ricerca di autenticità e esperienze memorabili. “Il management stesso diventa una forma d’arte - afferma Paola Trevisan - diventa passionale, carismatico, deve vivere con l’imprevedibile, lavora in modo flessibile, non punta alla massa ma a unicità e diversità, si concentra sul potenziale creativo degli individui. Propone un nuovo linguaggio e cerca nuove competenze. Infine, come il management permette agli enti culturali di sopravvivere, l’arte permette alle aziende creative di competere”.

Il laboratorio indagherà a fondo queste dinamiche immergendosi in alcune realtà aziendali venete e coinvolgendole in una serie di workshop che toccheranno anche Murano (6 giugno) e il Teatro Goldoni (17 giugno),organizzati nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Veneto con partner Adecco, Formaset e Sumo. I ricercatori lavoreranno a una mappatura della creatività nell’azienda, ne studieranno le potenzialità e aiuteranno i manager a individuare le attività che possono trarre vantaggio dall’interazione con l’arte.

L’universo di riferimento è costituito dalle industrie culturali e creative venete, nelle quali il nucleo distintivo della produzione è pieno di contenuti simbolici, culturali e innovativi. Si stima che questo aggregato di industrie, trasversale rispetto ai tradizionali “settori”, sia cresciuto, in Europa e negli Stati Uniti, al ritmo incalzante del 14% annuo dal 2004 al 2014, creando nuova occupazione nel pieno della crisi.

Se sei un’industria culturale quello che ti interessa è il processo, i prodotti non sono mai solo prodotti, i servizi non sono mai solo quello che sembrano - spiega Fabrizio Panozzo, docente di Management e coordinatore del laboratorio -  dentro allo scambio proposto da queste imprese c’è del senso trasmesso dal contenuto creativo, che viene messo nel prodotto anche inconsapevolmente. Con le nostre ricerche cerchiamo di comprendere cosa siano le industrie creative e perché stanno diventando così importanti anche in Veneto”.

Enrico Costa