All’alba dello scorso 6 febbraio un tragico terremoto di magnitudo 7.8 ha colpito le regioni al confine fra Turchia e Siria, seguito poche ore dopo da una nuova scossa di 7.5: sono oltre 56.000 le persone decedute e più di 200.000 gli edifici rasi al suolo. Secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale era dal 1999 che non si registrava “un evento sismico così disastroso in termini di morti e feriti, nonché di danni materiali a città e infrastrutture”.
L’evento si è verificato intorno alla faglia dell’Anatolia orientale, una delle zone sismiche più attive al mondo, responsabile anche in passato di terremoti molto dannosi.
Studiare i terremoti del passato è un’attività chiave per la sismologia, ma fortemente complessa: a differenza di un’eruzione vulcanica, un terremoto non lascia tracce specifiche negli strati del terreno. Di un evento sismico si trova traccia solo nel racconto: documenti amministrativi, resoconti scientifici, registri parrocchiali, diari, trascrizioni.
Ed è quello che Corinna Guerra, storica della scienza presso il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari, specializzata nello studio dei disastri naturali, ha raccontato ospite dell’Accademia dei Lincei, lo scorso marzo. L’Accademia dei Lincei, la più antica e prestigiosa accademia scientifica del mondo, di cui anche la Rettrice Tiziana Lippiello è socia corrispondente dal 2022, ha invitato la ricercatrice cafoscarina a parlare dell’importanza di collezionare informazioni sui terremoti del passato ad una delle “Conferenze Lincee”: eventi aperti al pubblico, dedicati a temi di grande attualità e tenuti da insigni personalità istituzionali, accademiche e del mondo della comunicazione.
Prima che iniziasse una catalogazione sistematica degli eventi sismici - racconta Guerra- non esisteva una raccolta organica di dati: è stato lo sforzo del matematico Alexis Perrey ad aprire la strada della catalogazione. Le fonti per classificare gli eventi sismici sono di tipo qualitativo e dalle forme estremamente variegate, implicano un’interpretazione e un confronto costante con le altre fonti a disposizione per lo stesso evento e vanno trasformate in dati numerici, misurabili. Queste fonti sono attualmente tracciate sui cataloghi online dei terremoti che a livello europeo esistono su base nazionale. Quello italiano è su una piattaforma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ed include tutti i dati noti su eventi sismici avvenuti tra l’anno Mille e il 2020. Il catalogo è in continua elaborazione: scoprendo o mettendo in relazione nuove fonti scritte, i parametri oggettivi presentati, come l’intensità, vengono ricalibrati periodicamente. Attualmente è consultabile online la quindicesima versione.
Un dato che viene analizzato e rendicontato è, ad esempio, la modalità costruttiva degli edifici in una data zona in un determinato periodo e parallelamente si raccolgono informazioni su come quegli edifici sono poi crollati.
I cataloghi online, sviluppatisi in Europa prevalentemente negli anni ‘80 parallelamente ai piani energetici nazionali e alle analisi per la sicurezza nucleare, hanno per ogni sisma elencate tutte le fonti, e, nella sezione storica, sono “perfettibili” perché annoverano prevalentemente dati macrosismici, perdendo la sismicità media, non avendo dati su eventi sismici minimi antecedenti all’Ottocento.
Antesignano degli attuali cataloghi digitali è il pionieristico e -quasi- ossessivo lavoro di catalogazione di Alexis Perrey, professore di matematica e direttore dell’Osservatorio Astronomico di Digione, che nel 1854 ricevette la legion d’Onore francese. Per il suo ruolo Perrey era tenuto a collazionare quotidianamente dati di meteorologia e appuntava a latere eventi estremi e particolari che avvenivano in tutto il mondo: comete, meteore, inondazioni, frane, valanghe, terremoti. Questi appunti diventarono sempre più fitti e si concentrarono via via quasi esclusivamente sui terremoti.
Il suo obiettivo diventò scoprire il passato dei terremoti. Iniziò a raccogliere informazioni a tappeto sui terremoti del passato: testi, articoli, note, trasmissioni orali. Si dedicò a tale raccolta con tutto se stesso durante la sua carriera. Scrisse lettere e “circolari ai viaggiatori” per i suoi colleghi, richiedendo l’invio di qualsiasi tipo di materiale per quella che definiva “notre petite croisade scientifique”. Il suo lavoro scientifico fu riconosciuto e finanziato anche dall’Accademia delle Scienze di Parigi e di Digione e la raccolta continuò fino agli ultimi anni della sua vita quando si vide costretto a vendere la sua biblioteca sismica. Stilò un catalogo e inserì un’unica clausola alla vendita: la non dispersione del fondo. Il valore di ciascun volume è tale, infatti, se può essere messo a confronto con gli altri, smembrare la collezione l'avrebbe resa inutilizzabile. Nessuna biblioteca francese l’acquistò e del fondo si perse traccia: un fondo di 4098 volumi, con 1344 terremoti catalogati, testi in più lingue, documenti di qualsiasi genere, con testimonianze anche risalenti al IV sec d.C.
Attualmente il fondo nella sua interezza è conservato presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, che ha sede all’interno del Maschio Angioino di Napoli.
Un fondo dalla portata e dalle dimensioni straordinarie, incredibilmente portato avanti da un uomo solo e il cui valore è stato riconosciuto dai sismologi scientifici che lo hanno succeduto, come l’irlandese Robert Mallet.
Perché fece tutto questo e decise di dedicare tutta la sua vita alla collezione di terremoti del passato? Perrey era sicuro che la sismologia fosse una scienza fisica, e che quindi conoscere la sismicità storica dei luoghi potesse aiutare non a prevedere i terremoti, ma la loro frequenza.
Perrey è noto, infatti, per aver considerato la meteorologia e la sismologia scienze fisiche, quindi con leggi generali cui obbedire. E stilò tre leggi sull’influenza della luna sui terremoti, controverse e discusse, ma che tutt’oggi non sono state ancora del tutto confutate. Un personaggio fondamentale per la sismologia scientifica e per il suo imponente lavoro di catalogazione.
Quanto ancora è attuale l’approccio storico di Perrey e come, in ambito accademico e di ricerca, si coniuga con le nuove tecnologie di diagnostica?
“Le tecnologie odierne permettono ai sismologi di descrivere con grande precisione le caratteristiche di un terremoto anche di lieve intensità - spiega Corinna Guerra -. Tuttavia, per comprendere il significato di quell’evento per l'area geografica interessata, al momento della scossa e nel futuro, bisogna inquadrare l’evento in una “storia” della sismicità di quel territorio. Ciò è possibile solo attraverso il metodo iniziato da Perrey: la memoria è uno strumento fondamentale per il miglioramento della percezione e della prevenzione dei rischi naturali.
Ognuno di noi può rendersene conto da solo. Di terremoti gravi come quello di febbraio 2023 in Turchia e Siria, dopo i primi giorni di sgomento, tendiamo a dimenticarcene, a perderne la memoria, così come pochi di noi ricordano con esattezza l’ultimo sisma che ha interessato la propria città e se ci si dimentica di un pericolo, si tenderà a comportarsi come se esso non fosse mai esistito. Pertanto oggi il connubio tra discipline storiche e geologiche è più che mai importante”.
Guarda il video integrale dell’intervento di Corinna Guerra (Università Ca’ Foscari Venezia) ‘L’archivio Perrey. Si possono collezionare terremoti ed eruzioni?’, presso l’Accademia dei Lincei.