Nel discorso di inaugurazione del nuovo anno accademico, la Rettrice Tiziana Lippiello ha esortato con queste parole le studentesse cafoscarine: “Guadagnatevi il vostro futuro con la preparazione e la forte motivazione”. La formazione, e quindi lo studio e l’educazione, come requisito fondamentale per l’affermazione delle donne del nostro tempo.
Più di duemila anni fa, nel II secolo a.C., si avviava un processo di trasformazione della società romana, culla della nostra civiltà. “Alcune donne diventavano co-protagoniste della vita politica della comunità romana – spiega Francesca Rohr, docente di Storia romana e Storia delle donne nel mondo romano a Ca’ Foscari. - Fino ad allora estromesse da queste attività dal loro stesso genere, ritenuto inadatto alla politica, ora, pur escluse dalle magistrature e dagli incarichi militari, agivano come mediatrici, parlavano in contesti pubblici in rappresentanza della propria famiglia e i propri uomini, organizzavano e presiedevano incontri politici nelle proprie residenze”.
Le matrone romane, quindi, non avevano come unica missione di vita quella di sposarsi, avere figli ed educarli secondo la tradizione. Evidenze epigrafiche mostrano come alcune di loro lavoravano con successo al di fuori dell’ambito domestico come imprenditrici, gestendo in proprio business di diverso livello, dal lavoro sartoriale ai grandi commerci di vino e di lana. L’istruzione era la premessa necessaria per intraprendere queste attività come anche anche l’importante possesso già di quelle donne che, in tempo di guerra civile, mentre molti uomini erano lontani dalla vita pubblica, raccolsero il testimone dai propri padri, mariti, fratelli e figli, gestendo il potere a vantaggio delle proprie famiglie, in attesa del ritorno alla normalità.
Continua la prof.ssa Rohr, autrice del volume 'Le custodi del potere. Donne e politica alla fine della Repubblica Romana' (ed. Salerno, 2019): "I successi della politica espansionistica del IV e III secolo a.C. e quindi le ingenti ricchezze arrivate a Roma, gli schiavi che subentravano alle donne nella gestione delle casa, i pedagoghi provenienti dalla Grecia, la nuova mentalità che si veniva diffondendo a Roma sulla spinta delle culture ellenistiche avevano indotto molti padri a investire nella formazione culturale delle proprie figlie, oltre che dei propri figli maschi: una giovane colta dava lustro alla casata e più facilmente si sarebbe accasata con un pretendente di alto livello, contribuendo al prestigio della propria famiglia e favorendole le relazioni ad alto livello. Il rapporto con maestri di notevole levatura, la frequentazione delle biblioteche private che si venivano costituendo nelle ricche residenze aristocratiche, la padronanza, oltre che del latino, anche della lingua greca che consentiva, come oggi l’inglese, di dialogare in contesti internazionali rendevano mogli e figlie utili compagne nei viaggi diplomatici dei loro mariti e padri, assicuravano a queste giovani gli strumenti intellettuali per interagire con gli esponenti della classe dirigente romana e straniera, rendevano loro familiari le regole della dialettica politica. La nuova condizione femminile, che tuttavia rimaneva privilegio dell’élite come lo era la carriera politica per gli uomini della stessa classe sociale, non si traduceva in una vera emancipazione, estranea alla mentalità e quindi agli obiettivi delle donne romane, ma rappresentava il raggiungimento di forme importanti di autonomia. Questo processo conobbe il proprio inizio nella biografia di una matrona molto nota, Cornelia.
Cornelia era la figlia di Publio Cornelio Scipione Africano, vincitore di Annibale nella seconda guerra punica, e la madre di Tiberio e Gaio Sempronio Gracco, i due tribuni della plebe popolari. Il padre e i figli rappresentano i due riferimenti primari del suo ritratto nella letteratura, peraltro il più antico profilo femminile di una certa complessità e consistenza conservato dalle fonti antiche. Del resto il matrimonio e la maternità rappresentano i primi due tasselli della ‘carriera’ di una donna romana. Tuttavia nella memoria storiografica Cornelia non si appiattisce su questi uomini, ma assume una fisionomia propria; è infatti ricordata per una serie di azioni intraprese in prima persona. È Cornelia a presiedere alla formazione dei figli, e quindi a selezionare, scelta così condizionante nella formazione della personalità dei giovani, i maestri, le letture, i modelli attinti alla storia passata sia delle famiglia che della comunità cittadina a cui uniformare la condotta pubblica e privata. È Cornelia a interferire nell’azione politica di Tiberio prima e di Gaio in un secondo tempo, assicurando consensi alla loro azione, ma anche sostegno armato, per affrontare o fomentare gli scontri di piazza. È Cornelia a esprimere la propria visione politica, assai critica, rispetto alla condotta pubblica di Gaio. È Cornelia a declinare la proposta di matrimonio del re d’Egitto Tolemeo Evergete II, a tutela della propria acquisita autonomia dopo la morte del marito, a fronte di una prassi per cui sarebbe stato il tutore a decidere di questioni relative alla famiglia. È ancora Cornelia ad assumere il ruolo di custode della memoria familiare: nel ‘salotto’ frequentato da tanti intellettuali e politici della sua villa a Capo Miseno, sulla costa campana, la matrona parlava del padre e dei figli, definendo, tra enfatizzazioni e omissioni, i contenuti della memoria di individui già assurti per tanti al ruolo di simboli e punti di riferimento nel presente e per le generazioni future. Importanti azioni private e pubbliche, dunque, ma anche scritti, perché di Cornelia ci sono pervenute, benché in frammenti, due lettere, indirizzate al figlio minore e di contenuto politico: scritti attribuiti a Cornelia con buoni margini di sicurezza in un panorama documentario in cui solo in casi rarissimi sopravvive la ‘voce’ delle donne: Claudia Severa dal Forte di Vindolanda in Britannia; la poetessa Sulpicia e pochissime altre. Proprio la formazione culturale, lo studio, aveva rappresentato per Cornelia un valore aggiunto determinante, la condizione necessaria per quelle attività attraverso le quali aveva saputo incidere nella vita della comunità romana e condizionarne i destini nella guerra civile.
Oggi come ieri, dunque, la cultura esercita un ruolo decisivo per le donne. Ma la formazione culturale, che aiuta a capire i fatti, è imprescindibile anche per gli uomini che con le donne si relazionano. Davvero troppo spesso la cronaca dei nostri giorni parla di violenza contro le donne e in molti casi si tratta di una violenza domestica, che individua le sue radici nella visione distorta secondo cui la donna è una proprietà dell’uomo. La conoscenza del nostro passato, di una realtà sociale che condiziona ancora il pensiero e la mentalità diventa uno strumento di tutela e di garanzia per le donne e per gli uomini che quelle donne rispettano”.
Ca’ Foscari oggi: una fotografia di genere
Le studentesse iscritte all’Università Ca’ Foscari sono il 63,40% della popolazione studentesca totale dell’Ateneo.
Le donne che lavorano nella nostra università, come personale Tecnico-Amministrativo, docenti, assegniste di ricerca, rappresentano il 56,91% del totale.
Dal 2020, Ca’ Foscari è una delle 7 Università in Italia ad essere guidata da una donna, la rettrice Tiziana Lippiello.